Gay nel tennis, l'anatema dell'ex campionessa
La leggenda del tennis Margaret Court è divenuta pastore cristiano e dice: «Pratiche sessuali abominevoli». La 17enne Robson secende in campo col simbolo del gay-pride
MILANO - Uscire al primo turno dell’Australian Open non è certo roba da prima pagina. E, in effetti, la notizia dell’eliminazione della 17enne londinese Laura Robson ad opera della serba Jelena Jankovic per 6-2, 6-0 avrebbe meritato giusto una riga all’interno del pezzo sulla disfatta delle tenniste inglesi all’esordio nel torneo (cinque fuori subito), se non fosse stato per quel legacapelli arcobaleno (simbolo universale dei diritti di gay e lesbiche) che ha fatto invece finire la giovane atleta al centro di un caso politico. Motivo? La Robson lo ha sfoggiato proprio nella Margaret Court Arena, ovvero il campo dedicato a Margaret Court, che non è solo la più famosa tennista australiana (24 titoli del Grande Slam vinti in carriera), ma dal 1972 è anche diventata una fervente cristiana evangelica (è pastore della chiesa di Perth). E proprio le sue durissime prese di posizione contro gli omosessuali (accusati di indulgere «in pratiche sessuali abominevoli» e di pretendere «diritti matrimoniali che invece non hanno perché tali unioni sono insane e innaturali») hanno suscitato parecchio clamore nei mesi scorsi, scatenando le ire di Martina Navratilova («le persone si sono evolute, Margaret Court evidentemente no e la sua visione miope è davvero spaventosa») e costringendo la stessa federazione australiana a prendere le distanze («sono considerazioni personali della Court, non condivise dalla WTA»).
Rivolta sul web
Ma è sul web che è montata la protesta nei confronti della campionessa. Non a caso, su Facebook è nato il gruppo Rainbow Flags Over Margaret Court Arena, che conta quasi 1.900 membri e che ha già fatto della Robson una beniamina («Laura, tu sei della nuova generazione e farai la differenza….grazie!», ha scritto un fan sulla bacheca, dopo aver postato la foto dell’atleta inglese con il controverso legacapelli). Sorpresa da tanto clamore per quello che lei stessa ha definito «solo un fermacoda coi colori dell’arcobaleno», la giovane tennista (18 anni il prossimo sabato) ha poi tentato di smorzare le polemiche, spiegando in conferenza stampa di aver indossato quel legacapelli colorato «perché credo nell’uguaglianza dei diritti» e non già «come gesto di protesta» nei confronti di qualcuno. «Sapevo che me lo avreste chiesto – ha concluso la Robson - e vi ho dato la mia risposta. Ovviamente, ho letto i commenti della Court riportati dai giornali, ma non ho mai letto una dichiarazione sua, quindi non voglio commentare qualcosa di cui non ho parlato direttamente con lei».
Dal Corriere della Sera del 17 gennaio 2012.