Emergenza Covid: il governo ha abbandonato la Lombardia
Anche se si getta acqua sul fuoco, il Governo non collabora con la Lombardia per sostenere l'emergenza dell'epidemia di Covid-19. Le mascherine inviate sono inutilizzabili, la Consip rallenta l'acquisto di respiratori, Bergamo e Brescia non vengono cordonate, Conte non vuole Bertolaso. E i ministri non visitano la regione più colpita
Hanno fatto bene il Ministro delle autonomie, Francesco Boccia, e l’Assessore regionale lombardo al Welfare, Giulio Gallera a smorzare le polemiche e a rilanciare la necessità che il senso dello Stato prevalga su sterili polemiche e assurde dispute di natura gestionale. L’emergenza è nazionale ed è giusto marciare uniti.
Ciò non toglie che non si possano fare sommesse considerazioni sul braccio di ferro, a tratti latente a tratti palese, tra l’operosa cultura lombarda del fare e la paralizzante mentalità burocratica dei Palazzi Romani, capace di riemergere con forza nei comportamenti della Protezione civile e del governo Conte anche in queste ore drammatiche di emergenza sanitaria.
Lo si percepisce già negli annunci. Tutti i pomeriggi i cittadini italiani cominciano a tremare quando si avvicinano le 18, ora fatidica dell’aggiornamento del bollettino di contagiati, deceduti e guariti, che viene letto con intonazioni tra il disperato e il rassegnato nel corso della quotidiana conferenza stampa della Protezione civile. Per converso, con uno stile più battagliero, Il governatore lombardo, Attilio Fontana e i membri della sua giunta, pur sottolineando la gravità della situazione da affrontare, cercano sempre di dare conto ai loro cittadini degli esiti dell’impegno delle istituzioni e delle strutture ospedaliere, offrendo un appiglio alla speranza che prima o poi tutto possa rientrare. La lotta contro il tempo, ormai lo si è compreso con chiarezza, riguarda i posti in terapia intensiva. Quando saranno terminati, ed è questione di ore, bisognerà inventarsi altro per assistere i prossimi casi di ricoveri per contagio da Covid-19.
L’impressione, però, è che il governo abbia un po’ abbandonato la Lombardia, o quanto meno l’abbia messa sullo stesso piano del resto del territorio nazionale, senza rendersi conto che se si dovesse paralizzare il sistema sanitario lombardo i contraccolpi si scaricherebbero su tutti gli italiani. La beffa delle mascherine è indicativa dell’atteggiamento del governo nazionale nei confronti della Lombardia, epicentro del contagio. La Prefettura di Milano ha ritirato 200.000 mascherine inviate dalla Protezione civile agli ospedali lombardi, in quanto non idonee. «Sembravano stracci», lamenta l’Assessore Gallera. Da Roma si sono scusati, ma ci sarebbe da chiedersi perché queste cose accadono. Anche in materia di respiratori, apparecchiature indispensabili per salvare vite umane, la Consip sembra imprigionata nelle maglie dell’asfissiante burocrazia procedurale, fatta di vincoli, autorizzazioni, step di vario tipo. E dunque non si comprende il perché le libertà democratiche più elementari, come quella di circolazione o quella di riunione, possano essere sospese all’improvviso e per decreto, senza dare il tempo ai cittadini di organizzare le proprie vite, mentre l’acquisto di strumenti e dispositivi medici debba necessariamente passare attraverso le forche caudine degli adempimenti burocratici. Se l’emergenza c’è, deve valere per tutto, non solo per tanti inediti divieti, privi di precedenti nella vita repubblicana.
Nel frattempo non si comprende neppure perché la situazione disperata di due province lombarde, Bergamo e Brescia, non abbia ancora stimolato il governo nazionale a delimitare i loro territori dichiarandoli “zone rosse”, sul modello della cintura del lodigiano di qualche settimana fa, chiusa a qualsiasi flusso in entrata e in uscita. In questo senso gli appelli di sindaci della zona e esponenti della politica lombarda sono caduti nel vuoto. La sensazione più disarmante è quindi proprio quella di un governo che non supporta fino in fondo gli sforzi della Lombardia nel contrasto al contagio da Covid-19. Il retropensiero indurrebbe a pensare che si tratti di meschine logiche partitiche e di potere, ma su questo punto dobbiamo fidarci delle secche smentite di Palazzo Chigi e degli altri Ministri del Conte-bis.
Fatto sta che Guido Bertolaso, Direttore del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2001 al 2010, è stato chiamato come consulente gratuito del Governatore lombardo, Fontana e non come commissario straordinario unico per l’intera nazione. La sua nomina peraltro era stata proposta a Conte da un suo alleato di governo, Matteo Renzi, e non dal centrodestra. Forse il premier non ama in generale chiunque possa fargli ombra, sussurrano i malpensanti. Un conto è avere la scena tutta per sé nell’annuncio dei decreti a reti unificate, con la possibilità di entrare all’ora di cena nelle case degli italiani, altra cosa è dover delegare quegli annunci a un commissario straordinario, sia pure nominato da lui ma comunque più titolato di lui, nel caso specifico, a fornire aggiornamenti quotidiani all’opinione pubblica.
Ora Bertolaso cercherà di aiutare la Regione Lombardia ad attrezzare un ospedale da campo negli spazi del Portello, all’interno della Fiera di Milano. La Protezione civile si era messa di traverso anche li’, dichiarando non fattibile il progetto di creare 500 posti di terapia intensiva in quei padiglioni. Ora è possibile che questo progetto decolli, e sarebbe l’ennesima dimostrazione che in questi casi chi fa per sé fa per tre.
E allora, come avrebbe detto Agatha Christie, un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova. Che dire di un governo completamente assente dalla Lombardia anche sul piano della presenza fisica? Se si eccettua una fulminea trasferta del Ministro della salute, Roberto Speranza, nessun ministro si è fatto vedere all’ombra della Madonnina, e neppure nel resto della Lombardia. Tanto meno il premier Conte.