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Gesù "fatti in là": per Avvenire il vero dono è il vaccino

Avvenire ha pubblicato un articolo di Mauro Berruto per metterci al corrente di un sogno: il vaccino come dono già a Natale. E' davvero questo il regalo che come uomini possiamo attenderci per il Natale alle porte? 

Attualità 23_12_2020

Avvenire ha pubblicato un articolo di Mauro Berruto per metterci al corrente di un sogno: il vaccino come dono già a Natale. Il titolo dell’articolo suona proprio così. L’articolo ospitato dal giornale dei vescovi esordisce con queste parole: «Leggo, con entusiasmo, che l’autorizzazione al primo vaccino contro il Covid-19, da parte dell’Ema (l’Agenzia europea per i medicinali) potrebbe arrivare in anticipo rispetto alla data presunta del 29 dicembre».  «Non sto a sindacare del perché Regno Unito e Usa siano partiti prima», prosegue Berruto, «ma prendo per buono ciò che si dice: l’autorizzazione in Europa potrebbe arrivare il 23 dicembre». Circostanza che fa scrivere all’autore: «Bene, anzi benissimo». Segue il desiderio di «un Paese pronto a cogliere, dopo quello che si può quasi definire un miracolo scientifico, questo ulteriore e inaspettato vantaggio», con conseguente auspicio «che sia pronta una logistica capace di coordinare il piano vaccinazioni e scendere in campo dal 24 dicembre stesso». Proprio così: «un giorno dopo».

Il perché è intuibile, ma Berruto ci tiene a precisarlo: «É il giorno prima del santo Natale. Certo il Natale è un momento di straordinaria importanza per chi crede e anche per chi non crede, ma c'è forse qualche gesto di umanità più nobile ed evangelico del rispetto e della salvaguardia del dono della vita?».

Certo, si può pensare a qualcosa di più evangelico del vaccino anti Covid? Berruto lo spiega così: «Se l'autorizzazione dell'Ema arrivasse il 23 dicembre e la logistica per la somministrazione dei vaccini si mettesse in moto il 15 gennaio ci sarebbero 22 giorni di differenza, che a una media anche soltanto di 450 morti al giorno, fa 10mila persone». Eh, sì la matematica non è un’opinione, verrebbe da dire.

Comunque sia, nell’articolo pubblicato da Avvenire si insiste nel ritenere che occorre «tradurre in termini di salute pubblica il precetto evangelico dell'amare il prossimo come se stessi», vaccinandosi «il prima possibile». Anzi si precisa che «non c'è nulla di più vicino allo spirito del Natale: nascere fisicamente e rinascere spiritualmente; vedere gli operatori sanitari, gli anziani, i più fragili vaccinarsi magari nel giorno stesso del Natale, renderebbe felice anche il nostro Bambino Gesù». Eh sì, il Messia nella culla non sarebbe felice dei cuori che si convertono alla Verità, ma delle braccia che si offrono alla vaccinazione. Idea davvero singolare.

Avvenire, poi, prosegue con una proposta concreta per un prossimo DPCM di Giuseppe Conte: «Perché non usare gli impianti, i palazzetti, gli stadi che, tra l’altro, sono tutti capaci di garantire distanze e zone di attesa confortevoli, per farli diventare degli HUB per la vaccinazione e, ancor più, luoghi simbolici della salute? Perché non usare l’esercito di volontari del mondo dello sport, le associazioni, le federazioni, gli enti di promozione sportiva già abituati a organizzare manifestazioni con grandi flussi di persone, per aiutare negli aspetti di logistica e coordinamento? Perché non lanciare una grande campagna di testimonial sportivi disposti a farsi vaccinare in pubblico o in televisione come fece nel 1956 Elvis Presley con l'antipolio? E infine, difendendo a ogni costo il principio della gratuità del vaccino, perché non abbinare una quota da poter versare, esclusivamente su base volontaria e senza che questa garantisca nessuna corsia preferenziale per accedere alla somministrazione nel rispetto totalmente di un piano di priorità predisposto dagli organi competenti?».

