Eutanasia e baci saffici, che tristezza il nuovo Padre Brown
Nella nuova serie Tv Padre Brown entrano eutanasia e baci saffici.
E’ partita la sesta stagione dei telefilm su Padre Brown e mi sono disposto a guardarla come le precedenti. Gli attori sono gli stessi delle varie stagioni: Mark Williams, che fa il protagonista, e i comprimari fissi Mrs Bridgette McCarty (Sorcha Cusacks), l’autista Sid Carter (Alex Price), il sergente Goodfellow (John Burton) e Penelope (Emer Kenny) che ha preso il posto di lady Felicia Montague (Nancy Carrol), partita per il Sudafrica nella quarta stagione.
Nella nuova serie Penelope appare ingrassata, quantunque l’espressività dell’attrice sia inalterata. Pazienza: era la più carina. I telefilm sono nel complesso gradevoli, anche se manca quel quid che solo Chesterton sapeva dare. Infatti, la serie è solo ispirata al personaggio creato da Gilbert K. Chesterton. Il risultato è che un prete cattolico diventa detective, con storie che tengono presente che, appunto, si tratta di un prete cattolico nell’Inghilterra anglicana dei primi anni Cinquanta. Naturalmente, gli autori non hanno il genio letterario di Chesterton né, figurarsi, la sua preparazione teologica.
Non a caso di Chesterton è in atto addirittura il processo di beatificazione per il suo acume cristiano e la sua capacità di renderlo accessibile a tutti. In un tempo in cui furoreggiava lo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, Chesterton volle intenzionalmente contrapporgli un detective che fosse l’opposto. Come Holmes usava il razionalismo ottocentesco ateo e positivista, così padre Brown risolveva gli enigmi tramite la razionalità scolastica di san Tommaso d’Aquino.
Conan Doyle, quantunque battezzato cattolico, era spiritista (la via “scientifica” per l’aldilà). Chesterton, convertito da adulto al cattolicesimo, dei convertiti aveva la foga, la chiarezza di idee e la passione dottrinale.
Naturalmente, niente di tutto questo si trova nei telefilm trasmessi in Italia dal canale televisivo Paramount. Sono dei gialli dal tono leggero, quasi da soap opera, e non hanno particolari pretese. Però, l’episodio L’angelo della misericordia fa sobbalzare sulla sedia i fans di Chesterton. Si tratta di una anziana signora che – lo si scopre alla fine - si dedica all’eutanasia attiva di malati consenzienti. Quando viene scoperta, da padre Brown, si lancia nelle solite giustificazioni che si sentono da parte dei sostenitori del «diritto» alla dolce morte. L’unica obiezione del prete-detective è che solo Dio può stabilire quando si deve morire.
Se i movimenti per la vita odierni usassero questo tipo di argomentazione non avrebbero alcuna speranza di successo. Il diritto naturale, infatti, è razionale e oggettivo, ed esula dal semplice fideismo. Chesterton avrebbe avuto ben altri argomenti sul tema. Solo che detto tema ai suoi tempi era fuori discussione, sennò lui ci avrebbe lasciato le sue consuete folgorazioni, tanto era bravo a cogliere l’ovvio, anzi il talmente ovvio da essere sotto gli occhi di tutti e, perciò, quasi invisibile.
Di più: il tema era fuori discussione anche negli anni Cinquanta, epoca in cui sono ambientati i telefilm e, in Inghilterra, un «angelo della misericordia» del genere avrebbe suscitato orrore e sarebbe finito impiccato senza complimenti. Ma non è questa l’unica perla della puntata. Tenetevi forte. La principale indiziata, ex novizia di convento, alla fine della storia dichiara di volere, adesso, dedicarsi al grande amore della sua vita. «Il convento?», chiede un’ingenua Penelope. No, risponde quella, e fa un nome. Subito arriva una macchina e ne scende una donna.
Le due si abbracciano con trasporto e con la stessa macchina se ne vanno. Insomma, due lesbiche. L’unica reazione di padre Brown è un’alzata di sopracciglio, gli altri comprimari, dal canto loro, tacciono. La conclusione è politicamente corretta e denuncia l’esaurimento delle idee degli autori. Ma anche cronologicamente errata. L’Inghilterra degli early Fifties era ancora puritana ed erede di una mentalità vittoriana che solo l’avvento del beat dieci dopo avrebbe incrinato (i più anziani tra noi ricordano che, al loro apparire, i Beatles con quelle pettinature venivano definiti dalla stampa «scimmie»). Chesterton, poi, si rivolta nella tomba al vedere come viene trattato il suo cattolicissimo e ortodossissimo personaggio.
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