Giovanna d’Arco, una santa ispiratrice di vari film
Sono molte le pellicole dedicate alla Pulzella d’Orléans, celebrata liturgicamente oggi. Si va da Joan the Woman, un film muto del 1916, a The Messenger, del 1999. Qualcuno di questi film ha rispettato la verità storica, altri invece l’hanno deformata, lavorando di fantasia.
Le vite dei santi rappresentano, molte volte, fonti inesauribili per sceneggiature e inquadrature da film; la pellicola bucherellata scorre veloce nelle cineprese (prima del sistema analogico-digitale) e sul grande schermo ecco comparire, per incanto, il volto di Bernadette Soubirous, per esempio, o di Antonio di Padova. Cinema e fede, un “dialogo” mai interrotto, continuo, così come sono continue le produzioni cinematografiche dedicate a santa Giovanna d’Arco (vedi qui un suo ritratto). Con lei, il cinema si è davvero sbizzarrito tra film diventati cult e piccole produzioni che hanno dato comunque la loro lettura della Pulzella d’Orléans. A volte, sono film che hanno rispettato la verità storica; altre volte, invece, è stata la fantasia a intessere trame e sequenze, anche un po’ troppo singolari.
Il primo film che ha narrato per immagini la storia della santa francese risale al 1916: è Joan the Woman, del 1916, piccolo gioiello del cinema muto, diretto da Cecil B. DeMille. Il film gioca su un confronto temporale tra il Medioevo francese e la Prima Guerra Mondiale. La trama è assai semplice: durante la Grande Guerra, sul fronte francese, un giovane soldato britannico sogna la Pulzella che lo incita a morire per la Francia al fine di riscattare i peccati degli inglesi nei suoi confronti. Nella trama vi è anche un episodio della vita di Giovanna d’Arco inventato di sana pianta: dopo aver liberato Orléans, viene tradita da un soldato inglese, di lei invaghito e da lei respinto. Da ciò la morte sul rogo. Il soldato della Grande Guerra eseguirà l’ordine della santa francese, morendo in un’incursione notturna contro i tedeschi. Una particolarità? Per alcune sequenze il regista ricorse al colore con un procedimento meccanico di impressione, messo a punto con gli ingegneri della Paramount, al quale fu dato il nome di “procedimento DeMille-Wyckoff”.
Anche uno dei maestri della settima arte, Carl Theodor Dreyer, si è imbattuto nella figura della giovane santa: il risultato è La passion de Jeanne d’Arc (1928), capolavoro del muto, vertice nella carriera del regista danese. I primi piani dei personaggi (che occupano quasi metà del film) risolvono l’arduo problema del film storico: col primo piano compensa il tempo con lo spazio e riporta al presente lontani fatti storici. Dominano le espressioni del volto; i sentimenti vengono esasperati in un racconto che segna lo spettatore. La prima edizione durava 110 minuti circa; nel 1952 fu rieditata, senza scrupoli filologici, in 85 minuti, con l’aggiunta di una colonna sonora e musiche di Albinoni, Vivaldi, Scarlatti, Bach. Nel 1981, in un istituto psichiatrico norvegese, fu ritrovata una copia, proveniente dal negativo originale distrutto in un incendio, che ha dato origine a una terza edizione più completa.
Joan of Arc, film del 1948, diretto da Victor Fleming. Fa la sua apparizione - per la prima volta nel ruolo di Giovanna d’Arco - la famosa attrice Ingrid Bergman. La pellicola è basata sul dramma di Broadway, Joan of Lorraine, di Walter Wanger. Rispetto alla pièce, il regista statunitense deciderà però di prendersi meno licenze fantasiose di Wanger, rimanendo più fedele alla storia della santa: dalle prime esperienze mistiche a Domrémy all’incontro con Carlo VII, interpretato dal noto attore di teatro José Ferrer, qui al debutto cinematografico. Il film si chiude sulle immagini del rogo della santa. Anche per questo film, abbiamo diverse edizioni: una, ridotta a 100 minuti; l’altra - inedita per diversi anni - di ben 145 minuti. Il film vinse tre premi Oscar: per la migliore fotografia; per i costumi e un Oscar speciale.
La Bergman vestirà nuovamente i panni della santa nella Giovanna d’Arco al rogo (1954) di Roberto Rossellini. Il testo, messo in scena l’anno precedente al Teatro San Carlo di Napoli, era l’oratorio Jeanne d’Arc au bûcher, con libretto di Paul Claudel e musica di Arthur Honegger. In un’atmosfera onirica, Giovanna d’Arco, bruciata sul rogo, viene accompagnata da un gruppo di angeli in cielo. Qui incontra san Domenico, che mostra a Giovanna, assalita dai dubbi perché condannata come eretica e strega, una serie di episodi della sua vita.
Altro capolavoro cinematografico è Procès de Jeanne d’Arc (1962) del regista Robert Bresson, con protagonista Florence Delay che interpreta la santa. In queste sequenze Giovanna appare non un’eroina popolare ma una donna disinvolta in grado di controbattere ai giudici con un linguaggio elegante.
Nel 1994, Pascal Bonitzer e Christine Laurent realizzano un film kolossal (almeno per la durata della pellicola), Jeanne la Pucelle: la versione originale è di 336 minuti, ridotta poi a 256 minuti. Il film è diviso in due parti - la prima ci catapulta nelle battaglie di Giovanna, la seconda nelle prigioni - ed è basato principalmente sui libri della storica francese Régine Pernoud, grande specialista del Medioevo. La narrazione è affidata a una sequela di capitoli brevi, disposti in modo lineare e monodico, a mezza strada tra realismo e stilizzazione. Spoglio lo sfondo, poche decine di comparse nelle battaglie casuali e improvvisate.
L’ultimo film su Giovanna d’Arco è stato diretto dal regista francese Luc Besson. È uscito nelle sale nel 1999, ha come titolo The Messenger: The Story of Joan of Arc. La trama è poco aderente alla storia della santa, e il profilo delineato da Besson è quello di una donna forte e soprattutto guerriera, ma c’è poco spazio per la spiritualità, la fede. Le inquadrature viaggiano sicuramente sulla bellezza estetica e su un movimento di macchina vertiginoso, ma poco sulla sostanza. Un’occasione persa per poter produrre un ottimo film grazie a un cast d’eccezione: Milla Jovovich interpreta Giovanna d’Arco mentre John Malkovich è Carlo VII di Francia.