Ghiaie di Bonate, un sì al culto che nega la Provvidenza
Il vescovo di Bergamo riconosce il culto mariano di "Maria Regina della Famiglia" alle Ghiaie di Bonate, ma continua a negare il carattere soprannaturale delle apparizioni. L'occasione persa di una gerarchia che non crede più agli interventi soprannaturali o li considera scomode sovrapposizioni ai propri programmi pastorali. In quanto alla Madonna, l'ostilità è da ricercare nei messaggi stessi ad Adelaide: l’inferno esiste, le anime che si perdono per l’eternità e i mali dei figli sono spesso causati dalle colpe dei genitori e dalla crisi della famiglia.
Il vescovo di Bergamo ha riconosciuto il culto mariano di «Maria Regina della Famiglia» alle Ghiaie di Bonate, luogo molto noto, come anche mons. Francesco Beschi ha ritenuto sottolineare nel suo decreto, per le «presunte apparizioni della Madonna nel 1944». Dovrebbe essere una bella notizia, invece non lo è. Ci si rammarica per la forma di un provvedimento che avrebbe potuto favorire nuovi preziosi spunti di discernimento ma che, così impostato, suona invece come il pretesto per negare definitivamente la natura soprannaturale di questo grande e insieme delicato evento.
Ma andiamo con ordine. Il presule scrive nel decreto che la sua scelta è dettata dal fatto che alle Ghiaie il 21 settembre 1921 fu dedicata la nuova chiesa parrocchiale alla santa Famiglia, «primo caso e allora unico nella diocesi di Bergamo». E prosegue entrando nel merito della mariofania, sottolineando come, «negli anni tristi e grevi della guerra, il 13 maggio 1944, una bambina di sette anni, Adelaide Roncalli, sostenne di aver visto la Vergine Maria con San Giuseppe e il bambino Gesù in braccio: la Sacra Famiglia. Vi furono altre dodici presunte apparizioni fino al 31 maggio 1944. La Vergine, stando al racconto della bambina, le parlò in dialetto invitando alla preghiera, alla conversione, alla penitenza. Molta gente accorse, moltissima: una luce di speranza nel buio della tempesta…».
A questi fatti seguì il primo giudizio della Chiesa di Bergamo, che ricordiamo ancora rifacendoci al testo dell’attuale ordinario diocesano: «Il vescovo mons. Adriano Bernareggi, dopo attenta riflessione, ponderata ogni cosa, giunse a dichiarare che non vi erano elementi tali da potersi stabilire la soprannaturalità delle presunte apparizioni: non constat!». Un giudizio sospensivo – «allo stato attuale non ci sono elementi sufficienti per riconoscere la soprannaturalità dell’evento» –, ma che, aprendo alla possibilità di nuovi sviluppi di indagine, di fatto non chiude la questione. Cosa che, invece, sembrerebbe purtroppo aver fatto ora mons. Beschi, dal momento che, nel proseguo del decreto, dichiara: «Fu un giudizio solido: nei decenni successivi, i vescovi di Bergamo, personalmente e con l’aiuto di esperti, sempre in dialogo con la Santa Sede, non cessarono di interrogare e di interrogarsi sui fatti di Ghiaie, ma mai hanno ritenuto di discostarsi da tale autorevole giudizio: senza nulla togliere alla ricchezza di una profonda esperienza spirituale, oggi come allora, non vi sono elementi sufficienti che possano attestare il carattere soprannaturale delle presunte apparizioni. Scorrono gli anni, i decenni e anche se qualcuno ha tentato di strumentalizzare la devozione del popolo di Dio, la grande maggioranza dei fedeli, compresa la stessa Adelaide, si è sempre affidata con fiducia alla saggezza della Chiesa vivendo una vera e feconda devozione mariana. Un fiume di fedeli mai contro qualcuno, ma sempre con la Chiesa».
In pratica, pur riconoscendo che alle Ghiaie da 75 anni si prega di giorno e di notte, vivendo una devozione imponente che ha travalicato i confini diocesani e che è improntata a una fede autentica e da sincero amore per la Chiesa, il vescovo non vede in questi dati i frutti di grazia attribuibili a un intervento divino. E, concludendo il suo discorso, lascia intendere che non avrà ripensamenti – «La Chiesa, Madre e Maestra è prudente tanto quanto è paziente. Ai pastori è richiesto di assumersi la responsabilità di indicare una strada certa piuttosto che un cammino tortuoso e incerto» – e che d’ora in avanti il parroco di Bonate avrà la responsabilità di «valorizzare e custodire il culto mariano, escluso ogni riferimento a messaggi, apparizioni e altri fenomeni di presunta natura soprannaturale». Punto.
Come a dire che da questo momento la Chiesa di Bergamo non nutre più alcuno interesse per capire se la Madonna, che quando appare è mandata da Dio, si sia o meno scomodata dal Cielo facendo una grande grazia e avendo qualcosa da dire al popolo cristiano di questa città. Il culto mariano che verrà sviluppato alle Ghiaie prescinderà da ciò. E il dato non può non rattristare perché, a fronte delle dichiarazioni del vescovo, benché la devozione alle Ghiaie si sia sviluppata secondo il sensus fidei con grande concorso di fedeli, non si ha, in verità, traccia pubblica né da parte né della Diocesi né della Santa Sede di iniziative significative tese ad accertare la verità dell’evento.
