Gli Usa addestrano altri 5000 potenziali jihadisti
Sembrerebbe incredibile dopo quanto è successo sui campi di battaglia siriani e iracheni e nelle strade di Parigi, ma gli Stati Uniti hanno in programma di addestrare altri miliziani “moderati” dell’Esercito Siriano Libero (Esl). L'esperienza ha finora dimostrato la loro tendenza a passare dalla parte dell'Isis.
Sembrerebbe incredibile dopo quanto è successo sui campi di battaglia siriani e iracheni e nelle strade di Parigi, ma gli Stati Uniti continuano ad addestrare miliziani, ufficialmente “moderati” dell’Esercito Siriano Libero (Esl) che, sempre a quanto riferisce il Pentagono, dovranno combattere in Siria contro lo Stato Islamico.
Il condizionale è d’obbligo considerati i precedenti. Dal 2012 consiglieri militari e uomini della Cia affiancati da colleghi di molti Paesi europei, turchi e delle monarchie sunnite del Golfo Persdico hanno addestrato e armato migliaia di combattenti siriani e stranieri che avrebbero dovuto portare la democrazia a Damasco rovesciando il regime di Bashar Assad.
La gran parte di questi miliziani ha invece abbandonato l’Esl per aderire al fronte qaedista al-Nusra e allo Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi che con queste truppe e le moderne armi fornite da occidentali e arabi ha conquistato oltre un terzo della Siria e il nord dell’Iraq. Il tracollo dell’Esl si è consumato negli ultimi mesi a Idlib a nord, nel Golan e nella zona di Deraa al sud dove intere brigate hanno defezionato aderendo ai movimenti jihadisti più forti e ricchi grazie ai fondi provenienti dalle banche del Golfo.
Oltre alla tragica esperienza siriana gli Stati Uniti hanno alle spalle un lungo “background” di programmi di addestramento rivolti di forze paramilitari poi rivelatesi nemiche o confluite negli schieramenti avversari. Uno degli ultimi clamorosi casi riguarda alcuni reparti della polizia che, nell’est dell’Afghanistan, sono passati con armi e mezzi con i talebani. Indimenticabili poi i quattro reparti speciali antiterrorismo addestrati in Malì nel 2011 ed equipaggiati con armi, munizioni, veicoli, giubbotti antiproiettile ed elmetti di ultimo modello “made in USA”. Di questi reparti tre sono passati direttamente con i qaedisti e uno ha tentato di far cadere con un golpe il governo maliano.
Un fallimento totale. Persino un rapporto della Cia reso noto nell’autunno scorso ha evidenziano come i programmi di addestramento di combattenti stranieri non si siano mai rivelati un successo. I miliziani addestrati dagli Usa hanno quasi sempre perso la guerra (dall’Indocina al Centro America) o si sono schierati con il nemico. L’unica vittoria, quella dei mujhaiddin islamici afghani contro i sovietici, ha in realtà costituito la base per lo sviluppo dei “futuri nemici”: talebani e al-Qaeda.
Nonostante queste esperienze fallimentari la Casa Bianca ha annunciato un programma per addestrare quest’anno 5mila miliziani “moderati” dell’Esl che non promette nulla di buono. Innanzitutto perché l’Esl continua a considerare Bashar Assad il suo principale nemico e non certo il Califfato e poi perché i partner del programma americano sono a dir poco inquietanti. Turchia, Qatar e Arabia Saudita sono stati gli sponsor dello Stato Islamico, di al-Nusra, delle milizie salafite e di quelle legate ai Fratelli Musulmani. Cioè di tutti movimenti jihadisti che hanno preso il sopravvento all’interno dell’insurrezione siriana.
Possibile che Washington non se ne renda conto? Possibile che gli USA sperino davvero che questi combattenti facciano la differenza sul campo di battaglia contro lo Stato Islamico?Improbabile e del resto l’intervento di Washington nel conflitto non è certo privo di ambiguità. Se in Iraq la Coalizione “USA + alleati occidentali” qualche risultato lo ha ottenuto respingendo le truppe del Califfo da alcune aree, in Siria la Coalizione “ USA + arabi” non ha influito molto sulla guerra e lo Stato Islamico ha continuato ad avanzare insieme ad al-Nusra puntando ora su Damasco.
Non è un caso che la stessa Casa Bianca abbia più volte sostenuto che Bashar Assad è “parte del problema” benché le sue truppe rappresentino l’unico ostacolo militare al dilagare dei jihadisti. Che dire poi di sauditi, turchi e qatarini che non nascondono il prioritario obiettivo di far cadere il regime laico/sciita di Assad.
“Stiamo proseguendo a lavorare con Ankara per pianificare gli sforzi congiunti al fine di formare ed equipaggiare le forze moderate dell’opposizione siriana” ha sottolineato il portavoce del Pentagono, l’ammiraglio John Kirby, aggiungendo che anche Doha e Riad fanno parte del gruppo, in quanto dovrebbero fornire strutture ad hoc.
Quanti “fratelli Kouachi” frequenteranno i corsi tenuti da 400 uomini delle forze speciali americane con l’obiettivo di portare il jihad nelle città europee? Il programma di addestramento promette di essere il più importante e qualificato tra i tanti messi a punto in questi anni per istruire i ribelli siriani. A guidarlo sarà il generale Michael Nagata, alla testa delle forze speciali del Central Command, e il Pentagono vi investirà ben mezzo miliardo di dollari: in pratica 100mila dollari per ogni miliziano.
Inoltre è già prevista un’estensione fino al 2017 con 15 mila miliziani da addestrare, ovviamente tutti “moderati”, e un costo complessivo di almeno 1,5 miliardi di dollari. Di fronte all’evidente avventatezza di questi piani esce rafforzata l’ipotesi che Washington punti in realtà a completare la destabilizzazione del Medio Oriente e a lasciare agli europei il problema del terrorismo islamico. Del resto Barack Obama non si è neppure degnato di partecipare (né di inviare un sostituto di rango) alla marcia parigina che ha raccolto i leader di tutto il mondo organizzata dopo la strage alla redazione del Charlie Hebdo.
Resta da capire per quale ragione al recente vertice della Coalizione tenutosi a Londra i Paesi europei non abbiano denunciato apertamente i rischi connessi con l’addestramento di altre migliaia di potenziali terroristi islamici. Forse perché se gli Usa hanno la coscienza sporca nel conflitto in atto in Siria e Iraq gli europei non sono certo da meno. Come appare oggi ben evidente i servizi di sicurezza europei conoscono quasi tutti i volontari del jihad partiti per la guerra siriana e in parte rientrati in Europa.
Finché questi “foreign fighters” sunniti andavano ad ammazzare militari e poliziotti di Assad o a farsi esplodere massacrando civili sciti, cristiani e curdi non è stato fatto nulla per fermarli. Le cancellerie europee se ne preoccupano solo oggi e soltanto perché hanno scoperto con stupore che i paladini della guerra santa tornano “a casa” (nostra) con idee bellicose nei confronti di noi infedeli.