Flat tax, si parte male per le famiglie numerose
Flat tax, qualcosa non quadra: il tetto di 50mila euro fissato da Salvini è su base reddituale famigliare e non considera la progressività dei figli: penalizzata la famiglia numerosa che supera di poco la soglia. Sberna: «Ci risiamo, non si tiene conto che il reddito va "pesato" sul numero di figli». Il docente di Scienze della Finanza alla Nuova BQ: «Così si spingono le famiglie a restare piccole». Ecco perché serve un correttivo: appunti per il ministro Fontana.
La flat tax annunciata da Matteo Salvini subito dopo la vittoria elettorale è sicuramente uno dei cavalli di battaglia su cui la Lega punterà maggiormente in questi mesi, ma al momento non è che un annuncio. E soprattutto, per come è stata illustrata da Salvini martedì scorso, si preannuncia come una rivoluzione fiscale che penalizzerà ancora una volta le famiglie con tanti figli.
Stando a quanto ha detto Salvini, dato che non ci sono ancora progetti concreti da guardare anche se si garantisce che «i tecnici della Lega l’hanno studiata», la flat tax al 15% dovrà riguardare «imprese e famiglie fino a 50mila euro di reddito».
Perché 50mila? Perché secondo uno studio del professor Massimo Baldini, docente all’Università di Modena di Scienze delle Finanze e del Fisco - intervistato ieri da Repubblica - l’80% delle famiglie italiane rientra in questa categoria.
Ora, è bene anzitutto chiarire che dal punto di vista delle politiche famigliari questa riforma, che attiene al sistema fiscale non ha nulla a che vedere con la riforma degli assegni promessa dal Ministro della Famiglia Fontana che invece attiene al sistema degli incentivi al reddito. Questa, secondo il decreto visto in anteprima dalla Nuova BQ dovrebbe avere una platea estesa su tetto reddituale Isee fino a 50mila euro e quindi coprire una platea vastissima di utenti.
Diverso il caso della flat tax a cui stanno lavorando i tecnici del Carroccio. In attesa che si chiarisca come si farà a trovare la copertura di 30 miliardi di cui parla Salvini, un primo neo di questa riforma salta all’occhio.
La riforma infatti fissa un tetto reddituale senza tenere conto del numero dei figli. Ne consegue che a beneficiare della tassa piatta al 15% potrebbero essere famiglie con un solo figlio mentre famiglie con 4 o più figli e reddito superiore anche di poche migliaia di euro all’anno potrebbero restare a bocca asciutta e quindi trovarsi discriminate.
Ad esempio: se una famiglia di padre, madre e un solo figlio a carico guadagna 45mila euro all’anno potrà avere il nuovo sistema fiscale agevolato, se invece una famiglia ha un reddito di 55mila euro, ma 4 bocche da sfamare, ecco che dovrà rientrare nel sistema fiscale ad aliquote e quindi si vedrà discriminata rispetto a quell’altra.
E’ ovvio che 10mila euro di differenza non possono risultare decisive per definire una famiglia che ha una elevata capacità di risparmio/spesa o no, perché il criterio non può essere dato solo dallo stipendio, ma anche dall’effettiva composizione del nucleo famigliare. Tenuto conto che, spesso, per poter avere un reddito dignitoso, molte mamme di famiglie numerose sono costrette a lavorare.
Non è solo la Nuova BQ ad essersi accorta della stranezza, ma anche Mario Sberna, presidente dell’Associazione Famiglie Numerose, il quale ha confermato i timori che «si tratti della solita riforma all’italiana che non tiene mai conto del fatto che lo stipendio di un padre di famiglia va “pesato” sul numero di bocche da sfamare che ha».
«Avete ragione - ci risponde Massimo Baldini - effettivamente è vero, ma quando si mettono delle soglie di questo tipo si fanno dei guai. Con questa logica si spingono le famiglie a restare piccole perché è chiaro che se hai più figli il tuo reddito deve essere più alto. Non c’è dubbio che questo meccanismo è penalizzante per le famiglie numerose e pertanto bisognerebbe introdurre dei correttivi».
Correttivi, dunque, sembra essere la parola magica per adeguare la riforma fiscale su base reddituale e per numero di figli. E le associazioni di tutela delle famiglie non mancheranno di farlo notare non appena ci sarà un testo chiaro da esaminare.
Quel che resta è l’impressione di una cecità di fondo che produce un’incapacità di vedere i problemi con uno sguardo generale. «E’ micidiale questo atteggiamento - conclude - in un Paese che fa pochi figli e in cui le donne lavorano poco, introdurre una base imponibile familiare senza tenere conto del numero di figli, ed è effettivamente curioso che il governo che più di tutti parla di figli e di rilancio delle politiche familiari, poi si dimentichi di loro nel momento decisivo di una riforma fiscale».
Che fare? Sicuramente converrà che il ministro della Famiglia Fontana si prenda in carico la discriminazione e ponga mano a quest’abbozzo di riforma. Anche se si tratta di materia fiscale e non di politiche di incentivi, è suo compito sollecitare il governo in chiave family friendly su tutti i provvedimenti, perché la sua sfera di competenza è questa.