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Già saltano tutti sul carro dei vincitori a 5 Stelle

Fino all’ultimo secondo di campagna elettorale sembrava un tiro al bersaglio: tutti contro i grillini, accusati di incompetenza e considerati un pericolo per il Paese. A urne chiuse e a risultati acquisiti, è già iniziata la corsa sul carro del vincitore di poteri forti e avversari del Pd.

EL SENATUR DALLA NIGERIA di Rino Cammilleri

Politica 08_03_2018
Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria

Fino all’ultimo secondo di campagna elettorale sembrava un tiro al bersaglio: tutti contro i grillini, accusati di incompetenza e considerati un pericolo per il Paese. A urne chiuse e a risultati acquisiti, è già iniziata la corsa sul carro del vincitore da parte di poteri forti e persino avversari politici e opinionisti autorevoli o sedicenti tali.

Mentre vanno avanti le manovre per tentare di dar vita a un esecutivo, con o senza i Cinque Stelle, si registrano dichiarazioni a dir poco sorprendenti in favore del Movimento pentastellato e disponibilità inaspettate ad appoggiare un governo Di Maio da parte di molti esponenti della sinistra, che soltanto una settimana fa ritenevano quella eventualità una vera e propria sciagura per il Paese. E’ la riprova che la propaganda pre-elettorale porta a pronunciare tatticamente frasi non sentite e non meditate, pronte ad essere contraddette dalle condotte successive. Nessun parlamentare eletto ha voglia di misurarsi di nuovo con l’elettorato a distanza di pochi mesi e allora ecco che la finta coerenza con le posizioni difese strenuamente nelle ultime settimane lascia il posto a uno scontato opportunismo e a uno spudorato machiavellismo.

E’ in atto un repentino riposizionamento da parte di soggetti che temono di restare ai margini delle prossime politiche governative e che, dopo aver agitato lo spauracchio dell’isolamento italiano in Europa, ora sembrano disposti a rivedere le proprie posizioni e ad avvicinarsi sensibilmente alle posizioni del Movimento Cinque Stelle. Ha cominciato il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che prima del voto non aveva fatto alcun endorsement pur esprimendo perplessità rispetto alla vittoria degli “anti-establishment”. "Il Movimento Cinque Stelle è un partito democratico, non fa paura", ha dichiarato ieri, aprendo a un possibile esecutivo pentastellato. Perfino sulla praticabilità del reddito di cittadinanza, il Presidente degli industriali è apparso possibilista: "Bisogna vedere cosa hanno veramente in mente di fare, quanto è la quota in termini di costo per lo Stato e quindi quanto incide dal punto di vista di deficit e debito pubblico. Una proposta da valutare nel merito".

Sembrano lontanissimi i giorni dell’idillio tra il numero uno di Fiat Chrysler, Sergio Marchionne e l’ex premier Matteo Renzi. Oggi Marchionne, a precisa domanda se si debba aver paura del Movimento Cinque Stelle, risponde in scioltezza: "Salvini e Di Maio non li conosco, non mi spaventano. Abbiamo visto di peggio". A chi si riferiva? A Renzi? A Berlusconi? Ai governi della Prima Repubblica? Non è dato saperlo, mentre è certo che ora Marchionne reputa Renzi “irriconoscibile”, dichiara di nutrire "grande fiducia nel futuro del Paese" e si dice convinto che "troveremo la strada per andare avanti". Rimane il rebus di quelle che potranno essere le scelte di un eventuale governo a guida Cinque Stelle o Lega, considerato che il Jobs Act e il piano Industria 4.0 hanno dato buoni frutti in termini di economia reale e che sia Di Maio che Salvini hanno annunciato di voler mettere mano al Jobs Act e alla Legge Fornero.

Ma contro le prese di posizione di Boccia e Marchionne è arrivata la stoccata di Luca Cordero di Montezemolo, che si è detto "molto sorpreso nel vedere come esponenti importanti della cosiddetta classe dirigente salgano sul carro del vincitore prima ancora che questo abbia cominciato a muoversi". Ieri ha parlato degli scenari istituzionali futuri anche il ceo di Pirelli, Marco Tronchetti Provera: "Marchionne ha detto che ha visto di peggio del Movimento 5 stelle? Anche io, ho visto di governi di facciata molto stabili che agivano in maniera irresponsabile, ma attendiamo di vedere bene i programmi". E poi: "È presto per parlare, ma nelle settimane precedenti al voto parti più populiste della politica hanno avuto una convergenza verso il centro - ha continuato - Mi pare che per raggiungere questo risultato si sono abbassati i toni, partendo da questo fatto c'è uno spazio di manovra in Europa. Oggi la scommessa dei mercati è che prevalga il buonsenso".

Tra i “ravveduti” si inserisce anche Eugenio Scalfari, primo direttore di Repubblica, che durante la campagna elettorale aveva perfino fatto marcia indietro su Berlusconi, definendolo il meno peggio tra gli avversari della sinistra e quindi, di fatto, preferendolo a Di Maio. Ora compie un’altra giravolta e a chi gli chiede chi sceglierebbe tra Di Maio e Salvini risponde: "Un tempo li consideravo uguali, nel senso che non si votano. Perché erano al centro uno della chiusura e l’altro del populismo, il movimento grillino. Oggi tra Salvini, che è quello di prima, e Di Maio, che sembra radicalmente cambiato, sceglierei Di Maio". Una vera e propria conversione al “grillismo”, argomentata in questo modo: "Di Maio – sono parole di Scalfari - ha dimostrato un'intelligenza politica notevole, perché di fatto il Movimento è diventato un partito. Lui addirittura ha steso la lista dei ministri e l'ha voluta portare al Quirinale. Facendo un'alleanza con il Pd non è che ci sono due partiti, diventa un unico partito, Di Maio è il grande partito della sinistra moderna. Allora la faccenda cambia, se lui diventa la sinistra italiana voterò per questo partito". Dunque in due mesi Scalfari è passato da Berlusconi a Di Maio, dopo avere per una vita sponsorizzato partiti e uomini della sinistra.

Anche dentro il Pd la discussione su una possibile intesa con i grillini registra posizioni sorprendenti. Gli antirenziani fanno notare come Di Maio non parli di alleanza con Renzi ma con il Pd, a riprova del fatto che intenda prendersi i voti dem in Parlamento senza minimamente scendere a patti con il segretario ormai dimissionario. Tra i più convinti sostenitori di un patto con i Cinque Stelle c’è il deputato rieletto Francesco Boccia, vicino al governatore pugliese, Michele Emiliano, che da tempo preme per un accordo di quel tipo.  Boccia ritiene che le distanze tra Pd e centrodestra in materia di politica economica siano di gran lunga più ampie di quelle con i grillini, ragion per cui sarebbe meglio provare ad accordarsi con questi ultimi, sia sulla presidenza delle Camere sia sulla prossima compagine governativa.

Sembra, quindi, che il Pd, nonostante la sonora sconfitta, possa tornare al governo anche nella legislatura che prenderà il via il 23 marzo. Scendendo a patti con i Cinque Stelle, che ha tentato di screditare in ogni modo in campagna elettorale, considerandoli il peggior nemico. Ma si sa che in politica è sempre possibile tutto e il contrario di tutto.