Fincantieri-Stx, una sconfitta mascherata da vittoria
Dopo mesi di contenzioso, Macron riconosce a Fincantieri il possesso del 50% dei cantieri navali francesi sull'Atlantico, più il controllo per 12 anni. L'Italia canta vittoria. Ma è una sconfitta per noi e per il diritto commerciale. Ecco perché...
Si è finalmente conclusa la vertenza Fincantieri-governo francese; varrà la pena ricordare alcuni passaggi essenziali della vicenda.
Fincantieri (4.183 miliardi di euro il fatturato 2016; 14 milioni di euro l’utile 2016; 21.900 dipendenti nel 2016; 71,6% delle azioni proprietà di Fintecna, cioè dello Stato italiano) partecipò all’asta indetta dai proprietari coreani dei grandi cantieri navali francesi dell’atlantico, la Seagate technology (STX). Ne risultò vincitrice, per la miglior offerta in gara e poi anche a seguito della sentenza del tribunale coreano che respinse i ricorsi dei concorrenti battuti. Intervenne però, con vari pretesti, lo Stato francese, che dichiarò l’interesse nazionale dell’azienda (ricordo: già di proprietà coreana, non di un soggetto francese) e bloccò l’operazione.
Si aprì una fase di trattative, con Fincantieri, sostenuta dallo Stato italiano, che reclamava il rispetto degli accordi stipulati, e i francesi che facevano orecchi da mercante, trovavano ogni genere di scappatoie per non mantenere gli impegni, e minacciavano la nazionalizzazione.
La diatriba si trascinò con alterne vicende per diversi mesi, finché nel vertice italo francese di Lione, nei giorn i scorsi, Gentiloni e Macron hanno annunziato la fine delle trattative e la soluzione: 50% a Fincantieri, 50% a vari soggetti francesi; per garantire la governabilità dell’azienda, per dodici anni verrà attribuito a Fincantieri, in prestito, un ulteriore 1% delle azioni; tale prestito potrà essere revocato se Fincantieri non adempirà agli impegni assunti (e ad ora sconosciuti). Viene espressa grande soddisfazione per una soluzione che – dice Macron – vede tutti vincitori; esultanza di Gentiloni e del governo, che come al solito non capisce nulla, perché la vicenda è stata una vera e propria rapina ai nostri danni. Non fa parte della legalità nei rapporti internazionali, infatti, impedire che di obbligazioni liberamente assunte da soggetti privati venga garantito l’adempimento, come ha fatto lo Stato francese bloccando le condizioni dell’asta liberamente svolta; né che uno stato intervenga a modificare secondo i propri interessi termini e condizioni stabilite dai contraenti di obbligazioni di diritto privato.
La verità è una sola: che dall’operazione esce un solo vincitore (la Francia) e diversi perdenti: Fincantieri in primis, ma anche la legalità dei rapporti commerciali internazionali, la lealtà dei contraenti di specifici contratti, il governo italiano incapace di difendere i legittimi interessi nazionali e millantatore di risultati mai raggiunti.
E tutto questo è avvenuto in un momento nel quale soggetti francesi (Bolloré et coetera) vengono lasciati liberi di scorrazzare nel mondo imprenditoriale italiano, nel quale tentano (spesso riuscendovi) di mettere le mani su settori strategici della nostra economia, e nel quale non trovano che li contrasti neanche un giudice, né compare un qualsiasi organo di controllo che ne verifichi la correttezza dei comportamenti.
La situazione rappresentata deriva, chiaramente, dal sommarsi di tre grandi debolezze nazionali: quella politica, che in ragione sopratutto della scarsa qualità e dell’insipienza dei nostri politici consente agli altri stati di considerare l’Italia terra di conquista; quella diplomatica, che vede i nostri rappresentanti fungere da valletti dei loro colleghi di Stati più importanti; e quella imprenditoriale, caratterizzata dalla storica debolezza e dalle limitate dimensioni dei nostri soggetti finanziari e industriali.
Ma questa è l’Italia di oggi; quella di domani sarà migliore? Certo che riesca ad essere peggiore è molto difficile, ma il peggio non è mai morto.