Gingrich parla di Dio, gli americani si alzano in piedi
E Rick Santorum mostra che un buon leader è quella anche capace di pentirsi pubblicamente dei propri sbagli perché vuole cambiare. Questa è l'America.
In vista delle elezioni primarie Repubblicane del South Carolina, che si svolgeranno il 21 gennaio, ieri, lunedì 16 gennaio, si è svolto, come da programma, uno dei numerosi confronti televisivi fra i candidati in lizza.
Organizzato dal canale televisivo Fox News (che ha trasmesso integralmente la diretta, facendola poi seguire da non brevi interviste ai singoli candidati, condotte dal bravo anchorman Sean Hannity) e da The Wall Street Journal, al Convention Center di Myrtle Beach, in South Carolina, sono scesi in campo Mitt Romney, Ron Paul, Rick Santorum, Newt Gingrich [nella foto] e Rick Perry. Moderati da Bret Baier, popolare volto televisivo di Fox News nonché conduttore del programma Special Report, i candidati hanno risposte alle domande di un parterre selezionato di analisti politici e di giornalisti.
Romney, incalzato dagli avversari, ha tenuto bene, ma così pure i suoi avversari. Ciononostante, Romney è arretrato sulla difensiva per lunghi momenti del dibattito, parte del quale è stato monopolizzato dalle consuete critiche mossegli da Gingrich. Difendendo l’economia libera di mercato mai però disgiunta dalla "work ethics" e dalla "business ethics", Gingrich contesta infatti all’ex governatore del Massachussetts di avere avuto un bel po’ di pelo sullo stomaco nella conduzione di certi suoi affari. All’osservatore generico, però, in specie se straniero, il dibattito televisivo di lunedì ha offerto altri spunti.
Il primo è l’ordine e la disciplina in cui si svolgono i duelli "mortali" che sono di casa in frangenti così. I candidati si scambiano, cioè, anche le accuse più frontali, ma sempre in modo esemplarmente civile. Non è solo una questione di stile, è una questione civica. Lunedì sera, ogni candidato ha avuto a disposizione un minuto e mezzo per rispondere alle domande del conduttore o degli ospiti, un tempo eccezionalmente lungo rispetto alla prassi. In più ha avuto diritto ad altri 30 secondi per eventualmente rintuzzare nell’immediato affermazioni proferite da altri candidati. Il pubblico del Convention Center, gremitissimo, ha assistito dotato del solo potere di applauso e acclamazione. Da casa, chiunque, dentro e fuori gli Stati Uniti, ha avuto la facoltà di seguire, gratuitamente. Sia al pubblico in sala sia a quello a casa è stata fornita un’arma: poter inviare via twitter un messaggino più che lapidario dicendo se, a parere proprio, il candidato tizio ha davvero risposto alla domanda tale, oppure se abbia cercato di svicolare.
Ebbene, i candidati se ne sono dette di tutti i colori, ma nessuno, per tutta la lunga serata, ha mai, nemmeno per un attimo, pensato di prendersi un secondo in più di quello che gli spettava. Senza che nulla segnalasse le scadenze, senza bisogno di mastini. È bastato accordarsi, pacta sunt servanda. Per uno spettatore italiano, abituato ai talk show presidiati come territori di caccia grossa dai politici di casa nostra che scambiano la tivù per il bar e le sue risse, è stato uno scenario surreale. Da noi, tutti accettano a parole le regole, ma poi nessuno le rispetta nella pratica, nemmeno se ci si mette un vigile. Sanno, i nostri politici, che a far gazzarra ci rimettono tutti, ma lo fanno lo stesso. Li punge, a un certo momento, l’irrefrenabile desiderio di far sentire per ultima la propria voce, soverchiando il prossimo. Come a dire: "Le ho prese, ma quante ne ho date…". Da noi, il fine (quello d’imporsi calpestando i patti) giustifica il mezzo (l’inciviltà). Oltreoceano, invece, est modus in rebus: le regola contengono la loro buona dose di verità di fatto, e non è mero formalismo.
