Gli jihadisti fanno strage dei copti egiziani
Copti egiziani emigrati in Libia per lavoro sono stati rapiti, torturati e uccisi da miliziani di Ansar al Sharia, gruppo legato ad Al Qaeda. Mentre in Egitto, contemporaneamente, i Fratelli Musulmani accusano i cristiani di "complotto".
“Chi segnala la presenza di un cristiano riceverà diecimila dinari libici (circa 5800 euro).” Questo il contenuto di alcuni cartelli affissi in alcuni villaggi della Libia orientale che descrivono il clima che probabilmente ha portato alla barbara uccisione, lo scorso 24 febbraio, di sette egiziani copti. Nella stessa zona nel febbraio 2013 sono stati sequestrati e torturati un centinaio di copti. Purtroppo la condizione dei copti, che sono di fatto gli unici cristiani residenti in Libia, a partire dall’allontanamento del presidente islamista egiziano Mohammed Morsi nel luglio 2013. Già in agosto il medico egiziano Ayman al-Zawahiri, successore di Bin Laden a capo della galassia Al Qaeda, in un video aveva accusato i copti di avere ordito un complotto con i militari con l’intento di “creare uno Stato copto nell’Egitto meridionale” sulla falsariga di quanto accaduto in Sudan. Come se ciò non bastasse il messaggio postato su Facebook il 14 agosto scorso sul profilo della sede di Helwan del partito della Libertà e della Giustizia, legato ai Fratelli Musulmani, rincarava la dose accusando persino il Papa copto:
“Il Papa della Chiesa [copta] ha partecipato all’allontanamento del primo presidente islamico eletto
Il Papa della Chiesa ha accusato la sharia di arretratezza, immobilità e ostilità alla riforma
Il Papa della Chiesa sponsorizza il black block per diffondere il caos, i borseggiatori, gli assedi e gli attacchi alle moschee
Il Papa della Chiesa ha chiesto ai copti di unirsi alle proteste del 30 giugno per far cadere il presidente islamico
Il Papa della Chiesa si è opposto agli articoli [della Costituzione] riguardanti l’identità islamica e si è ritirato dalla Commissione per la costituente
Il Papa della Chiesa è stato il primo a rispondere all’appello di al-Sisi per conferirgli il mandato di uccidere i musulmani; e il risultato è stato di 500 morti prima della carneficina di oggi
Il Papa della Chiesa ha inviato un appunto all’attuale Commissione costituente chiedendo l’abrogazione degli articoli che fanno riferimento alla sharia
Dopo tutto ciò, la gente si chiede: Perché danno fuoco alle Chiese?
P.S. Dare fuoco ai luoghi di culto è un reato
Ma la dichiarazione di guerra, da parte della Chiesa, contro l’islam e i musulmani, è un reato ancora più grave
A ogni azione equivale una reazione”.
La quasi contemporaneità dei messaggi islamisti conferma ancora una volta il fatto che Fratelli musulmani, salafiti e jihadisti non sono altro che facce diverse della stessa medaglia. L’allontanamento di Morsi ha quindi scatenato una reazione contro chiunque ne venga ritenuto responsabile e nella ideologia islamista, dopo gli ebrei e i sionisti, vengono senza dubbio i cristiani. Ebbene le testimonianze di due testimoni pubblicate dalla stampa egiziana nei giorni scorsi confermano quanto appena esposto. Il quotidiano Al Masry al Yom ha intervistato Adel Shoukri, 35 anni, descritto come testimone oculare. L’uomo ha narrato che l’attacco è stato rivolto contro una ventina di egiziani che vivevano in una sola stanza da parte di tre uomini armati che in nottata hanno fatto irruzione nell’appartamento. Avrebbero chiesto i nomi dei presenti e dopo avere avuto conferma della loro appartenenza religiosa ne hanno sequestrati sette che avrebbero poi ucciso a sessanta chilometri di distanza sulla via che conduce a Benghazi. Al Masry Al Yom ha raccolto anche la testimonianza Ayman Sami, rientrato in Egitto prima della strage: “Ho lavorato in Libia e questi estremisti che si chiamano Ansar al-sharia hanno fatto ai cristiani cose che non ho mai visto prima. Ci prendevano e ci obbligavano a bere l’orina, ci mettevano il coltello alla gola e ci accusavano di essere la causa della rivoluzione del 30 giugno e della caduta di Mohammed Morsi. Per questo ho lasciato la Libia”. Sempre Al Masry Al Yom il 27 febbraio pubblica l’intervista all’unico sopravvissuto alla strage, Dawud Ishaq. La sua descrizione dell’accaduto è più dettagliata e tragica: “Stavamo dormendo dopo essere rientrati dal lavoro. Tre uomini armati hanno iniziato a bussare violentemente alla porta, dicendo di essere membri di Ansar al-Sharia […] non appena hanno fatto irruzione nell’abitazione hanno chiesto dove fossero i cristiani e alla risposta dei nostri inquilini che non c’erano cristiani, ribatterono che avevano indicazioni ben precise della presenza di cristiani. Allora il custode indicò loro le nostre due stanze. Hanno quindi iniziato a urlare “Allah è il più grande”, hanno sfondato la porta delle due stanze, li hanno portati via mentre continuavano a ripetere “Allah è il più grande, vinceremo! Ripetete ‘Non esiste altro dio al di fuori di Allah’.”
Ishaq non solo conferma le accuse di complotto rivolte ai cristiani dopo il 30 giugno, conferma le taglie sui cristiani affisse ai muri, ma conferma altresì la buona fede e l’ingenuità dei copti egiziani che si recano in Libia per conquistarsi una pagnotta di pane. Alla domanda se dopo avere visto le taglie non avesse mai pensato di rientrare in Egitto risponde: “No, non l’abbiamo mai pensato, credevamo si trattasse solo di parole, come fanno i Fratelli musulmani in Egitto […] ma ho visto la morte in viso!”
Ebbene, l’ennesima strage di copti, non in una chiesa, ma in una abitazione dove convivevano con altri compagni di lavoro musulmani, non in Egitto dove sono una cospicua minoranza con ambizioni politiche, ma in Libia dove sono un’esigua minoranza in cerca di lavoro conferma sia che l’ideologia che vede nei cristiani un nemico da annientare ormai dilaga dalla Libia alla Siria sia che questa ideologia ha varie sfumature e varie modalità che purtroppo conducono allo stesso tragico e cruento risultato: la persecuzione, che sta diventando quasi un genocidio, dei cristiani che non vengono considerati più i fratelli minori, bensì i nemici maggiori.