Giovani, donne e "rimasugli": ecco le liste
Il Pd si appresta a vincere le elezioni per il Parlamento Europeo con liste, politically correct, guidate da donne. Grillo pronto a sfondare. E Forza Italia arranca. Si consolidano gli anti-euro. Ma la qualità lascia a desiderare.
Ieri sono state presentate le liste per le prossime elezioni europee, mentre si susseguono sondaggi più o meno attendibili e destinati ad essere fortemente condizionati dalle percentuali sull’affluenza alle urne. Sono infatti ancora molti gli indecisi.
La scelta dirompente il Pd l’ha fatta giorni fa, annunciando la candidatura di cinque donne a capo delle liste nelle cinque circoscrizioni territoriali. Scelta discutibile, basata su una aprioristica considerazione di genere, ma che potrebbe portare benefici al partito del premier.
In favore di un successo della sinistra giocano anche altri fattori: il vento del renzismo, che sembra soffiare sempre più forte, soprattutto tra gli indecisi; la percezione di stabilità che questo governo sta trasmettendo agli italiani rispetto agli esecutivi precedenti, contraddistinti da una permanente conflittualità tra i partiti e dentro i partiti; i provvedimenti annunciati da Palazzo Chigi in materia economica e fiscale, venati di populismo ma assai persuasivi rispetto a un’ampia fascia di popolazione; l’abbinamento europee-amministrative, che, al Nordovest, propone la scelta del nuovo presidente della Regione Piemonte, con Sergio Chiamparino favoritissimo per la successione all’uscente Cota e in grado di trascinare consensi al suo partito anche per Strasburgo; le difficoltà degli avversari.
Già, gli avversari. Forza Italia potrà contare sull’agibilità politica del suo leader, che tuttavia ieri si è visto respingere definitivamente dalla Corte europea il ricorso per la candidatura alle elezioni del 25 maggio (niente stop alla pena accessoria). Gli ampi margini di manovra concessi all’ex Cavaliere dal Tribunale di sorveglianza (soltanto quattro ore alla settimana nel centro disabili di Cesano Boscone dove sconterà i 9 mesi di affidamento in prova ai servizi sociali) non mettono tuttavia al riparo Forza Italia dall’annunciato flop elettorale.
Tutti i sondaggi danno il partito di Berlusconi tra il 17 e il 20%, mentre il Movimento Cinque Stelle, saldamente sopra il 20%, sembra accreditarsi come il primo partito d’opposizione al Pd, che veleggia sopra il 30%.
Basteranno Toti e i parlamentari europei uscenti, più qualche new entry come Alessandro Cecchi Paone per evitare un crollo di consensi? La scelta di escludere “cavalli di razza” come Tremonti e Scajola, ex ministri di peso dei governi di centrodestra, si rivelerà vincente? Berlusconi riuscirà ancora una volta a convincere i moderati e ad estrarre dal cilindro qualche colpo a effetto per agguantare il secondo posto nei consensi?
Un nuovo bipolarismo Renzi-Grillo lo metterebbe, infatti, definitivamente nell’angolo e solleciterebbe, anzi renderebbe inevitabile, subito dopo il voto europeo, una ricomposizione delle forze di centrodestra, attualmente in ordine sparso. Il Nuovo Centrodestra è accreditato di un 5%, così come la Lega, mentre Fratelli d’Italia potrebbe non superare lo sbarramento del 4%. Anche il dialogo sulle riforme potrebbe subire una battuta d’arresto se Forza Italia venisse punita dagli elettori, al di là dell’ottimismo ostentato dal premier che ha definito non indispensabile l’appoggio berlusconiano al disegno riformatore.
Il fronte antieuropeista, anche grazie all’asse con Marine Le Pen, si sta consolidando. Le forze politiche che in Italia stanno imperniando la loro propaganda elettorale sull’uscita dall’euro sono almeno tre: Movimento Cinque Stelle, Fratelli d’Italia e Lega. Insieme, potrebbero superare il tetto del 30% dei consensi. Significherebbe che un votante su tre non crede più nella moneta unica. L’euroscetticismo sarebbe il campanello d’allarme di un disagio sociale e di uno sfilacciamento del patto tra le generazioni. Il Presidente Napolitano in una recente intervista televisiva ha messo le mani avanti, escludendo che un successo elettorale delle forze disfattiste possa avere contraccolpi sulla vita del governo e delle riforme, ma sarà vero?
Peraltro si sta verificando anche questa volta un paradosso: molti candidati scelti per le europee dai vari partiti o sono “rimasugli” della politica nazionale, privi di slancio europeista e di cultura internazionale, o sono uscenti che finora non hanno inciso sulle scelte del Parlamento europeo, o sono giovani emergenti usati come specchietto per le allodole ma senza alcuna speranza di elezione. Per prendere voti in circoscrizioni così ampie come quelle europee occorrono tante risorse finanziarie e un forte radicamento territoriale oppure una grande popolarità. Ecco perché l’astensione o il voto di protesta potrebbero prevalere e consegnarci, il 26 maggio, una geografia politica ancora più frantumata e incerta con rapporti di forza sorprendenti e ingestibili.