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PAKISTAN

Emmanuel Parvez: "Verità e giustizia prevalgono sull'odio"

Asia Bibi, la donna cristiana pakistana condannata a morte per blasfemia nel 2010, è stata assolta dalla Corte Suprema, in appello. Gli islamisti del partito TLP chiedono la sua impiccagione. Ma in una giornata di terrore, “verità e giustizia prevalgono sull’odio”, come spiega a La Nuova Bussola Quotidiana padre Emmanuel Parvez, cugino di Shabhaz Bhatti, assassinato nel 2011 proprio perché difendeva Asia Bibi

Libertà religiosa 01_11_2018
Pakistan, polizia a protezione della Corte Suprema

Asia Bibi, la donna cristiana pakistana condannata a morte per blasfemia nel 2010, è stata assolta dalla Corte Suprema. Era stata assolta tre settimane fa, ma per motivi di sicurezza il verdetto era rimasto segreto. Ora che è stato annunciato, come previsto, è scoppiata la rivolta in tutto il Pakistan. Gli islamisti del partito TLP chiedono la sua impiccagione. Il primo ministro Imran Khan è intervenuto pubblicamente per stigmatizzare la rivolta. “Non rendono un buon servizio all’islam”, ha dichiarato il premier. Ma in una giornata di terrore, “verità e giustizia prevalgono sull’odio”, come spiega a La Nuova Bussola Quotidiana padre Emmanuel Parvez

Padre Emmanuel è cugino del ministro delle minoranze Shahbaz Bhatti, assassinato nel 2011 in un attentato proprio perché provò a difendere Asia Bibi. «La notizia dell’assoluzione, innanzitutto, è una gioia per noi tutti – dice a La Nuova Bussola Quotidiana – Ringraziamo i giudici, gli avvocati e quanti hanno pregato per Asia, specialmente la Chiesa, in tutto il mondo. E questa è stata anche una giornata di ansia, per il pericolo delle manifestazioni dei radicali, dei fanatici. I cristiani sono in pericolo e non so come andrà a finire. Speriamo che tutti comprendano che la verità e la giustizia prevalgono sull’odio. Questa è realmente una vittoria per Shahbaz Bhatti e per tutti coloro che, in Pakistan, vogliono un paese in pace e concordia».

Nel frattempo però gli estremisti del Tlp, il partito Tehreek-i-Labaik, stanno occupando strade e ferrovie in varie regioni del Pakistan e manifestano violentemente nelle città. Muhammad Afzal Qadri, il leader del partito, ha emesso la sua fatwa di condanna a morte dei tre giudici della Corte Suprema. Attorno alla sede del massimo organo di giustizia, una “zona rossa” è stata blindata e presidiata da polizia ed esercito. Nella ragione del Sindh, le scuole private di Karachi, fra cui anche quelle cristiane, sono chiuse per sicurezza. Nel Punjab sono state chiuse tutte le scuole nella città di Lahore, dove è più alto il rischio di attentati contro i cristiani (era stata Lahore teatro della strage di Pasqua). I militanti del Tlp hanno provato a bloccare le strade che portano a Karachi, una ferrovia a Peshawar, e le strade che portano all’India attraverso il Kashmir. Nell’occupazione della ferrovia sui tre ponti del canale Jhelum, i manifestanti hanno dichiarato che non lasceranno le rotaie “finché Asia Bibi non sarà impiccata". Fra le misure più drastiche applicate dalle autorità, il governo del Sindh ha messo in atto una legge antiterrorismo, la “Sezione 144”, che rimarrà in vigore fino al 10 novembre, in base alla quale è vietato portare armi ed è proibito ogni assembramento in luogo pubblico superiore alle quattro persone.

Il premier Imran Khan, fresco di elezione e ancora molto popolare nel paese, ambiguamente vicino agli islamisti in tutta la sua campagna elettorale, ha rivolto un appello alla nazione invitando alla calma. “Quale governo potrebbe mai funzionare – ha detto nel suo discorso televisivo – se viene ricattato dalle proteste? E chi soffre a causa di queste? I nostri concittadini pakistani. La gente comune, i poveri. Voi bloccate le strade, derubate la gente della sua vita quotidiana. Questo non è un buon servizio reso all’islam e al nostro paese”. Non certo un discorso a favore di Asia Bibi e della causa della giustizia per una perseguitata religiosa, dunque. Ma un invito a rispettare l’ordine pubblico, in difesa delle istituzioni.

La sentenza Asia Bibi, almeno, dimostra un coraggio senza precedenti della magistratura, finora intimidita dalla violenza dei fondamentalisti. «In Pakistan sanno che noi cristiani rispettiamo tutti i profeti, ma la legge sulla blasfemia è abusata – dice padre Emmanuel Parvez - Chiunque può essere accusato sulla base di un sospetto e noi cristiani non abbiamo alcuna possibilità di difenderci perché siamo solo il 2% della popolazione. Quando un cristiano si ritrova da solo davanti a una folla di 10-15mila persone, non può fare nulla. Non solo Asia Bibi è in pericolo, tutti lo sono. Noi vogliamo che questa legge sulla blasfemia sia riformata. Vogliamo che anche chi lancia un’accusa falsa possa essere punito. Questa sentenza può aprire uno spiraglio, per la verità, per la giustizia». Si teme per la vita, sia dell’avvocato di Asia Bibi che dei magistrati, «Tutti loro sono in pericolo e speriamo che il governo ci aiuti. Anche Asia non è ancora del tutto libera. Non sappiamo dove si trovi, speriamo che vada in qualche parte del mondo dove possa vivere in pace e sicurezza. Perché ha sofferto già tanto».

Cosa ci si può attendere per i prossimi giorni? «Loro (i militanti estremisti, ndr) possono fare di tutto. Sono già entrati molte volte nelle chiese per compiere stragi. Hanno ucciso tanti innocenti nelle scuole, nelle case. Viviamo nella paura, speriamo veramente che il governo ci aiuti».