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ITINERARI DI FEDE

Gesù con il cagnolino e il sudario della Veronica

L’antica abbazia di Santa Maria Arabona, immersa nel parco della Majella, sorge in cima ad una collina dove in epoca romana si trovava un tempio pagano che in parte sopravvive essendo stati riutilizzati suoi materiali per erigere la chiesa. Poco distante, nel santuario del Volto Santo di Manopello, c'è l'immagine di Gesù.

Cultura 14_02_2015
L'interno dell'abbazia di Santa Maria Arabona

L’antica abbazia di Santa Maria Arabona, immersa nel parco della Majella, sorge in cima ad una collina dove in epoca romana si trovava un tempio pagano che in parte sopravvive essendo stati riutilizzati alcuni suoi materiali per erigere la chiesa mariana. Tutto ebbe inizio quando da Roma, a cavallo tra il XII e il XIII secolo, arrivò a Manoppello un drappello di monaci benedettini  che ottennero in dono il terreno dai feudatari locali. La costruzione non fu mai portata a termine, causa le cattive condizioni economiche in cui venne a trovarsi la Badia dopo un primo periodo di grande fioritura. L’edificio resta, comunque, l’unico esempio di architettura cistercense in terra d’Abruzzo, con abside rettangolare e transetto sporgente, cui corrispondono, all’interno, le linee severe delle costolature della volta e le eleganti decorazioni nei capitelli.

I mattoni rossi della facciata, in contrasto con l’antica pietra locale, sono stati aggiunti nell’ultimo restauro del secolo scorso. Sull’ingresso principale è stato ricollocato il portale originale sul cui stipite è inciso un vistoso Fiore della Vita, antichissimo simbolo della struttura interna del creato e del suo completamento. Questo varco oggi conduce al giardino esterno della chiesa mentre per raggiungere lo spazio sacro occorre passare attraverso la Porta nord, detta un tempo dei Morti perché conduceva al cimitero, non più esistente.

L’interno è una semplice croce latina a tre navate. Ciò che resta della decorazione si concentra nella zona del presbiterio; nell’abside sono, infatti, presenti tre dipinti che Antonio Martini di Atri realizzò nel 1377. Essi rappresentano, rispettivamente, una Santa, forse Caterina di Alessandria, che tiene tra le mani un libro chiuso e un fiore mentre di fronte a lei si prostra un frate inginocchiato. Al centro vi è una Crocefissione e sulla destra una Vergine in trono con in braccio Gesù Bambino la cui insolita iconografia lo rappresenta con un cagnolino bianco sulle ginocchia, simbolo di fedeltà. Interamente affrescata doveva essere anche la cappella dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, dove nella lunetta è rappresentata una Deposizione con ai lati le figure di San Sebastiano e Sant’Antonio da Padova. Tutti gli affreschi sono opera quattrocentesca di ignoto autore.

La sobrietà dello spazio è interrotta anche dalla ricchezza degli arredi sacri. Il candelabro è una colonna slanciata alla base della quale due cani e un leone simboleggiano le eresie che attaccano la fede cristiana. Sul fusto della colonna si intreccia una vite, a significare il nutrimento che i fedeli traggono dall’Eucarestia. Il capitello è sormontato da dodici colonnine, una diversa dall’altra, che rappresentano gli apostoli. Particolarmente elaborato è anche il tabernacolo, posto nel coro, decorato con motivi floreali.

Poco distante da qui, nel santuario del Volto Santo di Manoppello, si conserva l’immagine acherotipa del volto di Cristo, né disegnata né dipinta da mano d’uomo. È un’immagine unica al mondo, per il fatto di essere visibile, identica, da entrambe le parti, fronte e retro. Si pensa che questo velo, esattamente sovrapponibile al volto della Sindone, sia il sudario poggiato dalla Veronica sul viso di Cristo, quando venne posto nel sepolcro.