A suon di ambiguità Fernández battezza il gender
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Come procedere se il battezzando o il padrino o la madrina è omosessuale o trans? Tra amnesie e acrobazie il cardinal prefetto tira in ballo anche i santi per sostenere la sua "agenda".
La sostanza delle risposte (scaricabili qui) del Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede ad alcune questioni sollevate il 14 luglio di quest’anno dal vescovo di Santo Amaro (Brasile), mons. José Negri, è l’ennesima prova della sua volontà di andare per la propria strada, che purtroppo non coincide con quella della Chiesa cattolica. In sostanza, per il cardinal Fernández, con approvazione del Papa, non sussisterebbe alcun problema a battezzare né persone trans né omosessuali conviventi, né a permettere loro di essere padrini o testimoni di nozze. L’unica accortezza sarebbe quella di non «generare pubblico scandalo o disorientamento nei fedeli».
La risposta, sottoscritta dal Papa il 31 ottobre 2023, scritta su semplici fogli bianchi non intestati e senza riportare il testo di mons. Negri, fa strike delle più ovvie risposte che si dovrebbero dare se si considerassero la dottrina della Chiesa e il Diritto Canonico. Ossia che il Battesimo può essere conferito ad un adulto solo se debitamente disposto nella professione della fede e nella vita morale. Chiamasi “catecumenato”, il quale non è un corso di formazione che conferisce un diploma se si frequentano i due terzi delle lezioni, ma un cammino serio nel quale si accompagna la persona perché raggiunga le disposizioni per cooperare con la grazia che andrà a ricevere. È dunque un dato acquisito che laddove non vi sia la volontà di rompere con una vita di peccato, il Battesimo dev’essere rinviato.
L’altra questione riguarda il ruolo di padrino o madrina. Il can. 874 - §1 spiega chiaramente i requisiti che deve possedere: «sia cattolico, abbia già ricevuto la confermazione e il santissimo sacramento dell'Eucaristia, e conduca una vita conforme alla fede e all'incarico che assume». Non c’è bisogno di ulteriori commenti. Diverso è invece il testimone di nozze, che di per sé potrebbe anche non essere cattolico: il suo dovere è infatti semplicemente quello di testimoniare dello scambio delle promesse matrimoniali tra i nubendi.
Poi c’è l’ambigua risposta alla quarta domanda. Mons. Negri chiedeva se «due persone omoaffettive possono figurare come genitori di un bambino, che deve essere battezzato, e che fu adottato o ottenuto con altri metodi come l’utero in affitto». La risposta appare fuori tema: «Perché il bambino venga battezzato ci deve essere la fondata speranza che sarà educato nella religione cattolica». Ma il punto non è se il bambino affidato a due persone omosessuali conviventi possa essere battezzato o meno, ma se coloro che non sono genitori possano figurare come tali. E la risposta non può che essere negativa, perché la realtà è realtà: può figurare come genitore solo quello/a che eventualmente lo sia; ma è evidente che almeno uno dei due, se non entrambi, non sono genitori del bambino che si chiede di battezzare.
L’ultima risposta del Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede solleva più di un dubbio sulla sua onestà intellettuale (perché della sua cattolicità eravamo già tutti poco convinti). In questa risposta vi è infatti un aspetto in filigrana che fa capire perché i vescovi debbano insorgere e richiedere l’immediata rimozione di Fernández per manifesta inadeguatezza a svolgere l’incarico di Prefetto del DDF: non c’è una sola delle citazioni extra Franciscum che non sia stata stravolta nel suo contenuto e piegata per sostenere una tesi errata precostituita.
Anzitutto, la risposta si apre così: «Le seguenti risposte ripropongono, in buona sostanza, i contenuti fondamentali di quanto, già in passato, è stato affermato in materia da questo Dicastero». Ci si aspetterebbe un rinvio ad eventuali note, risposte, notificazioni, norme, lettere o istruzioni della Congregazione sul tema. E invece? Invece Fernández rimanda a una Nota riservata circa alcune questioni canoniche inerenti al transessualismo del 21 dicembre 2018, sub secreto pontificio. Trattasi dunque di una nota riservata, della quale si ignora il contenuto e con la quale Fernández afferma di concordare «in buona sostanza», senza però mai premurarsi di riportare una citazione. Questa dovrebbe essere la prova di una presunta continuità.