Un duello tra Romney e Santorum lo ha mostrato mostra bene. Santorum ha attaccato Romney dicendo che, da governatore del Massachusetts, non ha modificato la legge che permette ai carcerati di votare; Romney ha risposto che l’85% dell’assemblea legislativa del Massachussetts di allora era composta da Democratici, i quali sul punto si opponevano a qualsiasi suo eventuale progetto di riforma; ma la cosa più bella da vedere per un elettore che spera in una sfida per la Casa Bianca condotta mediante eroico esercizio della libertà responsabile è stato il minuetto tra Santorum che pone la domanda, Romney che cerca di aggirarla, Santorum che lo bacchetta, Romney che reagisce puntiglioso non alla domanda ma al richiamo riprendendo redini un attimo prima smarrite, Santorum che subisce elegantemente la carica tenendo il fronte, Romney che allenta un attimo la difesa sentendosi in una botte di ferro e quindi Santorum che affonda la stoccata finale. Il tutto nel giro di pochi secondi, con un autocontrollo da manuale per un leader che domanda al popolo l’investitura.
Secondo highlight. Paul mette in dubbio le credenziali di vero conservatore di Santorum, accusandolo di avere votato leggi che hanno aumentato l’invasività dello Stato. Il conduttore Baier aveva appena chiesto a Paul perché un suo recente spot elettorale avesse violato la sua "regola d’oro" di non attaccare mai direttamente gli altri candidati Repubblicani. Paul risponde che lo fa solo quando deve esporre la verità e che però di quello spot si rammarica: un solo minuto non gli è bastato per dire tutto quel che avrebbe voluto ai danni di Santorum. Invece d'irrigidirsi, Santorum apre il grembo. Sorride, concedendo il punto alla bravura retorica dell’antagonista. Ma il segreto di tutte le arti marziali è trasformare l’ingombro dell’avversario nella tua forza. E così, dopo pochi secondi, rispondendo a Paul, Santorum ribalta i ruoli. Si accusa. Sono un conservatore, dice Santorum asciutto, ma non sono perfetto. Assieme al presidente George W. Bush jr., aggiunge, ho votato cose che non avrei dovuto votare. L’ho detto e lo ridico, incalza: vanno ripudiate tutte le leggi che portino lo Stato a immischiarsi nell’educazione primaria e secondaria. Santorum è un conservatore "sociale" e cattolico attentissimo però a non dare l’aria di voler mettere l’economia libera di mercato, anche molto spinta, contro la fede e i "princìpi non negoziabili". Paul è un "ultraliberista" protestante e pro-life. Difficile andare più a destra di lui in economia e critica allo statalismo. Accusandosi pubblicamente, però, Santorum ci è riuscito, e in un solo colpo ha preso "liberismo" e valori tradizionali. Paul (e a zittirlo non ci riesce quasi mai nessuno) è rimasto senza parole, sconfitto dalla sua stessa forza. Le leggi erroneamente da lui firmate? Santorum ha chiuso domandando alla sala il mandato presidenziale per abolirle: «Se mi darete l’opportunità per farlo, lo farò».
Dove mai si è visto un uomo politico che si candida al governo di un Paese confessando di avere saputo pure sbagliare, ma che per il fatto stesso di confessarlo in diretta televisiva mostra di essere l’uomo giusto al momento giusto?
Terzo e ultimo punto. Juan Williams, analista politico di Fox News, pungola Gingrich chiedendogli se il suo denunciare una grave mancanza di etica del lavoro tra i giovani e il suo sottolineare che mai come ora è grande il numero di coloro che vivono grazie ai Food Stamps del governo non contenga un giudizio negativo sui poveri e sulle minoranze etniche. Attualmente, in fatti, sono moltissimi i neri che campano di sussidi statali. E nero è pure quel Williams che questa domanda l'ha fatta apposta all'indomani dell’anniversario (domencia 15 gennaio) della nascita di Martin Luther King (1929-1968). No, ha replicato Gingrich: dobbiamo far sì che la gente lavori senza vivere di assistenzialismo. «Credo che ogni cittadino statunitense», ha chiuso poi Gingrich con enfasi, «di qualsiasi origine sia, sia stato dotato dal Creatore del diritto di perseguire la felicità, e se ciò rende infelici i progressisti, io continuerò a cercare modi per aiutare la povera gente a imparare come ottenere un lavoro, a imparare come ottenere un lavoro migliore, a imparare come essere, un giorno, padroni del proprio posto di lavoro». Sono le parole della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, anno del Signore 1776. In sala è un boato, che tocca il piccolo quando l’ex presidente della Camera federale dice «Creatore».
A momenti viene giù il Convention Center di Myrtle Beach. Le persone del pubblico si alzano in piedi l’una dopo l’altra mentre il conduttore Baier riprende la parola e sorride compiaciuto di quel che sta accadendo alle sue spalle. Su Dio c’è la standing ovation. Non è mai successo. Questa è l’America.
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