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OMOSESSUALITA'

«Gay non si nasce», parola di psicologa lesbica

Lisa Diamond, membro dell'American Psychological Association e lesbica, sfata il mito del "nati così" per le persone con tendenza omosessuale. Come altre femministe sostiene la fluidità del genere, ovvero la possibilità di cambiare il proprio orientamento sessuale quando si vuole. Ma proprio per questo risulta ancora più inaccettabile il divieto di terapie riparative imposto dalla comunità Lgbt. Anche in Italia, come dimostra il caso Luca Di Tolve.


- TERAPIE RIPARATIVE, LA LIBERTA' NEGATA,  di Luca Di Tolve

Famiglia 29_09_2016
Omosessualita, si puo cambiare

Non è vero, «omosessuali non si nasce». Dunque non lo si è. E se non lo si è, risulta ingiusto definire una persona sulla base di un'inclinazione non innata. A confermarlo, pur eliminando i fattori esterni che possono causare le pulsioni verso persone dello stesso sesso (perciò negando che sia una malattia, comunque sempre assecondata dalla volontà), è stata persino l'attivista sedicente lesbica, membro dell'American Psychological Association (Apa), Lisa Diamond, nei capitoli che ha curato per il Manuale dell'APA su sessualità e psicologia. Anche lei, come le femministe più all'avanguardia, discepole della professoressa dell'Università californiana di Berkeley Judith Butler, è passata oltre l'omosessualità come dato genetico. E ha sposato il modello del "gender fluid", secondo cui la persona può mutare il proprio orientamento continuamente e a seconda di come si sente.

Se il tentativo è evidentemente quello di convincere la società della bontà della libertà senza vincoli, Laura A. Haynes, psicologa clinica, ha sintetizzato l'ultimo contributo della Diamond, contenuto nel volume intitolato “Sexuality and Psychology”, così: «La battaglia contro “il si nasce così e non si può cambiare” è finita e lei sta dicendo agli attivisti Lgbt di smettere di promuovere questo mito». Già nel 2009, infatti, la psicologa pubblicò un volume intitolato “Sexual Fluidity” che veniva presentato così dall'Harvard University Press: «Questa prospettiva si scontra con la visione tradizionale per cui l'orientamento sessuale è un tratto stabile e fisso». Quella di Diamond sarebbe poi «la prima ricerca fatta nel tempo su un ampio numero di donne. Ha analizzato oltre cento donne in dieci anni, dall'adolescenza all'età adulta (…). “Sexual Fluidity” offre l'esperienza di cambiamento in prima persona di donne che si innamorano e disinnamorano di uomini o donne in diversi periodi della loro vita».

Perciò, seppur realmente fedele al femminismo, per cui la donna deve poter scegliere di fare tutto ciò che vuole con il proprio corpo, le argomentazioni della psicologa creano dei seri problemi all'attivismo Lgbt che vuole vietare per legge le terapie di conversione e riparative, come già accaduto in Vermont, California, New Jersey, Ilinois, Oregon o Distretto di Columbia. Tutti Stati le cui norme sono state approvate sulla base del fatto che l'orientamento sessuale sarebbe immutabile. 

Ma se non è così, appunto, e se l'orientamento fosse davvero frutto di una decisione, la libertà di scelta estrema predicata dalle femministe per essere coerente con se stessa dovrebbe accettare anche quella di chi vuole provare attrazioni congruenti al proprio sesso. Magari pensando che ci sono ragioni legate alla psiche che possono condizionare la libertà e che creano disagi alla persona.

Esattamente come ha spiegato Padre Johannes Jacobse (di vedute opposte alla Diamond), fondatore della American Ortodox Institute, «se una persona sente un desiderio omosessuale non significa che sia stata creata omosessuale» e se «decide di adottare un comportamento omosessuale, è una libera scelta, anche se il desiderio non lo è».

Nella stessa direzione vanno anche altri due ricercatori, Lawrence Mayer and Paul McHugh, che lo scorso mese pubblicavano “Sessualità e Gender: risultati dalla scienza biologica, psicologica e sociale”, spiegando che le argomentazioni a favore della “born that way therapy” non sono scientificamente sostenibili. Non c'è alcuna evidenza che alcuno «sia nato così, se questo significa che l'orientamento sessuale è geneticamente determinato. Ma ci sono evidenze nello studio sui gemelli che certe caratteristiche genetiche possono accrescere l'attitudine di una persona ad identificarsi come gay o ad adottare un comportamento omosessuale». Sempre guardando ai gemelli, però, si comprende che nemmeno la predisposizione basta a spiegare i casi in cui uno dei due prova pulsioni omosessuali mentre l'altro no, bisogna quindi tener conto dell'ambiente che influenza la persona oltre che della sensibilità diversa dei due. Per tanto, a differenza dei teorici del “gender fluid”, secondo i due studiosi la libertà esiste ma in certi casi può essere condizionata: «Sì, la genetica (nel senso dei certe caratteristiche fisco psicologiche, ndr) gioca un ruolo nello sviluppo dell'orientamento sessuale, ma l'ambiente gioca un ruolo maggiore».

Mayer e McHugh, rispettivamente ricercatore e professore di psichiatria presso la Johns Hopkins University (dove negli anni Sessanta sorse la prima clinica per il cambiamento di sesso, poi chiusa anche per volontà dei pionieri del campo che ammisero il loro fallimento) hanno spiegato che «solo una minoranza di bambini che esprimono un pensiero o un comportamento sessuale atipico continueranno così nell'adolescenza o nell'età adulta», tanto meno «tutti questi bambini dovrebbero essere incoraggiati a diventare transessuali e ancor meno a sottoporsi alle terapie ormonali o all'operazione chirurgica».

Ricordando che secondo il “National Transgender Discrimination Survey” il 41 per cento delle persone transessuali ha tentato il suicidio contro il 4,6 della popolazione americana, Mayer ha introdotto la ricerca spiegando che «ho dedicato il mio lavoro, innanzitutto alla comunità Lgbt, che raggiunge un livello di problemi mentali sproporzionato a quelli della popolazione generale», concludendo che occorre «trovare un modo di alleviare queste sofferenze» che non è il cambiamento di sesso verso cui «siamo scettici». Ma nemmeno l'accettazione sociale, perché «mentre lavoriamo per fermare i maltrattamenti e i malintesi, dovremmo anche lavorare per studiare e capire quali fattori possono contribuire all'alto tasso di suicidi o di altri disordini psicologici e comportamentali fra la popolazione transessuale e pensare meglio ai trattamenti clinici a disposizione». Dunque, a seguire il ragionamento, anche quelli legati alle terapie riparative o di fede che, come testimoniato da diverse persone, possono curare le ferite o i condizionamenti che assecondano le pulsioni discordanti.

Anche in Italia c'è una sorta di caccia alle streghe contro coloro che desiderano praticare le terapie riparative. Lo dimostra il caso di Luca di Tolve, di cui abbiamo già parlato sulla NBQ e che qui vi riproponiamo. Luca Di Tolve farà la sua testimonianza Domenica 9 ottobre alla Giornata della Bussola a Monza, alle ore 15 (clicca qui per il programma).

- TERAPIE RIPARATIVE, LA LIBERTA' NEGATA,  di Luca Di Tolve