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Francesco, la sepoltura fuori mura e la salute

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L'annunciata preparazione della tomba tiene alto l'allarme sulle effettive condizioni di salute del Pontefice. In Vaticano e non solo, infatti, sono in pochi a credere che gli ultimi acciacchi siano stati causati solamente da una semplice bronchite.

Ecclesia 14_12_2023

Francesco conferma le voci che circolavano da qualche settimana in Vaticano: si è già fatto preparare la tomba. A sorpresa, però, non sarà nelle Grotte Vaticane ma nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Lui stesso lo ha rivelato in un'intervista alla vaticanista messicana Valentina Alazraki. D'altra parte, era difficile pensare che un Pontefice pronto a preoccuparsi dell'assegnazione degli appartamenti di prelati come monsignor Georg Gänswein ed il cardinale Raymond Leo Burke potesse trascurare, alla soglia degli 87 anni, il luogo della sua sepoltura.

L'annunciata preparazione della tomba tiene alto l'allarme sulle effettive condizioni di salute del Pontefice. In Vaticano e non solo, infatti, sono in pochi a credere che gli ultimi acciacchi siano stati causati solamente da una semplice bronchite per la quale sarebbe, secondo molti, esagerata la necessità di ricorrere ad una tac. Nell'ultimo anno si sono intensificate da parte sua le battute su un eventuale successore, su viaggi che non riuscirà a fare ed ora persino sulla designazione della tomba. 

Nel colloquio con l'emittente N+, inoltre, Bergoglio ha svelato di aver già parlato con i cerimonieri pontifici per avere una semplificazione dei funerali papali che - ha detto - «saranno molto più semplici». Da San Paolo VI in poi la semplicità ha contraddistinto le esequie papali, emozionando ed esortando alla riflessione persino gli osservatori non cattolici: indimenticabili le parole di Montini che nel suo testamento, letto con attenzione da San Giovanni Paolo II pochi mesi dopo l'elezione, chiedeva un «apparato umile e decoroso» e una tomba «nella vera terra», senza monumento.

Disposizioni di cui tennero conto anche i suoi successori, abituandoci alla bara di legno grezzo a terra sul sagrato, con la pioggia a dirotto per Giovanni Paolo I e Benedetto XVI e il vento a sfogliare le pagine del Vangelo per Giovanni Paolo II. Difficile immaginare funerali più semplici di così, in particolare di quelli di Benedetto XVI, morto da non più regnante, ancora ben impressi nella mente di tutti noi.

Nell'intervista ad Alazraki Francesco ha parlato del suo rapporto col predecessore, sostenendo che fosse «molto stretto». Proprio le esequie del primo Papa emerito della storia, però, hanno dimostrato quanto la narrazione di una convivenza tutta rose e fiori con quel «nonno» di soli nove anni più anziano fosse non pienamente corrispondente al vero. Più fonti sono concordi nel ricordare una certa rigidità di Francesco in quei giorni, quando fu deciso - pare dopo non poche sollecitazioni - di fissare la cerimonia il giovedì 5 gennaio e non prima, nonostante alcuni membri del collegio cardinalizio avessero pregato di spostarlo almeno a sabato per permettere di arrivare a Roma senza patemi.

Poi la traslazione della salma dalla cappella del Mater Ecclesiae alla Basilica, all'alba, in un furgoncino seguito da una ristrettissima processione nonostante l'andirivieni al monastero di amici, dipendenti e fedeli nelle prime 24 ore e quella brevissima omelia senza alcuna menzione del defunto che aveva fatto indignare, tra gli altri, il cardinale George Pell.

Al di là della diversità nella linea di pontificato, ormai impossibile da negare dopo le rivelazioni del libro Nient'altro che la verità di monsignor Gänswein e dopo la lettera al nuovo prefetto Víctor Manuel Fernández circa il ruolo del Dicastero per la Dottrina della fede, nel rapporto tra gli ultimi due Papi ha pesato una componente caratteriale. Nell'atteggiamento pubblico di Francesco deve aver influito il confronto con un predecessore in vita, considerato peraltro uno dei più grandi teologi del Novecento, protagonista del Concilio Vaticano II poco più che trentenne, braccio destro per più di vent'anni di un altro predecessore santo e ancora amatissimo.

Probabilmente è umano e ciò deve aver portato a fare degli errori, come in occasione della morte dell'ormai Papa emerito. Elementi, però, che uniti alle ricostruzioni del quasi decennio di convivenza fatte da Gänswein possono far sollevare qualche perplessità sull'effettiva esistenza di un rapporto «molto stretto» tra i due. Questa, comunque, sarà presumibilmente materia per gli storici quando arriverà il fischio dell'arbitro, la partita sarà finita e le tifoserie avranno lasciato gli spalti.