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IL CASO

Finanze vaticane, l’Egmont riammette l’Aif. Ecco perché

In autunno, dopo il blitz dei gendarmi vaticani, aveva fatto rumore la sospensione dell’Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede dal circuito internazionale Egmont. Della questione aveva parlato anche papa Francesco sul volo di ritorno dal Giappone. Ora, sotto la nuova gestione Barbagallo, i chiarimenti con l’Egmont e un protocollo d’intesa hanno condotto alla riammissione dell’Aif.

Attualità 04_02_2020

Lo scorso 23 gennaio il neopresidente dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif), Carmelo Barbagallo, ha annunciato il reintegro dell’istituzione vaticana nel circuito informativo internazionale “Egmont Secure Web”. A metà novembre 2019 aveva fatto non poco rumore la decisione di sospendere l’Aif dall’Egmont a seguito dei sequestri di documenti riservati operati dalla Gendarmeria vaticana. Sequestri conseguenti alle indagini coordinate dal Promotore di Giustizia e partite dalle denunce presentate la scorsa estate dallo Ior e dall’Ufficio del Revisore Generale.

Sulla sospensione, dopo una consultazione con “un magistrato italiano di livello”, aveva detto la sua anche papa Francesco, che, sul volo di ritorno dal Giappone, aveva fornito una particolareggiata ricostruzione dei fatti: “Il presidente dell’Aif ha fatto forza con il gruppo Egmont per riprendere la documentazione nonostante questo la giustizia non possa farlo”, aveva spiegato Bergoglio ai giornalisti, aggiungendo: “La giustizia, davanti a un’accusa di corruzione, è sovrana in un Paese, nessuno può immischiarsi”.

Dunque, il Papa, di fronte alla sospensione decretata dall’organismo globale delle Financial intelligence unit (Fiu), irritato per il fatto che con il blitz dei gendarmi negli uffici dell’Aif fossero finite nelle mani dei magistrati vaticani anche informazioni provenienti da altri Paesi aderenti al network, aveva rivendicato la sovranità del più piccolo Stato al mondo all’interno dei propri confini e di cui il potere giudiziario è anch’esso un’espressione. Nelle sue dichiarazioni alla stampa accreditata, Francesco, pur riconoscendogli dei meriti, aveva ‘minimizzato’ il ruolo di Egmont, definendolo “un organismo non ufficiale (…) privato” e ricordando che l’ispezione sul funzionamento del sistema d’antiriciclaggio della Santa Sede spetterà a Moneyval, la commissione istituita dal Consiglio d’Europa (CoE).

Il Pontefice aveva raccontato di esser stato messo in guardia da qualche collaboratore sul fatto che l’indagine e il successivo blitz avrebbe potuto indispettire il gruppo Egmont, ma queste obiezioni non avevano fatto particolare breccia in lui (“lasciamo perdere queste cose”). Che dietro a questa vicenda - una delle conseguenze del presunto scandalo finanziario legato all’acquisto dell’immobile londinese a Sloane Avenue - ci fosse una situazione conflittuale era emerso pubblicamente lo scorso 23 ottobre con il clamoroso comunicato dell’Aif, nel quale (nonostante un’indagine ancora aperta nelle mani del Promotore di Giustizia), il Consiglio direttivo dell’istituzione aveva preso le difese del proprio operato e del direttore sospeso, dichiarando conclusa l’indagine interna senza la minima traccia di condotte improprie. Il testo si era chiuso significativamente facendo riferimento a “potenziali incomprensioni”.

Circa un mese dopo quel comunicato, il presidente dell’Aif, René Brülhart, aveva lasciato il suo posto a Carmelo Barbagallo. Le dichiarazioni papali di ritorno dal Giappone avevano ‘smentito’ il contenuto del comunicato del 23 ottobre: a differenza del Consiglio direttivo (che aveva escluso qualsiasi negligenza nel controllo delle operazioni finanziarie sul caso londinese), Bergoglio aveva affermato che “è stato l’Aif a non controllare, sembra, i delitti degli altri”; e, riguardo al direttore sospeso, si era augurato la sua innocenza, ma aveva lasciato intendere che questa dovesse essere ancora dimostrata.

Il cambio di vertice non deve aver fatto passare in secondo piano l’importanza della cooperazione internazionale nella lotta al riciclaggio e per questo motivo anche la nuova gestione Barbagallo si è adoperata nel più breve tempo possibile a far riammettere l’Autorità della Santa Sede nel gruppo Egmont. Il passo indietro del network internazionale - secondo quanto ha spiegato il neopresidente dell’organo vaticano nel comunicato sull’avvenuta riammissione - c’è stato grazie ai “chiarimenti forniti dall’Aif ad Egmont”, ma soprattutto a seguito “delle rassicurazioni date dall’Aif che il trattamento delle informative ricevute dal circuito Egmont sarà, anche grazie alla sottoscrizione di un protocollo d’intesa con il Promotore di Giustizia, del tutto coerente con le regole che disciplinano questo circuito”.

Nell’ambito delle attività di prevenzione contro il riciclaggio di denaro e contro il terrorismo, questa rete di unità d’intelligence finanziaria punta moltissimo sullo scambio e sul coordinamento di informazioni tra gli oltre 150 Paesi aderenti e tende a rivendicare la sua autonomia rispetto agli organi investigativi. Per questo, come ha scritto Angelo De Mattia su MF Milano Finanza, “per arrivare a tale riammissione, Egmont avrebbe chiesto ai Promotori di Giustizia la sottoscrizione di un Protocollo con il quale ci si impegna a non interferire in alcun modo, neppure con la richiesta di documenti, nell’attività dell’Autorità in questione”. Nell’articolo, De Mattia, ex direttore centrale della Banca d’Italia, ha osservato inoltre come “in ogni caso, si conferma, pure con la pubblicità che da Oltre Tevere è stata data all’evento, che Egmont non è affatto quell’organismo di scarso peso, pressoché ininfluente”. Un presumibile riferimento alle dichiarazioni rilasciate da Francesco sul volo di ritorno da Tokyo. In quell’occasione il Papa aveva anche fatto cenno all’imminente visita degli ispettori di Moneyval, indicato come l’organo incaricato di procedere alle verifiche più importanti sulle finanze vaticane.

Contrariamente a Egmont, la cui prioritaria attenzione alla riservatezza delle informazioni analizzate e scambiate tra le Fiu dei diversi Paesi aderenti sembra essere la probabile causa del fastidio verso l’iniziativa della magistratura vaticana, Moneyval ha messo al centro della valutazione sull’efficienza del sistema antiriciclaggio della Santa Sede - come riportato da Andrea Gagliarducci su Aci Stampa - proprio i “risultati che sono raggiunti dalle azioni giudiziarie e dai tribunali”.

Probabilmente è anche per questo che Francesco, che ha dimostrato di sostenere con forza l’iniziativa del Promotore di Giustizia a dispetto delle incomprensioni con il Consiglio direttivo dell’Aif, nella sua conferenza aerea aveva dato meno peso al ruolo del gruppo Egmont, attribuendo invece grande importanza al lavoro che all’inizio di questo nuovo anno dovranno fare gli ispettori dell’organo del Consiglio d’Europa a cui la Santa Sede aderisce dal 2011.