Non esistono convegni, volumi di analisi sul Messaggio e sulla personalità della veggente, raccolte di testimonianze sulle grazie e i fenomeni straordinari come la danza del sole riscontrati alle Ghiaie… che siano stati patrocinati dall’autorità della Chiesa. Ogni giudizio successivo, come ha ammesso lo stesso mons. Beschi (in foto), poggia su quel primo unico pronunciamento interlocutorio di Bernareggi, vescovo di Bergamo dal 1936 al 1953, che per alcune fonti accreditate morì tormentato dall’idea di essersi sbagliato riguardo alle apparizioni di Bonate. Questo perché, secondo le medesime fonti, l’intera inchiesta sarebbe stata condotta con grave pregiudizio da un alto prelato della Curia, ritenuto anche responsabile di atteggiamento autoritario, ruvido e umanamente sconveniente nei confronti della piccola veggente, che, vale la pena ricordare, all’epoca aveva solo sette anni. Mai nessun chiarimento sul punto, mai alcuna scusa alla veggente che fu portata via da casa, sottoposta da sola a interrogatori pressanti e invasivi che qualcuno ha classificato come violenza psicologica. Col risultato che conosciamo: «Non constat!».
Povera Adelaide: passata a miglior vita il 24 agosto 2014, ha vissuto un’esistenza travagliata portando il peso di non esser stata creduta e di non vedere realizzato il piano di Dio su Bonate. Eppure, con grande umiltà, come ora le viene riconosciuto, ha accettato ogni cosa, ritirandosi fino alla morte nel nascondimento, mai ribellandosi all’indifferenza e allo spregio mostratole dalla sua Chiesa. Ecco, Adelaide, proprio per questo atteggiamento docile che ricorda così da vicino la Passione del Signore – «Venne nel mondo ma i suoi non l’hanno accolto» – parrebbe la prova luminosa di una creatura toccata e guidata dall’Alto. Ma neppure questo segno è giudicato degno di nota. Del resto, anche il fatto che la Vergine sia apparsa nel giorno di Fatima, come Regina della Famiglia proprio laddove la si venerava con quel nome avrebbe potuto essere ritenuto già un primo sufficiente segno della verità della sua venuta, perché in molti casi nella storia, come per esempio a Lourdes, le apparizioni sono state la certificazione di un’iniziativa, di un riconoscimento o di un pronunciamento della Chiesa sulle verità di Dio.
La sensazione è allora, e qui lo sguardo si sposta oltre le Ghiaie, è che l’autorità della Chiesa contemporanea, almeno in parte, non creda più di tanto agli interventi soprannaturali o perlomeno li consideri scomode sovrapposizioni ai propri programmi pastorali. Ma se così fosse si estrometterebbe Dio dalla possibilità di dare al suo popolo quelle correzioni di rotta, quei suggerimenti di bene che caratterizzano il suo rivelarsi all’uomo fin dal Giardino dell’Eden e, dopo la venuta di Gesù, nelle apparizioni di quest’ultimo, della Madonna e dei santi. Così facendo non si presterebbe il fianco a quelle forze massoniche e anticristiche che, anche da dentro la Chiesa, si propongono manifestatamente di opporsi alla missione affidata da Dio alla Donna dell’Apocalisse e al trionfo di Cristo, ostacolando la storia della Salvezza, per esempio, in questo nostro tempo, rallentando lo svelamento del Cuore Immacolato di Maria, che è stato promesso a Fatima?
Di fatto oggi è diffusa questa tendenza di negare la Provvidenza per decreto senza tante spiegazioni e, apparentemente, senza neppure troppo studio. Tutt’al più si riconosce il culto, come nel nostro caso, forse così da mettere il cappello su un luogo, magari costruirci un bel Santuario e amministrare come è giusto le offerte generose dei fedeli che, tant’è, adesso come prima, continueranno a venire qui richiamati dal Mistero di quei dialoghi in dialetto fra la Madre di Dio e la piccola Adelaide. La Chiesa, è stato scritto, interviene per evitare strumentalizzazioni: ma evitando di confrontarsi con il fatto soprannaturale e il Messaggio non rischia a sua volta di compiere una manipolazione?
Ma che cosa ci può essere di tanto scomodo nel messaggio della Regina di Bonate? È difficile dare una risposta: la Madonna ha chiesto di fare sacrifici e penitenze per i peccatori, perché l’Inferno esiste e molte anime si perdono per l’eternità. Ha detto che i mali dei figli spesso sono causati dalle colpe dei genitori. Ha confermato che il Padre dei Cieli è traboccante di amore, ma che per ottenere la sua misericordia occorrono una robusta volontà, le buone azioni, il desiderio di cambiare e l’umiltà di chiedere perdono… E ha riproposto la santa Famiglia di Nazaret come modello per il rinnovamento della società. Riconoscere e sforzarsi di vivere un messaggio così non potrebbe che far del bene alla Chiesa e all’umanità. A meno che non si preferisca ascoltare altri messaggi e guardare ad altre famiglie…