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REPLICA

«Ero amica di Terzani, era ben altro che un guru»

Era un giornalista onesto che ha scritto anche pagine bellissime su Madre Teresa di Calcutta. Risponde Agnoli: ma il suo magistero è nefasto.

Attualità 06_10_2011
tiziano terzani Conoscevo molto bene Tiziano Terzani. Per questo ho fatto fatica a leggere larticolo di Francesco Agnoli a lui dedicato («C’è poco da imparare dal “guru” Terzani»).

Io sono stata molto amica di Tiziano Terzani. Sinceramente amica, e non certo negli anni più leggeri della sua vita, ma negli ultimi, quelli della malattia: vissuti con coraggio e un grande affetto per l’esistenza. 

Il mio cattolicesimo, imperfetto, ma terribilmente entusiasta, non è mai stato tra me e lui un ostacolo alla simpatia che ci legava, anzi ha permesso alcune conversazioni profonde, che  spero gli abbiano dato un po’ di conforto, ma che per me sono state una via per capire il  perché da quella fede non volevo scappare.

No, Terzani non si è mai convertito, neanche quando sentiva, terribilmente, la mancanza e il desiderio di Dio. Avrebbe desiderato quell’aiuto che la fede offre soprattutto nei momenti  difficili. “E’ un dono”, mi ha detto una volta, “lei è molto fortunata”.

Bisognerebbe leggere l'articolo che ha scritto su Madre Teresa di Calcutta. La raccolta di suoi articoli che lo contiene si titola “In Asia”. Lo consiglio ad Agnoli come a tutti coloro che credono che Terzani tentasse di diventare per chicchessia un guru indiano, cosa che gli ho sentito smentire più volte in pubblico, nell’ultima fase della sua vita, alle presentazioni dei suoi libri che richiamavano moltissimi  gente, giovani e meno.

Tiziano Terzani era solo un giornalista, e non era  andato in viaggio in India alla ricerca di una spiritualità facile, come sostiene Agnoli. Era arrivato a Nuova Delhi, alla fine degli anni ottanta, come corrispondente di Der Spiegel, il ben noto settimanale tedesco. In quegli anni si era scatenata in India e Gran Bretagna una battaglia a colpi di volumi di reporters,  con pochi scrupoli e ancor meno cuore, per screditare l’operato di Madre Teresa. Una campagna di fango che godeva di un certo successo e popolarità. Raccontare al mondo intero la vita miserabile dei poveri di Calcutta, come faceva la suora, irritava gli indiani che non volevano quella pubblicità, mentre le doti imprenditoriali della missionaria della carità e delle sue sorelle, la loro indipendenza da poteri locali, spingevano una certa opinione pubblica con poche simpatie verso i cattolici, a nutrire dubbi sul reale fine di tutto quel lavoro e guadagno.

Terzani andò a vedere da reporter scettico, ma curioso di capire la verità qual era. Dal suo incontro con la Madre, escono alcune tra le più belle pagine di come la santità cristiana non è dedicata solo a chi già crede, ma è generosamente regalata a chi abbia gli occhi e il cuore per vederla.

A volta raccontava la sua infanzia fiorentina di bambino poverissimo, del padre bracciante agricolo con idee comuniste; lavorò all’Olivetti, perché fu il primo lavoro che offrirono ad un ragazzo bravissimo a scuola, che aveva studiato a forza di borse di studio.  

Dalla Cina fu espulso per quello che scrisse contro il regime,
dopo una bella rieducazione in galera da dove fu tirato fuori solo grazie all’intervento dell’ambasciatore tedesco.  All’epoca non era ancora caduto il muro di Berlino e far l’antiMao non era i moda né utile alla carriera, nei giornali italiani, soprattutto, dove nessuno gli offrì mai un buon contratto, infatti.

Non abbiamo mai avuto neppure le stesse idee politiche, ma cosa avrei pensato io se fossi nata nei suoi anni, da un padre bracciante, che non poteva comprargli un paio di scarpe e lo portava la domenica, come premio, a veder gli altri mangiare il gelato? Padre Turoldo era l’unico prete  che aveva conosciuto nella sua giovinezza a Firenze e ne ricordava con emozione le parole.

L’ultima volta che l’ho visto mi ha brontolato: “Non scriva che sembro un santone indiano! Almeno lei!”. Si vestiva così, perché qualsiasi pantalone occidentale con cintura gli avrebbe dato troppa noia, dopo tutte le operazioni che aveva subito. Poi era un fiorentino vero, il che fa rima con un po’ di sana vanità: stava bene vestito così, era elegante.

E’ venuto a morire a Firenze come la Fallaci; si arrabbierebbero tutti e due a sentirsi uniti in questa mia riga, ma se qualcuno vuol perdersi  la briga di leggere i reportages, dell’uno e dell’altra dal Vietnam,  scoprirà che raccontano con grande onestà la stessa guerra, pur essendo tanto distanti di pensieri. Una prova di giornalismo onesto che è molto rara nei nostri tempi.

Risponde Francesco Agnoli:
Gentile Elisabetta,
anche a me Terzani non sta per nulla antipatico, anzi. Mi sta così simpatico, umanamente parlando, che ogni tanto prego per lui. Sono convinto anch'io che sia una vittima dei suoi tempi grigi. Conosco la sua ammirazione per Madre Teresa. Ma ho letto anche le sue frasi durissime sul cristianesimo e il suo amore a tratti viscerale per il comunismo assassino. Non giudico una persona, che sarà sicuramente stata mille volte meglio di me. Giudico, però, i suoi libri e il suo "magistero": nefasto. Cordialmente
Francesco