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IL CASO LUPI

Fischia il Merlo di Repubblica: ecco il corvo del fango

“I peccati di famiglia”, è il titolo della paginata che la migliore firma di Repubblica, Francesco Merlo, dedica al ministro Maurizio Lupi. Un linciaggio fatto di falsità, calunnie e violenza anche contro la famiglia del ministro e i cattolici di Cl. Il più infame esempio della macchina del fango del giornalista repubblichino.

Politica 20_03_2015
Francesco Merlo, giornalista di Repubblica

Lasciamo perdere Repubblica, la turbo Ferrari del fango che in questi giorni di bassa macelleria giustizialista ha riacceso i motori portandoli al massimo dei giri. Il quotidiano del Tribunale del popolo e degli interessi debenedettiani ci va a nozze con la valanga di fascicoli, intercettazioni, anni di indagine sul cosiddetto “Sistema”. La cricca che, secondo i giudici della Procura di Firenze, spadroneggiava nel ministero delle Infrastrutture, regalando dolci, abiti di “taglio sartoriale”, biglietto aereo per Bari e un Rolex da 10mila euro (il più economico tra quelli della categoria) al figlio del ministro Lupi in occasione della laurea. E le tangenti? Robetta preistorica, dice la Procura, oggi non si usano più. E cosa usano adesso? Boh, le 260 pagine dell’ordinanza non chiariscono il mistero: quel che si sa è che l’obiettivo grosso, il ministro pericolo pubblico da incastrare e abbattere, alla fine non risulta neppure indagato. 

Dunque, lasciamo Repubblica, house horgan del fu popolo in camicia viola e dei neofasci-chic, rotolarsi nel suo fango.  Ma che uno come Francesco Merlo si permetta di dare del padre corrotto e corruttore e tagli la testa a tutti i cattolici amici del ministro, è davvero troppo. Anche per il più indecente degli imbrattafogli. L’articolessa su Repubblica firmata dal priore del Nuovo Ordine dei Giusti, ha come titolo “I peccati di famiglia”, sufficiente a farsi un’idea di quello che sarà il bersaglio del grafo-linciaggio cui Merlo difficilmente resiste. Una paginata fitta fitta che non scopre neppure l’ombra di un reato, però è ricca di estetici deliri, esagerazioni fantasiose e menzogne sostanziose. Più che portare (o ricevere) acqua alle tesi della Procura, l’articolo di Merlo è una specie di cartella clinica dello stato mentale dell'autore, di questo Rushdie de ‘noantri (copyright Marco Travaglio) sempre pronto a scrivere, quando la direzione comanda, editoriali e colate di rabbiosa indignazione prêt-à-porter

Chi lo conosce lo descrive così: un prototipo perfetto del gauchiste che scrive volentieri da Parigi (come la collega Spinelli pure lui ha il vezzo di abitare nella Ville Lumière), sempre con la presunzione e la supponenza dell’eletto, permettendosi perfino il vizio dell’ignoranza e del razzismo culturale che debordano da ogni riga, da ogni parola, da ogni virgola. Esageriamo? Beh, ecco un assaggino della prosa merlesca: «Con il suo viso da bambino con le rughe, Lupi è molto più sobrio, preferisce la penombra del ministero dell’Ingegneria Pubblica dove governa una rete di sostanze economiche fatta di intimità e ferinità di rapporti, con una legge che sta fuori dalla legge, garantendo tuttavia alla sua cattolicissima famiglia una piacevole sensazione di virtù». Ecco, la demonizzazione non solo del malcapitato, ma pure della famiglia che per forza di cose dev’essere complice e fruitrice dell’immondo bottino. Tecnica che il maestrino dalla penna rossa deve avere imparato da Pol Pot: massacrare il nemico a prescindere dai fatti e dalla verità. Cose del resto poco in conto dalle parti di Repubblica. Dalla mafia, invece, deve aver appreso la pratica dell’esecuzione multipla: far fuori il condannato e preparare il bagno nell’acido per i suoi familiari. Il risultato è garantito e non si salva più nessuno. 

Pure don Giussani viene resuscitato da Merlo e costretto a servire al suo implacabile waterboarding. «Dunque», scrive lil corvo di Repubblica, «don Giussani questo avrebbe detto a Lupi: “Per duemila euro al mese hai venduto il tuo Luca all’Italia rapace che nessuno conosce meglio di te”. Lo ha infatti ceduto a quel Francesco Cavallo detto Frank, che portava dolciumi e regali al segretario (anche lui di Cl) e pagava il biglietto aereo alla signora Lupi. Ha regalato suo figlio all’ingegnere Stefano Perotti e a Ercole Incalza, anche lui ingegnere che si ingegnava tra cavilli e tangenti e non era solo il Dominus italiano delle opere pubbliche ma anche l’ideologo di Ncd»… «Un papà che invece di liberare il figlio, laureato del Politecnico di Milano con il massimo dei voti, di allontanarlo da sé raccomandandolo per esempio agli Ingegneri veri e ai capomastri con i calli da lavoro, lo aveva dannato e ora lo continuava a condannare alla Corruzione di Stato». Eccolo l’inferno in Terra che appare in visione al becchino di Repubblica: un gorgo abissale dove bruciano i corrotti: lo Stato, il ministro in gessato blu, la moglie in aereo, il figlio col Rolex, l’Ncd di Alfano, il governo Renzi.  N’apocalisse, una fossa biologica o roba da ospedale psichiatrico? Fate voi, ma s’è mai letto qualcosa di più repellente?

Beh, sì. Basta scendere di qualche riga. Cambia la scena: ecco sfilare nelle loro tute arancione, come gli ostaggi dell’Isis, i cattolici di Cl e della Compagnia delle Opere, pronti per essere sgozzati dall’avanguardista repubblichino.  L’accusa: «Gran fumo di clericalismo simoniaco, presunte truffe, denunzie, scandali, ricatti, minacce e processi penali che hanno accompagnato il miracolo economico di Cl». E ancora: «Lupi è un cattolico che fa dell’Avvenimento cristiano l’uniforme della propria vita anche politica… una nuova umanità che incontra Gesù e controlla che ora è nel Rolex regalato al figlio, così come Formigoni mangiava pesce e beveva champagne a Sacro Sbafo». Grande esempio di giornalismo d’inchiesta e laica informazione. Insomma, un fanatico come l’imam Merlo, oggi di stanza a Parigi, avrebbe un radioso futuro nell’esercito del Califfato, tra “Jihadi John” e John Cantlie, il reporter dei tagliagola. Qualcuno dovrebbe subito raccomandarlo ad al-Baghadi.