Fernando Santos, la fede come dodicesimo uomo
Non ha bisogno di copertine, ma è un esempio di fede vera quella del selezionatore portoghese, Fernando Santos. Una vita lontana dal cattolicesimo fino a quando Dio non ha fatto irruzione. Oggi il tecnico campione d'Europa racconta: "Il luogo dove amo stare è di fronte al tabernacolo, perché Lui è lì".
- GLI EUROPEI PIU' GRIGI DEL SECOLO, di Lorenzo Galliani
La sua esultanza era pacata e sobria ed è passata in secondo piano perché al suo fianco aveva come inaspettato secondo allenatore un Cristiano Ronaldo azzoppato in panchina dopo l’infortunio nella finale dell’Europeo di San Denis. Che di fatto gli ha rubato la scena nell’incitare gli 11 in campo contro la Francia. Mattatore l’uno, gregario il secondo, la vittoria del Portogallo agli Europei ci ha consegnato la strana coppia alla guida della nazionale lusitana. E se CR7 ha potuto coronare il suo sogno di alzare al cielo il suo primo trofeo continentale di nazionale, che al suo rivale di sempre Leo Messi non è stato concesso, anche il tecnico della nazionale portoghese Fernando Santos può a ben diritto dire di aver coronato un sogno.
Solo che a differenza di Ronaldo, la sua storia non è fatta delle bizze o degli eccessi tipici di ogni numero uno che si rispetti. Fernando Santos, il selezionatore della nazionale rosso verde che ha conquistato il suo primo trofeo continentale non è un personaggio da rotocalchi: sposato regolarmente, non ha al suo fianco wags in favor di telecamera, ma una moglie, Guilhermina, con la quale è sposato senza doverlo dire a Twitter,e due figlie, una delle quali è stata la concausa della sua conversione.
Perché Fernando Santos è cattolico. E che cattolico. Tanto da raccontarlo in un mondo, quello del calcio, dove la vanità e l’effimero hanno purtroppo sempre il sopravvento sulle storie di fede e di vita, che come in ogni ambiente, ci sono. La vittoria del Portogallo agli Europei, ha messo in luce una di queste storie, di fede e testimonianza in partibus infidelium. E forse non è un caso che questo sia il modo migliore e più immediato per prepararci al centenario delle apparizioni di Fatima, dato che il detentore del titolo continentale per i prossimi 4 anni sarà proprio la nazione dove, promessa della Madonna, la fede “verrà sempre preservata”.
La fede Fernando Santos se l’è dovuta conquistare forse più della finale di San Denis, dato che tra sconfitte, pareggi e vittorie, poche, e un solo colpo di tacco di Cr7, il Portogallo s'è trovato la coppa in mano senza sapere neanche perché. E forse anche questo è un segno di benevolenza della Madonna, ma andremmo fuori dal seminato.
Nel primo lunedì da commissario tecnico Campione d’Europa, Fernando Santos ha pregato con le letture del giorno. È la sua abitudine dal 1994, da quando la sua vita religiosa subì una svolta, dopo anni di lontananza dalla fede praticata. E leggendo ha visto con stupore che nella solennità di Benedetto Patrono d’Europa, quella coppa appena conquistata rimandava a un senso da dare ad un continente svuotato di valori e di fede. Poi ha letto il Vangelo di Pietro e gli altri che hanno lasciato tutto per seguire Gesù e hanno ottenuto il centuplo quaggiù. Il centuplo di Fernando Santos, l’ingegnere del pallone, doveva sicuramente avere a che fare con la straordinaria gloria conquistata quaggiù con il destro imprendibile di Eder, ma poi avrà alzato lo sguardo al cielo e pregato.
Come ha confidato nel novembre scorso in una conversazione televisiva con la giornalista portoghese María Joao Avillez nel corso della quale ha messo a nudo la sua fede. Anzi, la sua vita di fede. “Il calcio non significa nulla se lo confrontiamo con il dono della paternità o con l’amicizia”, aveva detto. E oggi, sempre a proposito di centuplo, Fernando Santos è padre del popolo che domenica sera a Lisbona è esploso a festa per tutta la notte.
Eppure all’inizio non era così. Nato in una famiglia cattolica, la sua vita religiosa non è mai stata particolarmente intensa: prima Comunione, catechismo, Cresima. Poi la carriera di calciatore e di allenatore tra Grecia e Portogallo. Nel frattempo la famiglia, una moglie, due figlie, che hanno ricevuto i sacramenti come tutti. Fino a quando nel 1994 sua figlia maggiore, che oggi è giudice, dovette prepararsi per ricevere il sacramento della Confermazione. Il cammino sacramentale della figlia fa scattare in Fernando Santos una molla. “Vedevo la gente che andava a fare la comunione – ha raccontato – ma io non andavo”. Dopo poco tempo Fernando approdò ai piedi di un confessionale.
Ma quell’anno fu faticoso per la sua carriera di allenatore. Rimase senza squadra e senza lavoro. Nel momento più nero si fece prossimo un amico che gli propone un corso di Cristianità del movimento cattolico internazionale dei Cursillos. Da quel giorno la sua vita cambiò. La fede, la speranza e la carità diventano luoghi di scoperta, di interesse, di pienezza: “Fu soprattutto la necessità di mettere la mia testa in ordine. Così ho compreso che potevo alimentare la mia fede con l’Eucarestia, così cominciai a frequentare la messa quotidiana e a comunicarmi con regolarità”.
Oggi Fernando Santos, mentre dà istruzioni a Cristiano Ronaldo sulla posizione da tenere in campo, è anche un uomo in grado di dire: “Essere cattolico è un’esigenza molto forte perché consiste nel credere che Cristo è resuscitato ed è vivo. Non possiamo smettere di testimoniarlo, in nessuna professione che facciamo”.
Ma lasciato il campo da calcio Fernando torna ad abbeverarsi lì, nel tabernacolo, come riferisce il portale Religion en libertad. “Il luogo dove trovo più gioia nel parlare con Dio è il tabernacolo, perché Lui sta lì”.
Nel corso della conferenza stampa post partita, Ferando Santos ha ringraziato "Dio Padre per questo momento e per tutto quello che ha operato nella mia vita". Parole che hanno lasciato di stucco i cronisti sportivi abituati a non scendere mai sotto un certo livello di spiritualità, soprattutto nel commentare una partita. Poi ha ammesso di voler parlare con il "mio miglior amico e sua Madre, dedicare loro questa vittoria e ringraziarli per avermi concesso il dono della sapienza, della perseveranza e dell'umiltà per guidare questi ragazzi, per avermi illuminato e guidato. Perché tutto quello che mi aspetto e desidero è a maggior sua Gloria".
A Ronaldo forse andrà il pallone d’oro, a Fernando Santos non serve, perché il suo trofeo dorato l’ha già in bacheca.