Gli ascolti del Festival
Come al solito c’è stato chi ha voluto associare il dato quantitativo a una presunta qualità l’offerta. Come a dire: se tanti hanno guardato il Festival, vuol dire che quanto è stato proposto era buono. Nient’affatto. Abbiamo imparato da tempo che la trasgressione in tv purtroppo paga.
Difficile – e forse perfino sconsigliato – che una rubrica torni due volte di seguito sullo stesso argomento. Lo facciamo ora e probabilmente resterà un’eccezione, motivata dal fatto che la prima serata del Festival di Sanremo, quella del monologo di Celentano e del turpiloquio suo e altrui, ha ottenuto il record di ascolti con uno share vicino al 50%.
Di fronte a questi numeri, i vertici Rai sono stati ben attenti a (non) dissociarsi completamente dalla discutibile performance del “Molleggiato”, fatto salvo il (finto) commissariamento della kermesse con l’invio di Antonio Marano: il giudice ultimo di ogni trasmissione televisiva si chiama Auditel.
Poi però, fatti quattro conti, si scopre che la pretesa di Celentano di non essere interrotto da break pubblicitari durante il suo lungo intervento ha fruttato un mancato incasso pari a circa 400 mila euro (stime Sipra), da aggiungere al suo compenso (350 mila euro a serata) nel computo di una “uscita di cassa” complessiva molto cospicua a carico degli abbonati. Paradossalmente, data la risonanza che lo pseudo-predicatore ha ottenuto, sarebbe stato lui a dover pagare la Rai per lo spazio che gli è stato concesso.
Tornando agli ascolti, come al solito c’è stato chi ha voluto associare il dato quantitativo a una presunta qualità l’offerta. Come a dire: se tanti hanno guardato il Festival, vuol dire che quanto è stato proposto era buono. Nient’affatto. Abbiamo imparato da tempo che la trasgressione in tv purtroppo paga. E questo non depone a favore né degli autori né tantomeno degli spettatori. Aspettiamoci altri “colpi di scena”, ma cerchiamo di non cascare nella trappola degli eccessi.