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LO SCONTRO

Far decadere Berlusconi? Meglio temporeggiare

Il 9 settembre il Senato vota sulla decadenza di Berlusconi. Se il Pd vota a favore, il Pdl può far cadere il governo e peggiorare ulteriormente le cose in un periodo di crisi economica. Poche le alternative. Grazia? Il Cavaliere non la chiede. Amnistia? Mancano i voti. Meglio temporeggiare. Rimandando la palla alla Corte Costituzionale.

Editoriali 24_08_2013
Berlusconi

La girandola delle possibili soluzioni al nodo dell’“agibilità politica” di Silvio Berlusconi continua a turbare i sonni del premier Letta e di quanti hanno a cuore il clima di pacificazione faticosamente realizzato dopo le elezioni politiche senza vincitori del febbraio scorso. Il “muro contro muro” Pd-Pdl rischia di far naufragare il governo delle larghe intese e di risucchiare il Paese nel vortice dell’emergenza economico-finanziaria che credevamo alle spalle o, quanto meno, in via di superamento. È vero che la crisi si è prodotta soprattutto per ragioni internazionali, in larga parte indipendenti dalle scelte operate dai governi dei singoli Stati. Tuttavia, un’Italia nuovamente instabile e dominata dalle risse tra i principali schieramenti, tornerebbe ad essere un boccone assai appetibile per gli speculatori. Tanto più che la crisi egiziana minaccia la stabilità dell’intera area mediterranea.

Ma la scadenza del 9 settembre, data della prima riunione della giunta del Senato che dovrà pronunciarsi sulla decadenza di Berlusconi, è una vera “spada di Damocle” sulle sorti dell’esecutivo presieduto da Enrico Letta e sul futuro della diciassettesima legislatura. Probabilmente non si arriverà a quell’appuntamento senza aver individuato nel frattempo una via d’uscita che impedisca la disintegrazione degli attuali equilibri e, forse, la deflagrazione dell’intero sistema politico.

Le posizioni si stanno radicalizzando. Il Pd non può perdere la faccia di fronte ai suoi elettori e non può recedere dall’impegno, solennemente assunto “urbi et orbi”, di votare compatto per la decadenza da senatore del leader del centro-destra. Il Pdl, più o meno unito, ma con molti mal di pancia, si stringe attorno al suo leader e minaccia di far cadere il governo se in modo pregiudiziale il partito di Epifani votasse per la decadenza.

Nel mezzo ci sono ancora spazi di mediazione, ma su quali basi? L’ultima proposta, caldeggiata anche da esponenti di Scelta Civica, tra cui il ministro della difesa, Mario Mauro, è quella di un’amnistia, che potrebbe salvare il Cavaliere e la sua leadership politica. Si tratta, però, di una strada impervia, quando non impraticabile, visto che a votarla in Parlamento dovrebbe essere una maggioranza dei 2/3 e che essa dovrebbe in questo caso comprendere anche reati gravi (frode fiscale e altri) dei quali viene accusato e per i quali è già stato condannato Silvio Berlusconi. Peraltro, Lega, grillini e parti consistenti del Pd, già refrattari all’attuale assetto consociativo, non la voterebbero di certo.

Gli attuali carichi pendenti sul leader del centro-destra rendono altresì improbabile la concessione della grazia. Napolitano, per prassi consolidata, non la concederebbe mai “sua sponte” e la prenderebbe in considerazione solo se il condannato Berlusconi (o qualcuno per suo conto) la richiedesse. Ma il diretto interessato ha già fatto sapere che non intende inoltrare alcuna richiesta del genere.

Si è ventilata anche l’idea della commutazione della pena detentiva in pena pecuniaria, ma rimarrebbe aperta la questione delle pene accessorie, in particolare l’interdizione dai pubblici uffici.

Sembra, pertanto, che la carta del temporeggiamento, cioè di un’ulteriore ponderazione dei margini di applicabilità della legge Severino al caso Berlusconi, sia l’unica in grado di mettere d’accordo il maggior numero di attori coinvolti. Autorevoli costituzionalisti non tacciabili di simpatie berlusconiane e insigni editorialisti come Angelo Panebianco e Sergio Romano nei giorni scorsi si sono espressi a favore di un approfondimento sulla legge Severino. La giunta delle elezioni del Senato potrebbe, cioè, su richiesta del Pdl, rimettere la questione alla Corte Costituzionale, che dovrebbe pronunciarsi in maniera definitiva, in quanto giudice delle leggi, circa l’applicabilità di quella norma al caso Berlusconi. Questa soluzione avrebbe il pregio di lasciar decantare l’attuale animosità dei falchi dell’una e dell’altra parte, di quelli del Pd, che non vedono l’ora di liquidare per via giudiziaria il loro avversario politico degli ultimi vent’anni, e di quelli del Pdl, smaniosi di tornare subito alle urne e di buttare a mare un governo di emergenza che hanno sempre mal digerito.

In altre parole, solo la Corte Costituzionale, magari con una “moral suasion” silenziosa da parte del Quirinale, può salvare l’attuale quadro politico da una burrasca dagli esiti imprevedibili.

A Berlusconi non conviene far cadere il governo Letta, che si è dimostrato molto equilibrato e rispettoso del suo profilo “bipartisan” e che potrebbe nelle prossime ore accontentare il Pdl sull’abolizione dell’Imu, togliendo al centro-destra un’arma importantissima in caso di campagna elettorale. Le colombe attorno al Cavaliere stanno cercando di indurlo a più miti consigli. Lui teme la decadenza da senatore e una conseguente recrudescenza giudiziaria nei suoi confronti. Si parla da tempo di un ordine d’arresto in arrivo da Napoli nell’ambito dell’inchiesta sulla compravendita di senatori. A quel punto lui sarebbe spacciato e nelle sue fila non potrebbero escludersi diaspore o scissioni. Siamo proprio sicuri che un Berlusconi “azzoppato” dalle condanne sia in grado di ottenere le dimissioni in massa dei suoi parlamentari? In linea teorica in questa legislatura non possono esistere altri governi e altre maggioranze, ma di trasformisti è piena la storia repubblicana. Forse dovrebbero ricordarlo i falchi del Pdl, quando tirano in modo esasperato la corda, continuando a giocare col futuro del centro-destra, del governo e del Paese.