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IL BELLO DELLA LITURGIA

Francesco, vita per immagini del santo più rappresentato

Non c’è santo più raffigurato di Francesco. La sua canonizzazione diede il via alla produzione di dipinti e affreschi a lui ispirati. Ma spetta a Bonaventura Berlinghieri, pittore duecentesco originario di Lucca, la realizzazione della prima tavola agiografica dedicata al Santo dove si raccontano le storie dei miracoli e della sua predicazione. 

Cultura 06_10_2018

Bonaventura Berlinghieri, San Francesco e storie della sua vita, Chiesa di San Francesco – Pescia (PT)

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione Cantico di Frate Sole

Non c’è santo, probabilmente, più raffigurato di Francesco.  La sua canonizzazione, avvenuta appena due anni dopo la morte, diede il via alla produzione di dipinti e affreschi a lui ispirati che inventarono e arricchirono un’iconografia che raggiungerà il culmine nell’impresa giottesca della Basilica Superiore di Assisi, proseguendo, poi, ininterrottamente nei secoli. Sembra che spetti a Bonaventura Berlinghieri, pittore duecentesco originario di Lucca, la realizzazione della prima tavola agiografica dedicata al Santo, senza dubbio la prima a noi pervenuta.

Quello che tecnicamente nacque come dossale d’altare per la cappella voluta dalla famiglia Mainardi all’interno della Chiesa di San Francesco a Pescia è un dipinto a tempera e oro, firmato dall’artista e datato 1235, ovvero nove anni dopo la dipartita terrena del poverello di Assisi. Bonaventura, dunque, raccontò sul legno storie ed episodi a lui contemporanei. E volle evidenziarlo.

Al centro della tavola cuspidata si staglia la figura di Francesco, immagine vivente di Gesù, come dimostrano la presenza delle stimmate, il palmo della mano destra aperto in un saluto benedicente – segno della sua adesione al messaggio evangelico – e il vangelo stesso, che coincise con la sua missione. Francesco veste il saio, l’indumento dei contadini e dei ceti sociali più poveri, cinto in vita da una corda che ha, qui, valore penitenziale. Sotto il cappuccio, ripiegato a destra, è evidente l’inconfondibile tonsura.

La sacralità della figura, accentuata dalla posa ieratica e dal fondo oro, fa da contrappunto al registro narrativo delle scene laterali che riportano miracoli francescani, avvenuti in vita e post mortem.  I primi due, partendo dall’alto a sinistra, sono episodi celebri. Con la ricezione delle stimmate inizia il racconto pittorico, il quale non segue un ordine cronologico e mira, piuttosto, a sottolineare l’identificazione di Francesco con Cristo. 

Segue la predicazione agli uccelli, colombe, cornacchie e monachine per l’esattezza., come ebbe a spiegarci Tommaso da Celano, primo biografo del santo. Queste creature alludono agli esseri umani più umili, perfetti interlocutori e ricettori del messaggio francescano.

E sempre Tommaso da Celano racconta i quattro episodi che seguono, “letti e annunciati al popolo presente papa Gregorio”, utili alla causa di santificazione. In ordine di apparizione, sulla tavola toscana, sono la Guarigione della bambina e, sull’altro lato, il miracolo degli storpi, il miracolo degli zoppi, il miracolo degli ossessi.

A guardare bene c’è qualcosa di familiare in tutto questo. L’iconografia cui ricorre Bonaventura sembra, infatti, molto simile a quella di solito usata per Gesù in situazioni analoghe così come le cita un passo del Vangelo di Matteo: “ I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti si sollevano e i poveri ricevono la buona novella.”