Francesco negli Usa ha ridisegnato il cammino della Chiesa
C’è un filo che lega il viaggio negli Usa al messaggio per la Giornata mondiale della Gioventù pubblicato ieri: la via della misericordia, del cuore e delle piccole cose. Sui valori da difendere cambia la gerarchia - prima i poveri, i rifugiati, l'ambiente - e la modalità di proporli, senza guerre culturali.
Il viaggio di Papa Francesco negli Stati Uniti si è concluso il 27 settembre con la Santa Messa conclusiva dell’Incontro mondiale delle famiglie a Filadelfia. Appena tornato, il 28 settembre, il Papa ha reso pubblico il Messaggio conclusivo per la Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà nel 2016 a Cracovia. C’è un filo che lega il viaggio al messaggio: la via della misericordia, del cuore e delle piccole cose.
Nella Messa a Filadelfia, Francesco ha parlato alle famiglie dei «gesti minimi, che uno impara a casa; gesti di famiglia che si perdono nell’anonimato della quotidianità, ma che rendono ogni giorno diverso dall’altro. Sono gesti di madre, di nonna, di padre, di nonno, di figlio, di fratello. Sono gesti di tenerezza, di affetto, di compassione. Gesti come il piatto caldo di chi aspetta a cenare, come la prima colazione presto di chi sa accompagnare nell’alzarsi all’alba. Sono gesti familiari. È la benedizione prima di dormire e l’abbraccio al ritorno da una lunga giornata di lavoro». L’amore «si esprime in piccole cose, nell’attenzione ai dettagli di ogni giorno che fanno sì che la vita abbia sempre sapore di casa».
Questi gesti possono sembrare di poco conto rispetto alle grandi sfide sociali, politiche, culturali. Il Papa assicura che non è così. Considera il fatto che un milione di persone abbiano partecipato all’evento di Filadelfia «già in sé stesso qualcosa di profetico, una specie di miracolo nel mondo di oggi, che è stanco di inventare nuove divisioni, nuove rotture, nuovi disastri». E invita a diffondere la «profezia della pace, della tenerezza e dell’affetto familiare».
È la via delle piccole cose di Santa Teresa del Bambino Gesù e della misericordia in azione di Santa Faustina Kowalska, le due sante predilette e più spesso citate dal Papa. Nel messaggio ai giovani, Francesco ricorda che la GMG dedicata alla misericordia cadrà nell’Anno Santo della Misericordia. Il Papa vorrebbe che ogni giovane che si recherà a Cracovia percepisse lo sguardo di Gesù, «questo sguardo d’amore infinito, che al di là di tutti i tuoi peccati, limiti, fallimenti, continua a fidarsi di te e guardare la tua esistenza con speranza».
Santa Faustina insegna che, chi sperimenta la misericordia del Signore, diventa strumento di misericordia per gli altri. Francesco invita i giovani ad apprendere e ripetere la preghiera della suora polacca: «Aiutami, o Signore, a far sì che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c’è di bello nell’anima del mio prossimo e gli sia di aiuto. Che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori ed ai gemiti del mio prossimo. Che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono. Che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni. Che i miei piedi siano misericordiosi, in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza. Che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo». Il Papa chiede anche ai giovani, che a Cracovia incontreranno tante testimonianze della vita di San Giovanni Paolo II, di rileggere l’enciclica «Dives in misericordia» di Papa Wojtyla.
In fondo, sta qui l’essenza della tappa americana del viaggio di Papa Francesco. Un viaggio difficile, ma che ha manifestato ancora una volta le priorità e lo stile di questo pontificato. Possiamo riassumerne gli insegnamenti in tre passaggi.
In primo luogo, il Papa è ben consapevole che il nostro mondo vive una situazione di degrado antropologico, che coinvolge soprattutto i giovani. Per raggiungerli e farsi ascoltare, le grandi narrative dottrinali – così pensa Francesco – sono di scarso aiuto. I giovani, e anche i meno giovani, sono sempre meno disponibili ad ascoltarle. Più che un discorso, aspettano che si proponga loro un percorso. La via del cuore, appunto, la via delle piccole cose e dei piccoli gesti di Santa Teresa del Bambino Gesù.
In secondo luogo, quelli che oggi colpiscono per primi molte persone generose – ancora, specialmente i giovani, ma non solo loro – nella grande crisi mondiale che stiamo attraversando sono i problemi dell’ecologia e delle spaventose ingiustizie create dalla tecnocrazia finanziaria e dalla logica del potere e del puro profitto, di cui fanno dolorosa esperienza anzitutto le vittime delle guerre, i rifugiati, gli immigrati, i senzatetto. Questi problemi sono le priorità di Papa Francesco, ma il Papa si rende conto che non sono gli unici. Anzi, vorrebbe dare il senso che le varie dimensioni della crisi mondiale sono collegate, e separarle è sbagliato. Gli stessi poteri forti responsabili della tecnocrazia finanziaria e dell’imperialismo economico attaccano la vita, il matrimonio e la famiglia con l’aborto, la droga e le «colonizzazioni ideologiche» – espressione che nel linguaggio del Papa indica la teoria del gender e le sue conseguenze pratiche –, e attaccano la Chiesa minacciando la libertà religiosa.
È questa la terza parte del messaggio del Papa negli Stati Uniti, la più difficile perché corrisponde meno alla mentalità della parte più combattiva dell’episcopato statunitense. Bisogna abbandonare le battaglie per la vita, la famiglia, la libertà religiosa? Certamente no. Sono, Francesco lo ha ripetuto, elementi irrinunciabili della dottrina della Chiesa e dello sviluppo umano integrale. Ma queste battaglie vanno combattute con due avvertenze. La prima è che è sbagliato isolare vita e famiglia dal contesto più generale della dottrina sociale come Papa Francesco la presenta, che comprende anche i diritti dei poveri, dei rifugiati, degli immigrati, dei senzatetto, dell’ambiente. Una Chiesa che desse l’impressione di privilegiare soltanto alcuni temi, trascurandone altri, non sarebbe secondo Francesco una Chiesa credibile.
La seconda avvertenza è che la terza parte Negli Usa del messaggio deve tenere conto della prima. Se oggi le grandi narrative sono cadute, e l’unica via che permette di parlare ai giovani e alle immense «periferie» lontane dalla Chiesa è la via della misericordia e del cuore, non è più tempo di «culture wars» e di puntigliose riaffermazioni della dottrina. Queste riaffermazioni non sono certamente false – non senza umorismo, il Papa si è perfino offerto in aereo di recitare il Credo per convincere chi lo accusa di non essere cattolico – ma rischiano di lasciare il tempo che trovano. Se si vogliono difendere la vita, la famiglia e la libertà religiosa – Francesco negli USA ha anche molto insistito sulla libertà di educazione, completando il quadro di quelli che Benedetto VI chiamava principi non negoziabili, un’espressione che il suo successore non ama – oggi si tratta di riproporre questi valori con umiltà, pazienza, dolcezza. Si tratta di mostrare la bellezza della famiglia come il luogo delle piccole cose buone e dei piccoli miracoli. A partire di qui, si potrà ricostruire anche il quadro più grande. È una via lunga e difficile. Ma per Francesco è l’unica praticabile oggi.