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MANOVRA

Finanziaria, una serie di elemosine elettorali di Renzi

L’impronta elettoralistica delle misure inserite nel documento, il cui valore complessivo ammonta a 27 miliardi di euro, è evidente. Tagli, spending review e contenimento dei costi sono del tutto marginali o inesistenti, mentre si allargano, almeno a parole, i cordoni della borsa per comprare consensi elettorali.

Economia 17_10_2016
Renzi e Padoan

La legge di bilancio è stata presentata sabato dal governo e ora deve superare due esami: il primo con l’Europa, il secondo con gli italiani. Se non ci fosse il referendum alle porte, il premier avrebbe potuto preoccuparsi soltanto delle reazioni di Bruxelles, invece questa sua terza finanziaria da quando è al governo deve passare il vaglio critico dell’elettorato.

L’impronta elettoralistica delle misure inserite nel documento, il cui valore complessivo ammonta a 27 miliardi di euro, è evidente. Tagli, spending review e contenimento dei costi sono del tutto marginali o inesistenti, mentre si allargano, almeno a parole, i cordoni della borsa per foraggiare porzioni di cittadini che potrebbero risultare determinanti per l’esito del voto del 4 dicembre.

In teoria la spending review salirà fino a 3,3 miliardi di euro e consisterà in tagli su beni e servizi. A farne le spese le fasce meno abbienti di popolazione. Non viene toccato in alcun modo, invece, il cosiddetto Stato-apparato, cioè quel frastagliato e pletorico mondo della burocrazia statale che tanto ha rallentato la crescita del Paese e che ha rappresentato la vera zavorra dell’Italia negli ultimi sessant’anni. Anzi, ed è questa una delle trovate davvero più bizzarre della manovra, vengono annunciati 25.000 nuovi posti pubblici tra mobilità e assunzioni per concorso. Il secondo fine è davvero smaccato: al sud i sondaggi danno in netto vantaggio il “no” al referendum e Renzi cerca con quest’annuncio di recuperare consensi in quelle aree storicamente più interessate all’ingresso nelle pubbliche amministrazioni e ai concorsi pubblici.

Pure la rottamazione di Equitalia ha un sapore elettoralistico, visto e considerato che porterà con sé condoni e sconti per gli evasori. Stessa impronta mostra la decisione di diminuire a 90 euro l’anno prossimo il canone Rai, vissuto soprattutto nell’Italia meridionale (dove c’era il più alto tasso di evasione) come un balzello ingiusto e da cancellare.

La nuova legge di stabilità risulta poi intrisa di bonus a varie categorie e somiglia per questo ad una fiera dei miracoli; per questo non mostra un’anima decisa e coerente, ma solo la volontà del governo di non scontentare nessuno in una fase di calo di consensi che sembra quasi irreversibile. Tale segnale è confermato da un sondaggio pubblicato sull’Huffington Post: quasi il 40% degli italiani giudica da bocciare questa manovra perché non sarebbe in grado di rimettere in moto l’economia che, secondo 7 italiani su 10, è ferma al palo. Le mance elettorali, quindi, non sembrano convincere i cittadini, che appaiono sempre più orientati a bocciare la riforma costituzionale proprio per lanciare un segnale di disapprovazione a Renzi.

Senza contare che potrebbe essere proprio l’Europa, nei prossimi giorni, a respingere al mittente la manovra inviata dal governo a Bruxelles: il deficit non si abbassa e la procedura d’infrazione per il nostro Paese potrebbe essere dietro l’angolo. Pare che il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Junker su questo punto sia irremovibile: o entro il 30 ottobre il deficit rientra al di sotto del 2,2% o la legge di stabilità italiana verrà bloccata in quanto non conforme ai parametri europei. Tutto ciò vanificherebbe le concessioni fatte per il 2015-2016 dall’Europa all’Italia in termini di flessibilità e aprirebbe la strada a una gestione commissariale delle nostre finanze.

Anche il Quirinale è preoccupato per questo pericoloso incrocio tra valutazioni finanziarie e condizionamenti elettorali. Per questo l’auspicio di Mattarella (e in fondo anche di Renzi) è di far approvare dal Parlamento la legge di stabilità prima del referendum sulla riforma costituzionale, al fine di evitare processi di destabilizzazione.

In caso di vittoria dei “no”, infatti, un’eventuale crisi di governo metterebbe a rischio l’approvazione della legge di bilancio e potrebbe essere usata come arma di ricatto da chi punta a disarcionare l’attuale premier e a insediare un governo tecnico o addirittura di solidarietà nazionale con un possibile appello a tutte le forze politiche affinchè lo sostengano.