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IL BELLO DELLA LITURGIA

Giotto e le virtù, espressione del “sì” a Cristo

Dalla libera scelta tra virtù e vizi dipende la nostra adesione o meno a Gesù e dunque la nostra salvezza eterna. Giotto sviluppò magistralmente questo tema nella Cappella degli Scrovegni. L’artista rappresenta le allegorie delle Virtù, teologali e cardinali, che fronteggiano i Vizi. La Giustizia, dall’aspetto regale, è l’unica a essere seduta su un trono mentre sorregge tra le mani i piatti di una bilancia.

Cultura 19_12_2020

Giotto di Bondone, Le allegorie dei Vizi e delle Virtù, Padova - Cappella degli Scrovegni

“Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sul tuo santo monte? 
Colui che cammina senza colpa, agisce con giustizia e parla lealmente,
chi non dice calunnia con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulto al suo vicino”.  
Sal 15 (14), 1

L’avvento di Gesù nel mondo segna un punto di non ritorno: il Verbo si fa carne e l’uomo, da quel preciso istante in poi, dovrà scegliere, in ogni momento, se seguirlo o, viceversa, rinnegarlo. Da questa decisione dipenderà la sua salvezza eterna, tema magistralmente sviluppato da Giotto di Bondone nel programma decorativo della sua più celebre cappella, quella commissionatagli a Padova da Enrico degli Scrovegni all’inizio del Trecento.

Le mirabili storie della vita di Gioacchino e Anna, di Maria e di Cristo, sotto il cielo trapuntato di stelle che dice dell’eternità del tempo, sono completate da due teorie di figure monocrome che, simulando rilievi, corrono lungo il quarto registro, quello inferiore. Sono le allegorie delle Virtù, teologali e cardinali, che fronteggiano i Vizi che esse medesime aiutano a combattere, disegnando un percorso edificante che trova puntuali riscontri nel pensiero di Agostino e, dunque, nella centralità del libero arbitrio.

La Giustizia, dall’aspetto regale, è l’unica a essere seduta su un trono mentre sorregge tra le mani i piatti di una bilancia: gli effetti che il suo esercizio procura sono descritti nella predella sottostante in cui la scena dei cavalieri intenti alla caccia e della coppia che danza al ritmo di un tamburello suggerisce un’atmosfera di armonia. L’opposto di quanto accade nell’affresco di fronte, dove l’Ingiustizia, qui sotto le sembianze di un uomo barbuto con tanto di artigli e zanne al posto dei denti, crea situazioni di disordine e discordia.

Prudenza, Fortezza e Temperanza appaiono l’una seduta a uno scrittoio, con uno specchio puntato alle sue spalle che indica la sua capacità di discernimento, l’altra nelle vesti di una guerriera con scudo e mazza ferrata ovvero le armi necessarie per difendersi dall’insidia del male. L’ultima è una donna che stringe tra le mani una spada fasciata, perché non ricorre mai all’utilizzo della forza. Precedono la Giustizia, oltre la quale, per raggiungere il bene, occorre all’uomo il sostegno divino.

La sequenza delle virtù teologali ricalca quella agostiniana del De Doctrina Christiana: sono una più bella dell’altra, ricche di simboli significanti. La Fede, innanzitutto, ti guarda dritto negli occhi, mentre con la croce astile frantuma degli idoli a terra e con i piedi calpesta fogli di oroscopo. La chiave che spunta dalla tasca del mantello è segno del Papa, suo primo difensore. La Carità, il capo cinto da una corona di fiori, offre a Gesù il suo cuore e al prossimo un vaso colmo di frutti e spighe: lei stessa, dunque, fiorisce dalla gratitudine per l’amore incondizionato di Cristo. La Speranza è, infine, pura tensione al Bene: il riquadro è interamente occupato dal moto ascensionale della donna che tende le braccia verso un angelo per riceverne una corona.

Nulla di tutto ciò sarebbe credibile se Gesù non fosse nato tra gli uomini. Qualche registro più su, infatti, Giotto raccontò il Natale all’interno di una capanna di legno adagiata su un fondale roccioso, al cospetto di angeli festanti e di un San Giuseppe volutamente tenuto in disparte, ma presente. Una dolcissima Vergine Maria, vestita di lapislazzulo, è in contemplazione del suo Bambino: l’incrocio dei loro sguardi è già promessa della felicità eterna per l’uomo che liberamente sceglierà di seguirne l’esempio, fronteggiando i vizi e cimentandosi quotidianamente nell’esercizio di ogni virtù, forte dell’amore di Dio fattosi uomo per noi.