Si spiega, poi, nell’articolo che tutto questo si chiama “principio di reciprocità”, cosa di cui si occupò a lungo l’antropologo Marcel Mauss, il quale definì il dono un “fatto sociale totale”. E «mai come in questo caso», prosegue il giornale della CEI,  «il dono che la scienza ci ha fatto potrebbe essere restituito, esclusivamente su base volontaria e senza nessuna condizione di favore, da chi può permetterselo destinando il ricavato alla ricerca scientifica o a progetti di solidarietà per coloro che il Covid ha messo in ginocchio». Berruto si dichiara, poi, pronto a vaccinarsi con i primi volontari.  

Nel frattempo, però, giunge dall’America l’ennesima brutta notizia sul vaccino Pfizer-Biontech.

Si apprende, infatti, che un'operatrice sanitaria statunitense a cui è stato somministrato il siero ha avuto una grave reazione allergica. La notizia ha destato particolare scalpore perché l’infermiera in questione era una volontaria talmente convinta, da essere disposta a fare da testimonial. Si era fatta somministrare, infatti, una dose del vaccino Pfzier di fronte alle telecamere l’11 dicembre 2020, nell’ambito della campagna governativa tesa a promuovere la “fiducia nei vaccini” tra i cittadini statunitensi. Peccato, però, che nel suo caso la fiducia si sia dimostrata mal riposta.

Il “New York Times”, – che cita fonti sanitarie del Barlett Regional Hospital di Juneau, in Alaska, dove l'infermiera in questione lavora e dove ha ricevuto il vaccino –, evidenzia come la stessa operatrice sanitaria, pur non avendo alcun tipo di precedente allergico, nel giro di dieci minuti dalla somministrazione, avesse registrato una reazione allergica grave. Casi analoghi erano stati segnalati nel Regno Unito ma soltanto su soggetti con allergie croniche. Nel dettaglio, l’infermiera del Barlett Regional Hospital di Juneau ha sviluppato in tempi rapidissimi dei rush cutanei, tachicardia e anche una crisi respiratoria: per stabilizzarla le è stata somministrata epinefrina. Successivamente, i sintomi si sono ripresentati e i medici hanno usato steroidi. In seguito a un ulteriore aggravamento, la donna è stata ricoverata in terapia intensiva. Ora pare che, grazie a Dio, si stia riprendendo. Chi sa se si è pentita del fatto di essersi offerta come cavia per una sperimentazione vaccinale.

Il fatto è che ci sono persone, come Mauro Berruto, che vorrebbe anche nel nostro Paese milioni di cavie, solo per sentirsi un po’ più buoni a Natale.

Ora, noi possiamo comprendere che le case farmaceutiche e le aziende produttrici dei vaccini possano avere un legittimo interesse economico nella vicenda. Possiamo anche comprendere che la banda di dilettanti allo sbaraglio che guida attualmente il nostro Paese intravveda nel vaccino il Messia capace di salvare la relativa poltrona.

Quello che ci riesce difficile capire è come il giornale della Conferenza Episcopale Italiana possa davvero avere come sogno quello di regalare per il Santo Natale un vaccino sperimentale a tutti gli italiani. Ci saremmo aspettati che il giornale dei vescovi non ci parlasse di un sogno ma di una realtà, e dell’unico vero regalo che possiamo di cuore augurare ai nostri concittadini e a tutti gli uomini di buona volontà.

La realtà è che, attraverso l’Incarnazione, Dio è entrato nel mondo come fatto concreto, come avvenimento reale, con come un sogno, un auspicio, un desiderio o un’astrazione. E proprio questo avvenimento ha salvato l’umanità, l’ha riscattata dal peccato, ha dato un senso all’esistenza di ogni singolo uomo, ed ha sconfitto la morte. Il vero regalo di Natale ce lo ha fatto Nostro Signore Gesù Cristo, Redentore, Salvatore e Rex Universi, non il vaccino anti Covid. Questo ci sarebbe piaciuto leggere sul giornale dei vescovi italiani.