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RIPARTIRE DOPO IL CORONAVIRUS

Fate presto, stavolta. E senza burocrazia

In tempi di guerra come questi, la burocrazia deve scomparire, e anche tante norme devono poter essere superate, ignorate.  I nostri concorrenti sono già ripartiti e si stanno mangiando nostre quote di mercato, lo vogliamo capire?

Attualità 15_04_2020

“La soluzione non è la finanza ma il lavoro” ha dichiarato ieri l’ex ministro Tremonti alla Nuova BQ, e noi siamo d’accordo. Questo vale per tutti i paesi, ma soprattutto per quelli, come l’Italia, che della finanza in questi anni sono stati sempre vittima, e che invece hanno fondato proprio sul lavoro la loro ricchezza. Prima del Coronavirus l’Italia era la seconda manifattura d’Europa, e molte, moltissime nostre aziende, grandi e piccole, esportavano in tutto il mondo. Sarà ancora così dopo la crisi?

Attenzione, questo è il punto cruciale, decisivo per noi: non abbiamo altra ricchezza che quella prodotta dalle mani e dai cervelli dei nostri concittadini, se non li mettiamo in grado di ripartire a produrre e garantire gli ordinativi in brevissimo tempo molto, forse tutto, potrebbe essere perduto.

Il governo tentenna, per questo martedì 14 è stato il giorno della confusione, dello spezzatino, delle regioni che vanno per proprio conto. È ovvio, e questo continuerà a succedere  finché a Roma non avranno scelto una linea chiara, convincente, che punti con nettezza alla ripartenza. Una ripartenza con tutte le garanzie del caso sulla sicurezza sanitaria, ripetiamolo ancora una volta, ma una ripartenza. 

Perché la Francia ha aperto più fabbriche di noi? Perché la Spagna, che pure ha avuto lo stesso numero di morti nostri, ha riaperto quasi tutto? E gli Usa, e New York, che pure è l’agglomerato più colpito al mondo? Non sono paesi governati da irresponsabili, ma da tempo avevano messo al lavoro équipe di esperti che illuminassero sulle fasi della ripartenza. Il nostro governo ha scelto Vittorio Colao (ottima scelta, questa l’hanno azzeccata), come capo di una task force composta da altri bravi esperti nelle varie materie per decidere le tempistiche e le modalità della ricostruzione nei vari settori, e su quali valga la pena puntare di più. 

Bene, ora non si perda altro tempo, vi scongiuriamo. I ministeri forniscano il massimo di collaborazione e di dialogo, il governo tutto ascolti e sia rapido nel tradurre in atti esecutivi le scelte che saranno fatte. E soprattutto zero burocrazia! Già i dpcm finora emanati e ancora non convertiti in legge tranne uno, grondano di articoli, commi, parole, rimandi ad altre leggi che li rendono incomprensibili ai più e soprattutto applicabili solo in tempi lunghissimi. 

Invece, in tempi di guerra come questi, la burocrazia deve scomparire, e anche tante norme devono poter essere superate, ignorate.  I nostri concorrenti sono già ripartiti e si stanno mangiando nostre quote di mercato, lo vogliamo capire? Rovesciamo il ragionamento usato finora: chi è in regola con guanti, mascherine e distanze di sicurezza può riaprire, le fabbriche ben gestite sono tutte sicure, su questo sono d’accordo sindacati e confindustrie.

Riapriamo o apriamo ex-novo i cantieri, ci sono 120 miliardi di euro che sono lì da anni, e c’è un lavoro enorme di sistemazione delle infrastrutture che potrebbe, che deve essere fatto. Ora! Se non ora quando, che i ponti, anche quelli gestiti dall’Anas, continuano a crollare?
E ci sono i miliardi per la messa in sicurezza delle scuole, e quando far partire i lavori se non ora che le scuole sono chiuse e lo saranno probabilmente fino a settembre?

Sono alcuni esempi, se ne potrebbero elencare altri, ma è su temi come questi che occorre essere efficaci e tempestivi, fra l’altro è noto che le opere pubbliche e l’edilizia hanno un effetto positivo su tutta l’economia.