Salvo poi tacere di una risposta, stavolta pubblica, che proprio la CDF diede nel 2015, introvabile sul sito della medesima, ma citata in un comunicato del 1° settembre 2015 del Vescovo di Cádiz e Ceuta, Mons. Rafael Zornoza Boy, felicemente riportata alla memoria da LifeSiteNews. Il vescovo esponeva il caso di una donna transessuale che chiedeva di fare il “padrino” del proprio nipote. La CDF aveva dato una risposta diametralmente opposta a quella di Fernández: «A questo proposito vi informo dell'impossibilità che sia ammessa. Lo stesso comportamento transessuale rivela pubblicamente un atteggiamento contrario all’esigenza morale di risolvere il proprio problema di identità sessuale secondo la verità del proprio sesso. Pertanto è evidente che questa persona non ha il requisito di condurre una vita secondo la fede e l'incarico di padrino (CIC, can 874 §1.3), e non può quindi essere ammessa all'incarico di madrina o padrino».
Torniamo alla Nota riservata. Secondo nostre fonti, essa trattava in realtà della possibilità da parte di un bambino con “genitori” dello stesso sesso di ricevere il Battesimo. E si richiamavano principi evidenti, ossia la necessità di verificare che ci siano «la garanzia che, una volta battezzato, il bambino riceverà l'educazione cattolica richiesta dal sacramento» e «la fondata speranza che il battesimo porterà i suoi frutti», come spiegava l’Istruzione sul battesimo dei bambini del 1980, al n. 30. Gli stessi criteri si trovano anche nella Responsio del 13 luglio 1970 del cardinale Franjo Seper (cf. Notitiæ, febbraio 1971 (61), pp. 64-73). Altri testi della CDF dimenticati da Tucho.
Le amnesie di Tucho non si fermano qui. Per sostenere che il Battesimo si può ricevere anche quando non c’è il pentimento dei peccati, prende come pretesto la Summa Theologiæ (III, q. 69, a. 9), che c’entra come i cavoli a merenda; nell’articolo San Tommaso non si domanda infatti se si possa amministrare il Battesimo a un peccatore non pentito, ma solo se la finzione (mancanza della fede, disprezzo del sacramento, inosservanza del rito, mancanza di devozione, ossia di distacco dal peccato) impedisca l’effetto del Battesimo. Invece, il Prefetto si dimentica di riportare l’unico testo pertinente, l’art. 4 della quæstio 68, nel quale Tommaso spiega che se per peccatore si intende qualcuno che ha «la volontà di peccare» e «il proposito di persistere nel peccato (…) il sacramento del Battesimo non va conferito». Tommaso faceva anche notare che «non si deve mai disporre una persona alla grazia mediante l’impressione del carattere battesimale finché essa manifesta la volontà di peccare» (ad. 3).
Ma San Tommaso non è il solo ad essere stato tirato per il bavero. Anche a Sant’Agostino non è capitata una sorte migliore. Il testo citato (Discorso ai fedeli della chiesa di Cesarea, 2, vedi qui) afferma semplicemente che il carattere impresso dal Battesimo rimane quello della SS. Trinità, anche se coloro che lo hanno ricevuto aderiscono allo scisma donatista. In nessun modo sostiene che il Battesimo debba essere conferito a quanti non vogliono seguire l’insegnamento di Cristo e della Chiesa.
L’ultima palese e clamorosa violenza viene fatta a un insegnamento di San Giovanni Paolo II. Tucho stralcia sei parole di una Lettera del 22 marzo 1996, indirizzata al card. William Baum e ai partecipanti al corso annuale sul foro interno organizzato dalla Penitenzeria Apostolica. Secondo Fernández, in quella lettera il Papa esorterebbe ad accontentarsi di un «proposito di emendamento» che «nel penitente non appare in modo pienamente manifesto». Invece, il testo dice esattamente il contrario: richiede un «proponimento serio di non commetterne più [peccati] in futuro», senza il quale «in realtà non vi sarebbe pentimento»; parla di «proposito solido e generoso dell’emenda»; e solo allora precisa che «nella lealtà del proposito di non più peccare» può comunque emergere «il timore di nuove cadute», che però «non pregiudica l’autenticità del proposito, quando a quel timore sia unita la volontà, suffragata dalla preghiera, di fare ciò che è possibile per evitare la colpa». Esattamente l’opposto di quanto Fernández sostiene.
Il quale non ha alcuna remora a disarcionare i testi dal loro contesto e usarli per ribaltare la dottrina cattolica. Una vergogna.
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