Gli immigrati stupratori protetti dal silenzio giacobino
Le notizie di stupro commesse da immigrati passano praticamente sotto silenzio, in fondo alle notizie di cronaca. Perché? Per lo stesso motivo per cui gli immigrati stupratori non vengono né incarcerati né espulsi dal paese. Perché così vuole l'utopia giacobina che ancora annebbia le menti della classe dirigente.
A Moncalieri, nel parco delle Vallere, una donna non giovanissima (44 anni) e madre di famiglia il 22 agosto faceva jogging quando è stata aggredita da Abdul F., 28 anni, ghanese, irregolare e pregiudicato. L’uomo l’aveva sbattuta per terra e mezzo spogliata quando aveva dovuto desistere per via dell’intervento di un cittadino allertato dalle urla disperate della vittima. Il cittadino, un anziano, aveva spinto via l’aggressore, il quale si era allontanato in tutta tranquillità e poi, bontà sua, non aveva opposto resistenza all’arresto.
Questa vicenda merita una riflessione. Innanzitutto la notizia è stata riportata, senza firma, sulle pagine locali (io l’ho letta sull’inserto ligure-piemontese del Giornale), segno che non fa più «notizia», sennò sarebbe stata messa tra le pagine nazionali e firmata. Il tentato stupro a opera di africani, insomma, ormai fa parte del panorama, ci siamo già abituati, non è cosa di gran momento. Il ghanese in questione si chiama Abdul, perciò è musulmano o di cultura islamica. Ebbene, i sostenitori dei ponti-ma-non-muri lo sanno che immettere di colpo centomila giovani maschi terzomondiali in una società in cui le donne godono di libertà sessuale è a dir poco folle? Altra cosa: l’aggressore è indicato solo con l’iniziale, il che vuol dire che la sua privacy prevale. Bel colpo. Per giunta, non solo è irregolare ma anche pregiudicato. Che ci faceva a piede libero? E’ lo svuota-carceri, bellezza. E lo sa bene anche lui (ghanese sì, fesso no), tant’è che si è fatto arrestare senza storie (si allontanava tranquillamente…): sa che lo rilasceranno ancora una volta. Rimpatriarlo? Si opporrebbero i preti. Condannarlo al risarcimento? Non ha soldi. Costringerlo ai lavori socialmente utili? No, sarebbe lavoro forzato e il buonismo catto-giacobino non consente. D’altra parte il si-guarda-ma-non-si-tocca vigente da noi per uno così è poco comprensibile, è come immettere un bambino in un negozio di giocattoli, è come far annusare una bistecca appena cotta a un affamato.
Una soluzione alternativa l’ha proposta la presidente della commissione pari opportunità del comune di Genova: dotare le donne di spray anti-aggressione. L’opposizione di sinistra ha subito bollato: «Il peperoncino solo sulla pasta all’arrabbiata». Bisogna piuttosto «educare gli uomini», perché «difendersi è arrendersi all’ineluttabilità della violenza». Insomma, il solito armamentario di cortei, scarpe e magliette rosse, manifestazioni e slogan. Contro lo stupro etnico, l’educazione sentimentale. Già fallita in Germania, Svezia, Danimarca, Olanda. Ma i giacobini non sentono ragioni. Abituati, fin dai tempi di Robespierre, ad avvolgersi in nuvole di parole, a pensare per astrattezze filosofiche, a rinchiudersi in gabbie di concetti prefabbricati, non si arrendono neanche all’evidenza e mettono la realtà sul Letto di Procuste (per chi non conosce la mitologia greca, Procuste era un gigante che stendeva i viandanti in un letto: se erano troppo corti li stirava, se troppo lunghi li accorciava; finché non fu sconfitto da Ercole). «Se i fatti non ci danno ragione, peggio per i fatti», così diceva il filosofo marxista Anatolij V. Lunačarskij (1875-1933), massima fatta propria e ribadita dall’altrettanto filosofo e marxista Ernst Bloch. Se ne era accorto anche il capo vandeano Charette, che combatteva i bleus giacobini. Sia i vandeani che i giacobini lottavano per la patria. Ma i primi la patria l’avevano sotto ai piedi, era la terra dei padri, con le sue usanze e tradizioni e religione. I secondi l’avevano «nella testa», cioè era un concetto artificiale e del tutto astratto, creato dai philosophes nelle «società di pensiero», infatti ne scrivevano la parola in maiuscolo, Patria. E ghigliottinavano chi non era d’accordo.
In un Paese catto-comunista come l’Italia il risultato è il voto plebiscitario alla Lega. Cui il catto-comunista risponde, ottusamente, con insulti ideologici: populismo, fascismo, razzismo. Mandando in prima fila il solito clero. Il popolo non è d’accordo con noi? Tanto peggio per il popolo, il Popolo siamo noi, gli altri sono «massa fanatizzata».