Gender, nel Pd partono le purghe per chi si oppone
A Bologna un candidato in lista col sindaco uscente Merola critica le repressioni per i genitori che si oppongono alle lezioni gender oriented: e il partitone rosso lo caccia seduta stante. «E' anche anti abortista, è contrario ai nostri principi», sentenziano dal Pd dopo averlo purgato. Sostenere invece la maternità surrogata, che è un reato, è un punto di merito.
Quando il partitone rosso si chiamava Partito Comunista il rischio era quello di farsi cacciare perché contrari alla politica totalitaria di Stalin. Accadde così con i Magnacucchi, Valdo Magnani e Aldo Cucchi, i quali vennero espulsi nel 1951 perché osarono criticare la politica egemonica dell’Urss. E il Migliore, Palmiro Togliatti, non ebbe pietà nemmeno del povero Magnani, che era primo cugino della sua amante Nilde Iotti.
I tempi sono cambiati, il Pci si chiama Partito Democratico, ma non i metodi: l’unica differenza è che questa volta non servono i congressi per ratificare certe purghe. Bastano dei post su Facebook, opportunamente monitorati a pochi giorni dalla chiusura delle liste.
A Bologna può capitare di essere cacciati dalla squadra del sindaco uscente Virginio Merola per aver semplicemente espresso un’opinione. Quale? Essere contrari all’educazione gender nelle scuole. Il bolognese Paolo De Fraia, classe 1961 era entrato come indipendente nella lista a sostegno della ricandidatura del primo cittadino che si presenta alle prossime elezioni per riconquistare Palazzo d’Accursio. Un passato nell’Udc, vicino alla Cisl. Insomma: la sua poteva essere la classica candidatura per dare alla quota cosiddetta cattolica uno strapuntino di rappresentanza.
Ma De Fraia non aveva fatto i conti con la terribile macchina della repressione. Che lo ha estromesso dalla lista per le sue opinioni antiabortiste e antigender. Galeotto un post su Facebook nel quale il candidato Pd metteva a nudo le sue opinioni in fatto di lezioni genere tra i banchi. De Fraia ha condiviso un articolo di Tempi che raccontava di come in Germania una 40ina di genitori fossero stati messi in carcere perché si erano opposti a far partecipare i figli alle lezioni gender oriented che anche là vanno forte.
Un commento che non è piaciuto ai vertici del partitone rosso ha fatto il resto: «Non è una bufala. E' la triste realtà dell'avvento del regime di un nuovo ordine mondiale. Questa è discriminazione violenta». Apriti cielo. De Fraia è stato estromesso seduta stante con il solito fumoso rito della mistificazione: «Posizioni e ragionamenti di uno dei candidati che nulla hanno a che fare con il profilo politico del Pd di Bologna e con l’impegno in favore di un allargamento dei diritti», ha sentenziato dandogli il raus il segretario Dem sotto le due torri Francesco Critelli. Almeno per i Mangnacucchi ci volle un congresso per cacciarli. Qui è bastato molto meno.
L’interessato si è stupito: «Lo sanno da sempre come la penso su certi temi», ma evidentemente bisognava dare un messaggio chiaro ad altri malintenzionati che per caso avessero l’ardire di tentare la carriera politica del Pd. Chi si oppone alle teorie gender o chi si dichiara antiabortista andrà cacciato.
Queste sono le purghe 2.0 del Pd di rito renziano? Sembra proprio di sì anche a giudicare dalla sostanziale facilità di repressione. Nessuna protesta, tutti zitti. Anche quelli che pontificano su libertà d’opinione e di parola. La vicenda non è sfuggita al candidato sindaco del Popolo della famiglia Mirko De Carli che ha offerto a De Fraia un posto in lista. E neppure al leader del neonato movimento Mario Adinolfi che ha fatto notare come ormai nel Pd opporsi a certe derive sia diventata un’onta mentre difendere la maternità surrogata, che ad oggi è ancora è un reato, invece sia un punto di merito.
Il posto di De Fraia è stato preso da un altro militante Dem, tal Davide Di Noi. Dove il Di Noi, oltre che il cognome, deve essere probabilmente anche una garanzia di appartenenza ai dettami del nuovo ordine mondiale che il Pd ha ormai imposto nel suo dna genetico.