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STORIA

Enver Bey e il genocidio degli armeni

Il genocidio armeno (più di un milione di trucidati e un altro milione di esuli) aveva tre principali responsabili: Talaat, Jemal e Enver. Il primus inter pares era Enver Bey, poi Enver Pasha....

Cultura 24_07_2018
Enver Bey

Il genocidio armeno (più di un milione di trucidati e un altro milione di esuli) aveva tre principali responsabili: Talaat, Jemal e Enver, tutti e tre divenuti Pasha e a capo del governo turco, nonché della organizzazione dei Giovani Turchi che li aveva espressi. Il primus inter pares era Enver Bey, poi Enver Pasha. Tutti e tre se la batterono quando una flotta franco- inglese poneva fine alla Grande Guerra, per l’impero ottomano alleato del Kaiser, occupando Istanbul. I tre si lasciavano alle spalle «un paese in ginocchio, centinaia di migliaia di soldati caduti, orde di disertori che saccheggiavano e uccidevano, una carestia feroce» (Franco Cardini, Il Sultano e lo Zar, Salerno).

Enver Bey si era messo in luce capeggiando nel 1908 una rivolta militare che aveva portato alla deposizione del sultano Abdul-Hamit II. Il nuovo sultano, Mehmet V, era praticamente in balia dei Giovani Turchi. I quali mandarono Enver a Berlino come addetto militare. Qui Enver si innamorò del pangermanesimo e concepì qualcosa del genere per il mondo turco. Le sue idee si andarono precisando mentre combatteva gli italiani nella guerra del 1911 in Tripolitania e Cirenaica. Ma era affascinato, pur se in negativo, anche dal modello zarista.

Gli ottomani, nella loro secolare aggressione all’Europa, erano stati fermati per mare a Lepanto nel 1571 e, a terra, davanti a Vienna nel 1683. Nel 1717 il principe Eugenio di Savoia li aveva battuti definitivamente a Peterverdein. Ma la lotta dei cristiani contro di loro veniva ereditata dai russi, il cui braccio di ferro con la Sublime Porta avrebbe, in due secoli, sottratto a quest’ultima tutta quella che oggi è la parte meridionale della Federazione Russa. Dunque, Enver conosceva bene il secolare nemico e ne ammirava l’ideologia: i russi si erano posti come protettori di tutti gli slavi (panslavismo) ma anche di tutti i cristiani ortodossi.

Ecco quel che voleva fare Enver: un panturchismo islamico in cui la religione facesse da collante identitario. «C’è già un seme “razzistico” in questa visione della storia e della realtà etnica del genere umano: e non a caso Enver sarebbe stato uno dei principali e più diretti responsabili del massacro degli armeni di quegli anni». I Giovani Turchi non a caso dismisero il fez (turco) e adottarono il colbacco (russo). Enver ex Pasha, in fuga dalla natia Istanbul, si rifugiò a Mosca, dove nel frattempo Lenin aveva preso il potere. E Lenin lo mandò come consigliere militare nelle province islamiche della nuova repubblica bolscevica.

Qui Enver, che non aveva rinunciato al suo sogno, passò dalla parte del jihad contro i comunisti atei e si proclamò «comandante in capo di tutte le armate dell’islam, congiunto del califfo, inviato del Profeta». L’Armata Rossa si mosse subito contro quelli che i bolscevichi chiamavano «banditi» e nel 1922 la fecero finita. Enver cadde, pare, in battaglia in circostanze poco chiare. La guerriglia-jihad dei turco-mongoli e tagiki continuò per tutti gli Anni Trenta e fu repressa dai sovietici con la solita ferocia.

Degli altri due membri del triumvirato responsabile del genocidio armeno, uno, Jemal, fu assassinato da alcuni giovani armeni a Tiflis in Georgia nello stesso anno della morte di Enver. L’altro, Talaat, un anno prima era caduto sotto i colpi di rivoltella, a Berlino, per mano di uno studente universitario armeno, Soghomon Tehlirian. Da quest’ultima vicenda nel 1983 è stato tratto un film, Missione a Berlino (Assignment Berlin), prodotto e diretto dal regista (naturalmente) armeno Hrayr Toukhanian.