Farhad Bitani, riconoscere la Verità dopo l'orrore
Farhad Bitani, afgano, cresciuto fra guerra e Talebani, si racconta e spiega il suo incontro con il cristianesimo grazie a un'amica di Comunione e Liberazione: "Grazie a lei conobbi don Luigi Giussani e leggendo i suoi libri compresi il senso del puntino bianco: il mio cuore era stato creato da Dio per riconoscere la Verità, ma senza un incontro e senza un'educazione sarebbe prevalsa la menzogna che mi circondava"
Cosa ci fanno un sorriso limpido, a volte ironico, sul volto di un uomo cresciuto per 17 anni vedendo solo distruzione, violenza e morte? Come può sacrificarsi predicando l'amore un musulmano a cui fu insegnata la legge del taglione che lo portava ad assistere a lapidazioni, torture pubbliche e depravazioni contro i bambini?
Fahrad Bitani nasce a Kabul nel 1986, sette anni dopo l'inizio della rivoluzione dei Mujaheddin, nella famiglia di uno dei generali che la conduce, Qasim Bitani. "Non ho mai visto il mio paese in pace, se non nelle foto precedenti la guerra che scoppiò nel 1979 contro l'Unione Sovietica. Ricordo i missili, le ore passate in cantina senza luce né acqua". Ma non è questo a ferire di più il giovane, bensì "la religione usata per il potere: con l'avvento dei talebani, gli stadi venivano riempiti di gente per assistere a spettacoli in cui si tagliavano mani, teste e dove le donne erano lapidate". Oltre a questo Bitani impara la doppiezza: "I leader religiosi predicavano la sharia e condannavano il peccato. Ma solo se commesso dagli "infedeli" occidentali, mentre loro vivevano nel lusso, nella prostituzione, abusando di droghe e alcol. Li ho visti persino violentare un bambino".
C'è una cosa, però, che tormenta il giovane afghano: "Un puntino bianco che Dio ha messo in cuore a ogni uomo e che mi faceva capire che in quello che vivevo c'era qualcosa che non andava: emerse quando vidi piangere i bambini di una donna che stava per essere lapidata. Mi ribellai pensando a mia madre". Ma non era sufficiente. Infatti, quando a 17 anni, costretto a seguire il padre nell'esercito, viene mandato in accademia a Modena, la sola idea di mettere piede in Occidente lo repelle: "L'Italia come altri paesi Nato ospita i militari afghani, spendendo migliaia di euro per la nostra formazione. Sapevo che dietro le guerre medio orientali c'erano gli interessi e i soldi degli 'infedeli' che odiavamo”. Ma è proprio in Italia che Bitani comincia a comprendere il senso di quel puntino bianco e a conoscere "il vero volto di Dio: la sua presenza". Fuori e dentro l'accademia assiste a gesti di gratuità e solidarietà prima sconosciuti. "Iniziai quindi a chiedermi come mai alcuni di loro, che chiamavo "infedeli", seguivano la legge dell'amore. Mentre noi tradivamo quella che predicavamo".
Finché un giorno accade un fatto che lo segnerà per sempre. "Ero a Roma e avevo avuto una conversazione furibonda con la mia famiglia. Uscii in strada in lacrime dove una donna mi si avvicinò chiedendomi che cosa avessi e mi offrì da bere. Capii che a disubbidire a Dio eravamo noi". Da lì in poi ogni gesto benevolo di cui Bitani è oggetto traforma un cuore pieno di odio in uno commosso, di carne: "Ricordo, ad esempio, la madre di un militare che mi ospitò in casa sua come fossi suo figlio: se non avessi visto questo volto di Dio, quel puntino bianco non si sarebbe mai allargato".
Il giovane incontra poi una donna di Comunione e Liberazione che oggi considera come una sorella: "Grazie a lei conobbi don Luigi Giussani e leggendo i suoi libri compresi il senso del puntino bianco: il mio cuore era stato creato da Dio per riconoscere la Verità, ma senza un incontro e senza un'educazione sarebbe prevalsa la menzogna che mi circondava". Per questo oggi l'ex militare, e rifugiato politico, ha fondato un'associazione per i giovani afghani emigrati, mentre racconta la sua storia, "parlado delle evidenze inscritte nel cuore umano e del vero volto di Dio", a decine di platee ogni mese.
"Posso dire che incontrando i cristiani ho capito chi era davvero Dio e sono andato a fondo dell'Islam, che in un certo senso ha lo stesso problema di chi va in chiesa e poi vive come tutti, come se Dio non ci fosse. Con l'aggiunta che noi non abbiamo un'autorità, motivo per cui prevalgono le interpretazioni". Farhad ha quindi scritto un libro, L'ultimo lenzuolo bianco, per raccontare la sua storia, preferendo perdere la richezza e l'appoggio della sua famiglia e rischiando la vita per smascherare il volto doppio dell'islam: "I giornali afghani parlano di me come di un traditore cristiano". In Italia invece ha trovato rifugio, ma non per questo tace "la mafia a cui fa comodo intascarsi i soldi dell'immigrato che arriva, senza fornirgli alcuna educazione".
Qual è la soluzione all'esodo? "Innazitutto smettere di fomentare le guerre per risolvere i conflitti nei paesi di origine e poi accogliere chi arriva. All'inzio mi arrabbiavo vedendo gli stranieri irrispettosi e diseducati. Poi ho pensato a me e ho capito che dovevo insegnargli quello che ho imparato io". Un modello positivo di integrazione, secondo Bitani, è quello tedesco. "La Germania accoglie pochi stranieri, ma su questi investe davvero: finché non hanno imparato la ligua e la storia del paese non ricevono documenti né tantomeno lavoro". Come non temere le conseguenze delle sue affermazioni? "I musulmani che non accettano quanto racconto, se mi incontrano si interrogano sulle contraddizioni del nostro mondo. Mentre nelle scuole occidentali ci sono giovani a cui nessuno parla di Dio che mi ascoltano rapiti". E poi "ho rischiato la vita e combatutto per la menzogna, come posso non farlo per il vero Dio? Infine, come dice don Giussani, la verità unisce perché viene da Dio. E, se non la taciamo, prima o poi prevale"