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BELGIO

Eutanasia, ospedali non più "cattolici". Bene il Vaticano

La Congregazione per la Dottrina della Fede non considera più “cattolici” 15 ospedali belgi gestiti da un’associazione (a maggioranza laica) legata ai Fratelli della Carità. Il motivo? Praticano l’eutanasia. Da Roma una decisione inoppugnabile, che andrebbe applicata a tutti gli enti della Chiesa che promuovono idee contrarie a fede e morale.

Ecclesia 10_05_2020

Via il titolo di “cattolico” a quegli ospedali in Belgio che praticano l’eutanasia. È questa la decisione resa pubblica da una lettera del cardinale Luis Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e che ha ricevuto il placet dello stesso Santo Padre.

La vicenda è la seguente. Quindici cliniche belghe per pazienti con disabilità mentale sono gestite da un’associazione legata alla congregazione dei Fratelli della Carità (Frères de la Charité). Nel marzo del 2017, come ricorda Ladaria, «sul sito del ramo belga è stato pubblicato un documento che ammette - a certe condizioni - la prassi dell’eutanasia». Uno stralcio di questo documento così recitava: «Noi prendiamo seriamente in considerazione la sofferenza insopportabile e disperata dei nostri pazienti, così come le loro richieste di morire. Dall’altro lato, vogliamo proteggere le vite e assicurare che l’eutanasia sia praticata solo se non c’è altra possibilità di fornire una ragionevole prospettiva di cura per il paziente».

La decisione di applicare protocolli eutanasici è stata anche favorita dal fatto che un ospedale cattolico era stato obbligato a pagare una sanzione pecuniaria perché si era rifiutato di praticare la “dolce morte” su un paziente di 74 anni, malato di cancro al polmone. Immediatamente la Santa Sede aveva cercato di far tornare a miti consigli la Congregazione, la quale, in verità, aveva preso sin da subito le distanze dall’associazione in cui siede una maggioranza di componenti laici.

Infatti, il superiore generale, fratel René Stockman, ha raccontato a La Croix che «ho tentato più volte di dialogare con loro, ma hanno rifiutato, dicendomi di essere disposti a parlare solo del modo in cui avrebbero praticato l’eutanasia. Per me, invece, poteva esserci dialogo solo sull’essenza del problema e non sull’applicazione dell’eutanasia».

La Santa Sede, quindi, ha intessuto un dialogo paziente con il ramo belga della Congregazione, dialogo che si è nutrito di ben sette incontri dall’agosto del 2017 al luglio del 2019 in cui erano presenti i rappresentanti della Congregazione per la Dottrina della Fede, della Congregazione degli Istituti di vita consacrata, della Segreteria di Stato, dell’episcopato belga, dei Fratelli della Carità e dell’Associazione che gestisce le cliniche.

Oltre a questi incontri occorre aggiungere un’udienza del maggio 2017 concessa da papa Francesco al prefetto Ladaria in cui quest’ultimo informò il Santo Padre della situazione, una lettera del giugno dello stesso anno indirizzata al superiore generale, il documento del marzo 2018 «Princìpi da rispettare nell’accompagnamento dei pazienti negli ospedali psichiatrici» e l’invio di un visitatore apostolico. Tutti questi tentativi erano volti, come ricorda Ladaria, al fine «di affermare per iscritto e in modo inequivocabile la loro adesione ai princìpi della sacralità della vita umana e dell’inaccettabilità dell’eutanasia e, come conseguenza, il rifiuto assoluto di eseguirla nelle istituzioni da essi dipendenti». Il risultato fu deludente: «Purtroppo le risposte pervenute non hanno dato assicurazioni su questi punti».

La Congregazione per la Dottrina delle Fede critica aspramente la politica degli ospedali belgi sui seguenti punti: «Rifiuta l’assolutezza del rispetto per la vita, ovvero mette in dubbio che la vita di un essere umano innocente debba essere rispettata “sempre”, lasciando aperta la possibilità di eccezioni; per ciò che riguarda l’importanza della cura e dell’accompagnamento dei pazienti psichiatrici, si riferisce alla legge belga sull’eutanasia, aprendone in modo chiaro la possibilità per i pazienti psichiatrici non terminali; lascia al medico la responsabilità e il diritto di accettare la richiesta di eutanasia o di rifiutarla (“atto medico”), escludendo così la scelta dell’Ospedale; mantiene la possibilità dell’eutanasia all’interno dell’istituto con la giustificazione di evitare ai familiari la fatica di dover trovare un’altra soluzione».

La conclusione inevitabile a cui è giunta la Congregazione è stata la seguente: «Pur con profonda tristezza si comunica che gli Ospedali psichiatrici gestiti dall’Associazione Provincialat des Frères de la Charité in Belgio non potranno più, d’ora innanzi, ritenersi enti cattolici». Questo perché l’eutanasia «resta un atto inammissibile, anche in casi estremi». La lettera ricorda poi «il valore sacro della vita umana» e «l’importanza di prendersi cura e di accompagnare malati e disabili». Da qui «l’impossibilità di introdurre questa pratica negli ospedali cattolici, anche nei casi estremi, e di collaborare a questo riguardo con le istituzioni civili».

Ora è probabile che l’Associazione Provincialat des Frères de la Charité decida di divedersi dalla Congregazione religiosa pur di continuare a praticare l’eutanasia. Il superiore generale René Stockman infine aggiunge: «Nulla è ancora deciso, ma chiederemo ai pochi religiosi che ancora partecipano alla gestione di lasciarla. È una decisione dolorosa. Questi ospedali sono all’origine della Congregazione, nel 1815 siamo stati i primi a prenderci cura dei malati psichiatrici in Belgio».

La decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede è ovviamente inappuntabile. Parimenti dovrebbe essere tolto il titolo di “cattolico” a tutti quegli enti, movimenti, organizzazioni etc. che promuovono idee o pratiche eretiche, ossia contrarie alla fede e morale cattolica. Il numero non sarebbe di certo esiguo.