Femminista: "L'utero in affitto? Un abominio"
Sempre più femministe si dichiarano contrarie alla pratica barbara: Julie Bindel, scrittrice femminista radicale, che da decenni assiste le donne processate per aver ucciso i loro partner violenti, ha firmato un intervento in cui si scaglia, riportando episodi e fatti, contro la surrogacy a pagamento o "altruista" dal punto di vista della donna: "Non esiste libertà in questi contratti".
Nonostante la pandemia, le pressioni politiche pro utero in affitto, anche in Italia, non si son certo arrestate. Lo prova, tra i tanti esempi possibili, la manifestazione dell’associazione Luca Coscioni tenutasi venerdì scorso a Roma in piazza Montecitorio, davanti alla sede della Camera dei Deputati, con la presenza tra gli altri della signora Maria Sole, la quale, essendo nata senza utero per un problema genetico, rivendica il diritto di poter ricorrere alla maternità surrogata per realizzare le sue aspirazioni genitoriali.
Ora, senza voler qui giudicare fatti e situazioni, vale comunque la pena chiedersi cosa davvero comporterebbe la legalizzazione dell’utero in affitto, dato che sempre più intellettuali femministe si dichiarano con forza contrarie a tale pratica; l’ultimo esempio a questo proposito viene dal Regno Unito ed appare enormemente interessante per almeno due distinte ragioni. La prima consiste nel fatto che sotto Sua Maestà l’utero in affitto «altruistico» - fattibile cioè solo se volontario e dietro meri “rimborsi spese” – è legale fin dal lontano 1985.
In secondo luogo, ad essere rilevante è il fatto che a pronunciarsi contro l’utero in affitto, anche «altruistico», non sia una qualsiasi, bensì Julie Bindel, un nome che a qualcuno può non dire nulla ma assai di peso, trattandosi di una scrittrice femminista radicale ed attivista, che da decenni assiste le donne processate per aver ucciso i loro partner violenti. Ebbene, la Bindel ha firmato sul londinese Evening Standard un intervento sul quale i sostenitori della maternità surrogata farebbero bene a fare una riflessione.
Infatti, se da un lato la scrittrice femminista invita tutti quanti ad abbassare i toni sulle coppie gay allorquando si parla di utero in affitto (che, in effetti, non è prerogativa delle coppie arcobaleno, che tuttavia a differenza delle altre sono strutturalmente sterili), dall’altro chiede di considerare la questione soprattutto come una minaccia verso la dignità femminile. Attenzione, però, perché la Bindel non si limita a generiche ed altisonanti affermazioni di principio, scrivendo dell’utero in affitto con cognizione di causa.
A tal proposito, nel suo appassionato e notevole intervento, la scrittrice racconta d’essere stata in India (sopra una foto di una clinica indiana della surrogacy) e di esserne tornata sostanzialmente sconvolta («ho visto le madri surrogate trattate peggio di mucche da latte»), ma fa presente pure come la maternità surrogata «altruistica» - precisamente quella che i promotori dell’utero in affitto vorrebbero legalizzare anche da noi - nei fatti neppure esista.
«Parlare di “maternità surrogata altruistica” ossia di un accordo per cui la madre surrogata può agire solo liberamente e dietro rimborso spese», denuncia infatti la Bindel, «è fuorviante. In Gran Bretagna una madre surrogata può richiedere fino a 15.000 sterline di rimborsi spese, che equivalgono allo stipendio annuale per molte donne con un lavoro a bassa retribuzione». A seguire, la celebre femminista riporta testimonianze forti e che sarebbe eufemistico definire da brivido.
«Ho parlato con una donna britannica», ricorda, «che è stata costretta dal marito violento a stipulare un accordo di maternità surrogata per saldare i suoi debiti. A un'altra, con peraltro già due figli suoi, è stato chiesto di portare un bambino per una coppia gay; e non appena è rimasta incinta, i genitori committenti hanno tentato di controllare la sua vita, dettando cosa poteva mangiare e bere, mandandole messaggi costantemente. "Ero considerata una loro proprietà", mi ha confidato».
Alla luce di tutto ciò, Julie Bindel esprime quindi una ferma contrarietà all’utero in affitto – anche nella sua variante «altruistica» -, che fa oggettivamente pensare. Perché non si tratta del pensiero di una cattolica conservatrice, ma, al contrario, di una femminista radicale la quale, tuttavia, ha toccato con mano, attraverso vari e sconvolgenti incontri, l’orrore della maternità surrogata. Ed ora invita tutti quanti, con ottime ragioni, a tenersene lontani.