Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico
EUROPA

Gibilterra, contesa tra diverse politiche economiche

Gibilterra, dopo 300 anni, ritorna ad essere contesa tra Spagna e Inghilterra. Ma perchè proprio ora? La crisi economica si fa sentire e questi due paesi europei rappresentano due visioni economiche opposte.

Esteri 14_08_2013
stretto di Gibilterra

Di solito eravamo abituati a vedere queste cose nelle Falkland, dall’altra parte del mondo. Oppure nelle dispute fra lontani (mentalmente e geograficamente) Paesi dell’Est Asia. Invece, alle porte di casa, nel Mediterraneo, la Royal Navy si è mobilitata per difendere un territorio britannico d’oltre mare: Gibilterra. E lo fa per intimidire un altro Paese europeo, membro dell’Unione Europea: la Spagna. Attualmente i turisti e i pochi (meno di 7000) abitanti di Gibilterra possono assistere alla scena incredibile di navi da guerra di Sua Maestà, fra cui la portaerei leggera Illustrious, che esercitano uno dei più antichi metodi di pressione diplomatica, la politica delle cannoniere.

Come si sia arrivati fino a questo punto, è abbastanza noto e raccontato da tutte le cronache. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la posa, sul fondale marittimo, di una nuova barriera ittica, da parte degli inglesi. I “coloni” britannici si difendono affermando che si tratti di una costruzione, posata sul fondale, per creare una zona protettiva per i pesci, così come ce ne sono tante in Spagna, costruite allo stesso modo. Ma Madrid replica che quei blocchi di cemento sono “armati”, hanno degli spunzoni di metallo fatti apposta per tagliare le reti. L’area di pesca è comune e i pescatori spagnoli hanno diritto di gettare le reti in quelle acque. La rappresaglia ispanica non si è fatta attendere: controlli più severi alle frontiere e (forse, in futuro) anche una tassa prevista di 50 euro per chiunque entri in Spagna. Le misure punitive hanno subito provocato lunghe code alla frontiera e sono state accompagnate da forti minacce diplomatiche di Madrid. La “ricreazione è finita”, secondo il ministro degli Esteri José Garcia Margallo. E il governo popolare minaccia di portare la questione Gibilterra al tribunale dell’Aja.

Se i fatti sono noti, è e resta un mistero il contesto in cui questa crisi è scoppiata all’improvviso. Quella di Gibilterra, porta occidentale del Mediterraneo, è una questione che dura esattamente da 300 anni. È stata ceduta alla Gran Bretagna nel 1713, dopo la Guerra di Successione Spagnola. La stessa guerra nota, in Italia, per l’assedio di Torino e l’eroismo di Pietro Micca, giusto per rendere un’idea di quanto tempo fa stiamo parlando. Sin dal 1713 Londra e Madrid danno differenti interpretazioni e valori al Trattato di Utrecht, con cui il territorio venne ceduto. 

Ma perché proprio ora? Perché due Paesi europei, due democrazie, due alleati nella stessa NATO, due membri della stessa Ue, si svegliano dopo 300 anni e decidono di minacciarsi reciprocamente? Non si può fingere che non esista una grave crisi economica. È questa l’unica plausibile spiegazione per questa e altre divisioni che stanno dividendo il Nord dal Sud dell’Unione Europea. Sono due visioni opposte dell’economia che si scontrano. Lo Stato Sociale spagnolo è entrato in crisi sotto la premiership socialista di Zapatero e stenta a riprendersi anche sotto il governo conservatore di Mariano Rajoy, anche perché stenta a voler tagliare la spesa pubblica. Dall’altra parte dell’Europa occidentale, il governo conservatore britannico non ha mai accettato lo Stato Sociale all’europea (meglio dire: alla mediterranea) sta applicando drastiche misure di austerità per uscire dalla crisi.

Le due “Europe” sono divise anche nel determinare le cause della crisi. Sia la destra che la sinistra mediterranea tendono a dare la colpa al “mercato selvaggio” e giustificano le loro spese sociali. Dall’altra parte della Manica, soprattutto in ambito conservatore, la colpa viene attribuita al gigantismo dello Stato Sociale dei Paesi mediterranei, alla sua enorme spesa, alla sua inefficienza e corruzione. Queste opposte visioni della crisi si stanno scontrando. Stanno creando in Europa una “tempesta perfetta”. Gibilterra è un perfetto innesco. La piccola enclave è vista dalla Spagna come un luogo di “perdizione”: paradiso fiscale, luogo di fuga dei capitali spagnoli (dalle tasse di Madrid) e accusato di essere crocevia di contrabbandieri. La reificazione di quel “capitalismo selvaggio” che, secondo le classi dirigenti mediterranee, è all’origine della crisi. Vista da Londra, al contrario, la presa di posizione di Madrid è solo propaganda, fumo negli occhi per impedire ai cittadini il crollo del loro Stato sociale. Vista da qualunque parte del mondo che non sia Londra o Madrid, è comunque la dimostrazione che questa Unione Europea, priva di valori comuni, di una politica estera comune, di un’identità comune, è e resta uno scatolone vuoto pronto a sfasciarsi.