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FINANZIARIA

Fra reddito e Quota 100 è la manovra delle illusioni

La speranza, ovviamente, è che le promesse si possano avverare: più crescita, più posti di lavoro, più equità, meno povertà. Ma la realtà dei fatti induce a qualche cautela. Sia la riforma delle pensioni (Quota 100) che il reddito di cittadinanza daranno benefici dubbi in futuro, ma costano molto nel presente. 

Economia 17_10_2018
Salvini (quando era all'opposizione)

La speranza, ovviamente, è che le promesse si possano avverare: più crescita, più posti di lavoro, più equità, meno povertà. Ma la realtà dei fatti induce a qualche cautela perché ci sono molti aspetti, nella manovra approvata dal Governo a metà ottobre, che lasciano perplessi nelle motivazioni e più che pessimisti nei risultati.

La manovra del cambiamento, ribattezzata anche manovra del popolo, rischia infatti concretamente di trasformarsi in una manovra delle illusioni non solo perché sarà difficile raggiungere i risultati promessi, ma anche perché i costi a breve e medio termine potranno essere ben più alti dei benefici. Prendiamo il capitolo pensioni. Viene archiviata la riforma Fornero del 2011 e viene introdotta, pur con gradualità la quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi)  consentendo quindi un’uscita anticipata rispetto alle norme attuali di circa 400mila lavoratori. La logica di questa riforma risponde ad una motivazione ideologica, dimostrare che erano sbagliate le riforme del passato, e ad un sogno per il futuro: che si possano creare le condizioni per assumere altrettanti  giovani.

La motivazione ideologica risponde solo ad un ben preciso calcolo elettorale: cercare il consenso sia di quanti sono stati “colpiti” dalla riforma, sia di quanti possono anticipare la loro pensione. Il sogno si basa su di una illusione: non è per nulla scontato che ogni anziano che esce un giovane può entrare. Infatti è più che probabile che le imprese, in ogni settore, possano approfittare delle uscite per riorganizzare il lavoro, per incrementare l’automazione, per ridurre i costi. E poi in molti casi l’uscita degli “anziani” può indebolire le imprese perché perdono competenze, professionalità ed esperienza. Senza dimenticare che chi andrà in pensione con la quota 100 dovrà prevedere un taglio del 20/25% della pensione che avrebbe ottenuto lavorando fino a 67 anni. E inoltre molto probabilmente non potrà, se non in piccola parte, cumulare altri redditi. Questo sarà un incentivo al lavoro nero e all’evasione fiscale oppure all’ozio forzato dimenticando che la nostra dovrebbe essere “una Repubblica fondata sul lavoro”.

Con questa riforma delle pensioni si rischia di avere un forte aggravio per i conti dell’Inps che si vedrà ridurre i contributi (dato che anche nel caso in cui venissero assunti altrettanti giovani i loro salari, e quindi i contributi, saranno decisamente inferiori) ed aumentare le uscite, anche di cosiddetti “pensionati d’oro” che si vedranno togliere con una mano quello che viene loro dato con l’altra. Sì perché nella riforma è previsto anche il taglio alle pensioni superiori ai 4500 euro al mese. In effetti nel contratto Lega-5stelle era previsto un ricalcolo delle pensioni più alte per tener conto dei contributi versati; ora sembra che il taglio avverrà sulla base dell’età di pensionamento. Vi è da notare che nelle audizioni in Parlamento tutti gli esperti hanno sottolineato come una misura di questo tipo sia palesemente incostituzionale, oltre che iniqua. Ma i 5stelle ne hanno fatto un punto d’onore come se la battaglia contro la ricchezza, anche se creata con merito e passione, fosse una parte necessaria della lotta alla povertà. Un retaggio più del comunismo che del populismo.

A questo proposito nella manovra non manca il cosiddetto reddito di cittadinanza. Una misura che può essere utile per aiutare persone in difficoltà alla ricerca di un nuovo lavoro. Utile nella misura in cui si riuscirà a non trasformarla in un incentivo al non far niente o, ancora una volta, al lavoro nero.