Firma col copia-incolla: l'ultimo imbroglio del cardinal Tucho
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Le firme del Papa e del Prefetto per la Dottrina della Fede sulle risposte circa l'ammissione di gay e trans ai sacramenti non sono autentiche, ma prese da un altro foglio male scansionato. Con la nuova gestione al Dicastero una svista tira l'altra.
I lettori ricorderanno la figura barbina che don Dario Edoardo Viganò fece nella primavera del 2018, quando pubblicò solo parzialmente la famosa lettera che Benedetto XVI scrisse in occasione della collana di undici volumetti sulla teologia di Papa Francesco. Il caso volle che ad essere omesso fu proprio il paragrafo nel quale il Papa emerito respingeva ogni collaborazione, affermando, secondo il suo stile, di non avere sufficiente tempo per leggere quelle pubblicazioni.
L’omissione riguardava l’intera seconda pagina della lettera, mentre le ultime due righe della prima – nuovo paragrafo che Ratzinger iniziava con un «tuttavia non mi sento di scrivere su di essi» –, apparivano volutamente sfocate e illeggibili. Allora fu scandalo e giustamente: Viganò dovette presentare le sue dimissioni e Papa Francesco gli trovò casa, creandogli ad hoc l’ufficio di assessore per il Dicastero della Comunicazione.
Quella però fu una manomissione da nulla rispetto a quella architettata da qualcuno del Dicastero per la Dottrina della Fede. Il sito croato Vjera i djela, in un articolo di Snježana Majdandžić-Gladić, rivela un dettaglio inquietante, che i lettori potranno poi verificare da sé. Nelle Risposte ad alcune domande di mons. José Negri del 3 novembre scorso, la firma del Papa e quella dello stesso cardinal Fernández non sono autentiche. «Basta scaricare il PDF sul tuo computer e cliccare sulla firma alla fine, e vedrai che si tratta di un’immagine mal scansionata e tagliata, semplicemente incollata sul testo scritto in Word, e non un documento scansionato che il Papa ha davvero firmato», spiega Majdandžić-Gladić. Provare per credere. Che si tratti di un copia e incolla di una scannerizzazione lo si può verificare anche ingrandendo la firma: si potrà notare facilmente la sgranatura dell’immagine lì incollata.
Una “svista” clamorosa di Fernández, il quale, a quanto pare, non solo scrive in piena autonomia tutto quello che vuole, ma adesso inaugura anche il fai-da-te sulle firme del Papa. Perché lui o chi per lui lo abbia fatto non è chiaro e, continua il giornalista croato, «non è ancora noto se la firma del Papa sia stata inserita su qualcos'altro che ha approvato quel giorno, o se la Risposta sia stata completamente falsificata, magari all'insaputa del Papa».
Non che vi siano dubbi sul fatto che il Papa sia sostanzialmente d’accordo con quello che ha scritto Fernández, ma è, come minimo, una questione di decenza, con dei risvolti legali innegabili. Falsificare una firma in un atto pubblico è reato anche in Vaticano? Quel documento, tra l’altro, perde anche il suo valore di ufficialità oltre al fatto che, come abbiamo scritto, il contenuto è più che discutibile.
Che Fernández sia un apprendista falsario? Che, non pago di manomettere i testi citati nei documenti da lui scritti, adulterandone il significato e tranciando i paragrafi (vedi qui e qui), adesso si mette pure a falsificare le firme? Comunque sia, rimane appunto un apprendista, perché le varie manipolazioni non sono poi così sottili da passare inosservate.
È troppo esigere una chiarificazione ufficiale sulla questione? Sono diverse le domande che attendono una risposta adeguata e pubblica: da quale altro documento del 31 ottobre 2023 è stata scansionata la firma del Papa e di Fernández? Si tratta di un’altra versione delle risposte a mons. Negri o di un documento completamente diverso? Per quale ragione è stata fatta questa operazione? Chi l’ha ordinata e chi ne era a conoscenza?
Vista la facilità alla falsificazione negli ambienti del Dicastero a partire dal 1° luglio, perché non desegretare la Nota del 21 dicembre 2018, che il Prefetto ha richiamato in apertura del suddetto documento come prova della continuità di questo pronunciamento con quanto la CDF avrebbe affermato in passato? E perché non pubblicare anche l’originale delle domande del vescovo di Santo Amaro, come è stato fatto per i dubia dei cinque cardinali?
Ma i punti da chiarire non finiscono qui. Da quando "Tucho" è stato posto a capo del DDF, sul sito del Dicastero non compaiono mai i documenti trascritti e tradotti in diverse lingue, come di consueto, ma solo le versioni pdf di precedenti file Word. Per quale ragione? Taglio del personale?
Majdandžić-Gladić fa anche notare che «dal 1° luglio 2023 i documenti del Dicastero non hanno più uno stemma ufficiale in testata, inoltre non hanno né testata, né numero d'ordine, né altri consueti riferimenti ufficiali, ma sono regolarmente testi che non differiscono da qualsiasi altra lettera privata, fatta eccezione per la firma finale del Papa e del Prefetto». E sempre dall’inizio della gestione Fernández, come abbiamo già avuto modo di far notare, sono scomparse altre caratteristiche significative: sparito il riferimento ad una eventuale Sessione Ordinaria o Plenaria del Dicastero con rispettiva data, così come la firma congiunta del Prefetto e del Segretario, elementi che portano a sospettare che Tucho agisca praticamente da solo; nessuna formulazione che indichi che il Papa abbia approvato il documento e ordinata la pubblicazione, nessuna consueta dicitura finale “Dato a Roma, dalla Sede del Dicastero per la Dottrina della Fede, il gg/mm/aa, Memoria/Festa/Solennità di NN”. È dato conoscere le ragioni per queste ormai ripetute omissioni?
Per comprendere quanto sia caduto in basso il Dicastero che fu di Ratzinger, basta poi dare un’occhiata agli errori presenti nella risposta al cardinale Duka: “Giovani Paolo II” alla nota 4 e “Benetdetto XVI” alla successiva; Amoris laetitia in corsivo, mentre Mitis iudex in tondo; criteri delle note non uniformi; virgolette che si aprono ma non si chiudono. Certamente tutti possiamo fare errori, ma quando si tratta di documenti ufficiali più revisioni del testo sono d’obbligo. Altro indizio che evidentemente questa revisione non c’è stata e che Fernández è stato messo in squadra per fare reparto da solo. Il problema è che non è Maradona.
Lo stile Fernández: violentare le citazioni, per minare la fede
La nomina di Fernández a prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede ha impresso un’accelerazione al processo di dissoluzione del cattolicesimo avviato da Francesco. Basta analizzare le caratteristiche dei cinque documenti fin qui da lui emessi.
Il "metodo Tucho": stravolgere la dottrina mediante la prassi
A furia di fughe in avanti ciò che è stato percepito fino a ieri come eretico, la coscienza collettiva lo giudicherà come evangelico. Per via sinodale o meno, purché si rompa con il passato.
Tucho libera tutti: l'unico peccato è il clericalismo
Dalla cattedra di Facebook il card. Fernández impartisce l'assoluzione linguistica: anche la parola "peccatore" è considerata offensiva. E guai a chi ricorda che la porta evangelica è "stretta".