Giustizia ad orologeria per Morisi, la "Bestia" della Lega
Proprio nella settimana decisiva della campagna elettorale, la procura di Verona apre un fascicolo su Luca Morisi. È accusato di spaccio di droga. L'uomo a capo della comunicazione della Lega e artefice della strategia comunicativa di Salvini ha ammesso la colpa, chiesto scusa e dato le dimissioni. La Lega, già in difficoltà, incassa il colpo.
Nella settimana decisiva per la campagna elettorale, anche questa volta la magistratura entra a gamba tesa nella dialettica partitica e infiamma il clima, già arroventato, del confronto-scontro tra le forze politiche. In questo caso non si discute il merito della vicenda, perché si tratta di una brutta storia che non fa onore al protagonista, bensì del tempismo della Procura di Verona, che ha aperto un’indagine a carico di Luca Morisi, ex guru social di Matteo Salvini per una vicenda di droga di un mese e mezzo fa.
Non ci sarebbero reati, ma il condizionale è d’obbligo. Fatto sta che la debolezza del consulente di fiducia del Capitano per la gestione dei suoi profili social mette in imbarazzo l’intero mondo leghista, già in subbuglio per le divisioni, vere o presunte, tra Salvini e il Ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. La coabitazione tra Lega di Governo e Lega di lotta appare sempre più problematica.
Prima i fatti. A metà agosto, durante un controllo, vengono fermati tre giovani che nell’auto hanno un flacone di droga liquida. Asseriscono di averla ricevuta da Morisi, che però fino a pochi giorni fa, prima di rassegnare le sue dimissioni da social media manager del Carroccio, ispirava ogni post e ogni esternazione di Salvini sui social. I tre precisano che si è trattato di un incontro occasionale. Dunque, nessuna sistematica attività di spaccio di stupefacenti sarebbe stata svolta da Morisi, a casa del quale, tuttavia, durante una perquisizione, sarebbe stata trovata una modesta quantità di cocaina.
Il diretto interessato ha subito chiesto scusa ai suoi famigliari e alla Lega, ammettendo la debolezza, ma sostenendo di non aver commesso alcun reato. «Non ho commesso alcun reato, ma la vicenda personale che mi riguarda rappresenta una grave caduta come uomo», dice Morisi dopo la diffusione della notizia. «Chiedo innanzitutto scusa per la mia debolezza e i miei errori a Matteo Salvini e a tutta la comunità della Lega a cui ho dedicato gli ultimi anni del mio impegno lavorativo, a mio padre e ai miei famigliari, al mio amico di sempre Andrea Paganella a fianco del quale ho avviato la mia attività professionale, a tutte le persone che mi vogliono bene e a me stesso. Ho rassegnato il primo settembre le dimissioni dai miei ruoli all'interno della Lega: è un momento molto doloroso della mia vita, rivela fragilità esistenziali irrisolte a cui ho la necessità di dedicare tutto il tempo possibile nel prossimo futuro, contando sul sostegno e sull'affetto delle persone che mi sono più vicine», aggiunge. Il Capitano non gli volta le spalle, gli dichiara solidarietà e gli conferma amicizia.
La procura di Verona ha dunque aperto un fascicolo con l'ipotesi di reato prevista dall'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti ("Produzione, traffico, detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope") e ha iscritto Morisi nel registro degli indagati. Morisi ha lasciato i suoi incarichi, anche quello di capo della comunicazione della Lega. La sua ammissione di colpa certamente alleggerisce la sua posizione, quanto meno sul piano morale e dell’immagine, ma getta fastidiose ombre sulla Lega proprio alla vigilia di una delicata prova elettorale, quella delle amministrative in molte città importanti nelle quali il Carroccio rischia di crollare come consensi.
Le reazioni degli avversari politici non si fanno attendere. I grillini sparano a zero sul Carroccio, ironizzando sulle battaglie di Matteo Salvini e della Lega contro l’utilizzo di sostanze stupefacenti, mentre il piddino Salvatore Margiotta invita i suoi amici di partito a non infierire contro Morisi e anche Matteo Renzi assicura indulgenza e promette di non cedere alla tentazione del’aggressione personale nei confronti del neo-indagato. E Mario Adinolfi, giornalista e politico, commenta sarcasticamente che almeno metà dei parlamentari fa uso di droga.
Ma il punto è un altro. Questa vicenda affossa ulteriormente il Carroccio, che sta pagando un prezzo molto alto al post-pandemia. Da quando c’è Draghi al Governo, un governo appoggiato anche dalla Lega, quest’ultima ha perso tantissimo nei sondaggi e ora sembra inseguire Fratelli d’Italia perfino nelle città del nord. Milano ne è l’esempio più eloquente. All’ombra della Madonnina, la Meloni ha tirato fuori il jolly Vittorio Feltri, candidato nella lista di Fratelli d’Italia, che potrebbe addirittura realizzare il sorpasso sulla Lega nella città di Salvini. Sarebbe uno smacco e probabilmente la conferma di un declino del Capitano, azzoppato dai processi sui migranti e ora indirettamente colpito dalla vicenda Morisi, che indebolisce le battaglie leghiste su temi come l’uso di sostanze stupefacenti.
Il tempismo delle Procure, e di certa stampa compiacente, tuttavia fa riflettere. Influenzare il voto con iniziative del genere appare fuori luogo. Che cosa sarebbe cambiato se la notizia delle indagini su Morisi fosse stata diffusa la prossima settimana o, meglio ancora, dopo il 18 ottobre, alla fine dei ballottaggi?