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IL CASO

Fa'afafine: la rivolta contro lo spettacolo gender

Non sono riusciti a inserire l'insegnamento gender nei programmi scolastici, ma portano le scolaresche (elementari e medie) ad assistere allo spettacolo Fa'afafine. Protagonista: un ragazzino che cambia orientamento sessuale a seconda delle giornate. E la protesta dei genitori arriva fino in Parlamento

-UNA CRITICA PEDAGOGICA di Furio Pesci*

Educazione 14_01_2017
Fa'afafine

Se ancora non si è riusciti ad inserire l’insegnamento delle teorie gender nelle attività curricolari, l’offensiva è in stato avanzato per quanto riguarda le proposte teatrali in orario scolastico rivolte agli studenti di ogni ordine e grado. 

Di questo ne ha piena consapevolezza il Comitato Difendiamo i Nostri Figli guidato da Massimo Gandolfini, che ha chiesto ai gruppi locali e alle associazioni vicine alla galassia del Family day di porre all’attenzione di tutti gli uffici scolastici regionali e provinciali lo spettacolo teatrale Fa'afafine - Mi chiamo Alex e sono un dinosauro, la storia di un ragazzino che cambia orientamento sessuale a seconda delle giornate e della percezione che ha di se stesso. Insomma il tema che sottende tutta l’opera proposta anche agli studenti delle medie è la sessualità non definita, parliamo quindi del gender, la cui esistenza viene negata proprio dagli stessi vertici Ministero dell’Istruzione.

Le realtà più attive si sono mosse con una lettera, che chiede il rispetto del diritto al consenso informato,  rivolta ai dirigenti scolastici e agli assessorati alla Scuola delle città dov’è in cartellone lo spettacolo, suscitando subito grande attenzione tra i genitori, i quali  - ha detto Gandolfini – “ancora una volta hanno dimostrato come la cultura del popolo italiano non è assolutamente allineata a queste derive antropologiche, avendo ben chiaro il principio  che la condotta affettiva dei ragazzi è strettamente legata alla loro identità sessuata”.

A Castello D’Argile, in provincia di Bologna, dove lo spettacolo è in programma il 31 gennaio, si è scatenata una vera e propria bufera. La questione è arriva sui banchi della Regione Emilia-Romagna, con un’interrogazione del Consigliere di Forza Italia, Galeazzo Bignami. Il sindaco Michele Giovannini si è sollevato da ogni responsabilità sottolineando che la scelta degli spettacoli è appannaggio del corpo docente; mentre alcuni genitori componenti del consiglio di Istituto lamentano che non vi è stata alcuna informazione sul tema trattato.

Il tour dello spettacolo toccherà anche tutto l’Alto Adige – Sud Tirol nella prima metà di febbraio, essendo stato inserito nella rassegna ‘W il teatro’, promossa e finanziata dal dipartimento istruzione della provincia autonoma. Qui le polemiche vanno avanti già dallo scorso autunno con un’interrogazione  del consigliere provinciale di ‘Alto-Adige nel cuore’ Alessandro Urzì.  La Sovrintendenza scolastica ha cercato di attenuare lo scontro fissando, per lunedì 30 gennaio, un incontro pubblico tra i genitori e il regista e autore di 'Fa'afafine’ presso una sala civica di Bolzano. Al confronto prederà parte anche il delegato locale di Generazione famiglia e consigliere comunale Diego Salvadori, che non esclude una manifestazione delle realtà pro-family locali. 

Le proteste suscitate in Friuli Venezia Giulia sono arrivate persino al parlamento. A raccoglierle è stato il capogruppo alla Camera e segretario della Lega Nord del Friuli, Massimiliano Fedriga, il quale mercoledì scorso ha presentato un’interrogazione al ministro Fedeli in cui chiede che sia garantita alle famiglie la possibilità di non coinvolgere i figli nel progetto. 

"Tale spettacolo - afferma in una nota l’esponente del Carroccio - verrà messo in scena a Udine, Pordenone e Cervignano e coinvolgerà numerose scolaresche nell'ambito di un percorso di avvicinamento al teatro: Un nobile intento, quest'ultimo, che tuttavia fa a pugni con il malcelato obiettivo di instillare nei ragazzi l'idea che possa esistere un 'terzo genere' alternativo ai due naturali”. Fedriga chiede quindi al ministro "se intenda impartire specifiche direttive ai dirigenti scolastici, atte a garantire il necessario pluralismo culturale nel contesto educativo''. 

Per mettersi al riparo dalle solite accuse di fondamentalismo e intolleranza, il Comitato Difendiamo i Nostri Figli ha diffuso a tutte le sezioni locali che hanno aperto un canale di dialogo con le autorità scolastiche una critica pedagogica allo spettacolo Fa’afafine, stilata dal prof. Furio Pesci, associato di Storia della Pedagogia - Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione – a La Sapienza di Roma. 

Il coordinatore dell'Area Didattica di Scienze dell'Educazione e della Formazione dell’università romana mette in discussione l'opportunità di avvalersi di questo spettacolo in ambito educativo e scolastico. In primis contesta il fatto che nelle isole Samoa esistono persone come il protagonista dello spettacolo, chiamate, appunto, “Fa'afafine”. Nell’arcipelago - dove sogna di trasferirsi Alex per coltivare il progetto di “sposarsi” - in realtà, su una popolazione di 250.000 samoani, coloro che si dichiarano “Fa' afafine” sembra siano soltanto poche centinaia e non sembrano godere di uno status sociale paragonabile a quello riconosciuto in Occidente alle persone coniugate. 

“Lo spettacolo – spiega il prof. Pesci -  si regge fin dal titolo sull'ipotesi che vi sia un paese ed un popolo in cui i costumi sessuali sono molto diversi da quelli diffusi in Occidente”. “Se si aggiunge che i contorni alterati della figura del “Fa'afafine” illudono il protagonista e propongono agli spettatori una situazione sociale che non esiste – si legge ancora nella critica -, è quasi d'obbligo concludere che il testo e lo spettacolo, al di là dei pregi artistici, non abbiano alcuna validità educativa”.

Molto controversa anche l’immagine della famiglia di Alex, con una caricatura grottesca dei genitori che mostrano incomprensione, impedendo al figlio di uscire con il vestito della mamma.

Il professore esperto di pedagogia stronca quindi lo spettacolo e ne sconsiglia la promozione tra gli studenti della scuole medie ed elementari: “Si tratta di una finzione scenica del tutto fuorviante, che non corrisponde nemmeno alla realtà delle persone LGBT e rispetto alla quale bambini di 9 anni – ai quali lo spettacolo già vuole rivolgersi –, ma anche molti adolescenti, non hanno alcuno strumento di confronto con la realtà, nemmeno per comprendere che si tratta di una forzatura retorica ricercata dagli autori per sottolineare l'elemento intenzionale presente nella formazione dell'identità sessuale”.