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SUOR BONINO/LA STORIA

Enrica delle periferie: «Il mio Cristo è nell'uomo ferito»

Ci sono il rigore e la forza produttiva della Torino-operaia nel cuore di Enrica Bonino, suora della Congregazione Ausiliatrice delle Anime del Purgatorio. Una missione nella periferie del mondo e tra gli uomini feriti dalla vita: nei sobborghi della Colombia, della Romania, dell’Albania per poi approdare a Milano.

Ecclesia 09_06_2015
Suor Enrica Bonino

Ci sono il rigore e la forza produttiva della Torino-operaia nel cuore di Enrica Bonino, suora della Congregazione Ausiliatrice delle Anime del Purgatorio, istituzione che si occupa di chi vive situazioni di passaggio, di criticità. «I miei genitori venivano dalla campagna e facevano i turni alla Fiat, sono cresciuta nella parrocchia Santa Trinità di Nichelino, periferia sud della città da sempre serbatoio di manodopera industriale e centro dello spaccio. Sono stata animatrice ed educatrice nel mio quartiere, fidanzata con l’anello prima di diventare suora, prima di vivere a Roma, di viaggiare per la mia Congregazione nei sobborghi della Colombia, della Romania, dell’Albania per poi approdare a Quarto Oggiaro», spiega. In questa periferia milanese un po’ città e un po’ campagna, a ridosso della tangenziale Ovest, suor Enrica fra droga, baby gangs, difficili convivenze con i flussi migratori, alto tasso di disoccupati incontra Cristo ogni giorno.

Perché, come dice il gesuita francese Joseph Moingt, tanto caro a suor Bonino, ciò che ha di eccezionale Gesù non è di ordine religioso, ma umano. Siamo condotti a Dio attraverso percorsi di umanità che Cristo ha tracciato. «Il mio iter è iniziato sulle strade della marginalità esistenziale di tossici e trafficanti di droga alla fine degli anni Sessanta quando facevo l’animatrice». Lei aveva due armi “difensive”, allora. Prima: l’educazione dei suoi genitori che l’hanno abituata alla disponibilità verso chi soffre, a dare una parte di quel che si ha, anche se costa tanta fatica farlo. Ricorda sua madre che non comprava quasi mai la carne, ma dava una parte del loro pranzo a chi aveva più problemi di loro. Seconda arma: la spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola che le ha trasmesso disciplina, criteri per il discernimento, senso del limite. In un momento in cui tutti sbandierano l’autonomia di pensiero e comportamento l’orientamento ignaziano offre la possibilità di avere una guida. Un andare controtendenza rispetto al delirio di onnipotenza che ci sta travolgendo e distruggendo. 

Dopo aver studiato come educatrice suor Bonino è entrata nella Congregazione Ausiliatrice delle Anime del Purgatorio e ha cominciato a lavorare nel suo quartiere nelle comunità-alloggio, fra i rom, i disabili, i minori senza punti di riferimento. Lì è maturata la sua fede, stando con chi è ai margini ha scoperto che siamo tutti bisognosi. E che la forza che ci rende diversi è quella di mettere a disposizione ciò che abbiamo. Ma anche quella di tirar fuori il meglio di noi e degli altri. «É entusiasmante con la gente che conosco cercare in tutto ciò Dio, delle volte cercarlo anche attraverso le ferite, le difficoltà e incontrarlo quando meno te l’aspetti in quel che accade. Se dovessi esplicitare ciò che anima le mie giornate, ecco, direi che sono affascinata dallo stile di Gesù che mette e rimette in piedi sempre!» Concretamente questo per suor Enrica significa “sporcarsi le mani”, lasciarsi toccare, interrogare, sconvolgere dalla vita degli altri. Vuol dire stare vicino e condividere le passioni, le gioie, i dolori di chi sta decidendo se accettare le lusinghe della malavita, accompagnare chi non trova più un senso nella propria professione, anche se ben remunerata e ancora affiancare famiglie giovani che stanno ricercando, talvolta faticosamente un equilibrio. 

Come parlare di Dio in queste situazioni? «Sperimento che la possibilità che ho è la relazione, una relazione in cui gli altri si possano “sentire a casa”, dove ci si possa sentire se stessi, un rapporto che aiuti a guardare avanti, verso una realtà che dia respiro, verso la profondità dell’amore di Dio, verso il profumo della Resurrezione». Anni fa con i figli dei morti ammazzati dalla droga e dall’aids suor Bonino nella parrocchia Pentecoste di Quarto Oggiaro ha progettato e costruito una grande cucina dove condividere pranzi e pezzi di strada, momenti di vita con questi giovani. Giorno dopo giorno si sono dati regole di convivenza, hanno stabilito in che modo potevano essere fratelli sostenendosi per le attività di studio, scambiandosi supporto psicologico, cercando risposte alle domande minimo-comune-denominatore di tanti ragazzi del quartiere: come faccio a fare pace con la mia storia visto che i miei genitori sono morti per droga? Come posso placare la rabbia che mi spinge ancora a percorrere la strada della distruttività?

Piangere con qualcuno che ha perso un figlio, accogliere chi si sente rifiutato, fare compagnia a un anziano solo, dare un’opportunità di lavoro a chi è senza mezzi di sostentamento equivale ad alzare gli occhi al Cielo. Suor Enrica Bonino dice che per lei non è possibile trovare Dio senza l’uomo e che ha senso la vita religiosa se si costruisce comunità, se si valorizza ogni piccolo segno di speranza, ma anche ogni limite. Perché, nel limite troviamo le nostre risorse, troviamo la misericordia di Dio che ci ama al di là delle nostre mancanze. D’altronde è strano, ma il Cielo, quasi come in un magico effetto-calamita, si svela se lo amiamo. E questa considerazione è applicabile a tutto… Infatti, è l’amore a rendere l’usignolo un cantore, un oggetto insignificante meraviglioso, il nostro fidanzato il più bello di tutti! I Vangeli non invitano a stranezze: «guardate i gigli del campo, il fico, il tramonto, le nuvole». I Vangeli invitano al contatto con la realtà, con gli elementi della vita. Entusiasmarsi, condividere, coinvolgersi ha il suo prezzo e non sempre la formula dell’appassionato-distacco funziona. 

«Quando sono venuta via dalla Colombia per tornare in Italia ho pianto per 18 ore di volo e poi ancora. Certo ho la possibilità di parlarne nella mia comunità, di rielaborare il “lutto” con percorsi spirituali orientati a focalizzare una realtà che tutti dovremmo avere sempre ben presente: le persone non ci appartengono, sono di Dio», dice. Non è semplice, il dolore resta. Ma in questi casi oltre alla sua comunità le danno conforto la preghiera del pellegrino russo Signore, Figlio di Dio, abbi pietà di me e le immagini positive di tante persone che sono riuscite a risolvere le loro difficoltà anche attraverso il suo aiuto. Una storia per tutte: la vita di un ragazzo malavitoso che rubava auto e oggi è una persona che lavora per il Bene ricoprendo un ruolo di grande responsabilità. Ricordiamolo: dal “male” si può uscire se qualcuno ci ama davvero, se qualcuno crede in noi. Suor Enrica ne è convinta.