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AMMINISTRATIVE

Elezioni comunali, il governo alla prova del voto locale

Domani, dalle 7 alle 23, si voterà in 761 comuni, di cui 109 con più di 15.000 abitanti. Cosa guardare di questo voto locale, dall'importanza nazionale? L'affluenza degli elettori, le percentuali di Lega e Movimento 5 Stelle (che si presenteranno separati) e la tenuta di Forza Italia e Pd. Soprattutto il Pd teme di perdere le sue roccaforti.

Politica 09_06_2018
Elezioni a Brescia

Domani, dalle 7 alle 23, si voterà in 761 comuni, di cui 109 con più di 15.000 abitanti. Ad essere chiamati alle urne 6,7 milioni di elettori per rinnovare amministrazioni comunali anche importanti. In 109 comuni c’è la possibilità di un ballottaggio, già fissato per domenica 24 giugno, perché il numero di abitanti è superiore alle 15.000 unità. Tra di essi ben 20 comuni capoluogo di provincia, dei quali ben 15 sono guidati dal centrosinistra. Il Pd trema in molti suoi feudi storici come Siena, Massa, Pisa e Ancona, ma anche a Vicenza, dove governa da 10 anni, a Treviso, Brescia, Terni, Barletta e Catania.

I motivi di interesse di questo voto, che arriva proprio a pochissimi giorni dalla fiducia al nuovo governo giallo-verde, sono molteplici. Anzitutto va ricordato che i moventi del voto amministrativo sono sempre diversi da quelli del voto politico. Più che mai il 4 marzo gli elettori hanno lanciato alla politica segnali di cambiamento, attribuendo un bottino considerevole di voti alle forze che nella precedente legislatura erano state all’opposizione. In ambito locale, invece, si vota di più la persona e contano meno i simboli (peraltro proliferano le liste civiche), per cui non è detto che il voto di domani rispecchierà l’esito delle elezioni di tre mesi fa. Peraltro si voterà con un sistema completamente diverso dal tanto vituperato Rosatellum, per cui anche l’attribuzione dei seggi risentirà dei meccanismi insiti nella legge elettorale per le comunali, che ha peraltro dato prova di funzionare in questi anni e di assicurare stabilità amministrativa.

Un elemento che andrà considerato è quello dell’affluenza. Pur nella diversità di moventi, appena ricordata, sarà importante osservare il senso civico con cui gli elettori andranno a votare e le percentuali dell’affluenza. Se sarà alta, bisognerà dedurne che il voto del 4 marzo ha davvero restituito fiducia e speranze agli italiani, nuovamente motivati ad esprimere una preferenza per una forza politica o un candidato. Se sarà bassa, vorrà dire che neppure la nuova inedita maggioranza giallo-verde scalda i cuori degli italiani né trasmette una forte percezione di cambiamento. Alle amministrative di un anno fa votarono il 60,07% degli aventi diritti. Vedremo se tale livello verrà raggiunto o superato.

Scivolando sul terreno più strettamente politico, c’è grande curiosità per le percentuali che Lega e Movimento Cinque Stelle riporteranno nel voto di domani, considerato che si presenteranno in competizione tra loro. Il Carroccio quasi ovunque conferma l’asse con Forza Italia e Fratelli d’Italia e i pentastellati corrono da soli ovunque. Silvio Berlusconi, almeno fino ai probabili ballottaggi del 24 giugno, dovrà mette da parte la sua insofferenza verso l’attuale esecutivo e marciare a braccetto con Matteo Salvini, nel tentativo di strappare alla sinistra il maggior numero di amministrazioni. Soprattutto in città come Brescia o Vicenza la sfida è davvero molto incerta e quindi la coesione è l’unica strada che potrebbe garantire al centrodestra di centrare l’obiettivo. I sondaggi su base nazionale lanciano la Lega oltre il 25% e frenano l’avanzata grillina, attribuendo al partito di Di Maio percentuali di poco superiori al 30%, ma non è detto che a livello locale si riproducano questi numeri.

Più che altro si tratterà di capire cosa farà il Movimento Cinque Stelle nei ballottaggi, ove rimanesse fuori e si ritrovasse a dover scegliere tra un candidato del centrosinistra e un candidato del centrodestra. Sceglierà, come sempre ha fatto in passato, di astenersi e lasciare libertà di voto ai suoi elettori o darà una mano soltanto ai candidati della Lega, rifiutando ogni appoggio a quelli di Forza Italia e Fratelli d’Italia?

Altrettanto incerta la situazione sul versante del centrosinistra. Il Pd viene dato in forte calo in molte delle città che attualmente amministra e quindi il rischio che quei 15 capoluoghi di provincia guidati dai dem diventino molti di meno è assai elevato. La contrapposizione tra renziani e antirenziani ha nuociuto al partito anche in sede locale, acuendo fratture e allontanando molti simpatizzanti. Se le amministrative, come appare assai probabile, dovessero andare male per i democratici, la resa dei conti dentro il partito potrebbe subire un’accelerazione e il congresso potrebbe essere anticipato a dopo l’estate. Quanto al resto della sinistra, a cominciare da Liberi e Uguali, è proprio il caso di dire “non pervenuta”. Sembra condannata all’irrilevanza, perché contesta l’attuale esecutivo ma non riesce a differenziare la sua opposizione da quella del Pd.

Queste elezioni amministrative, che pure non avranno riflessi sul quadro politico nazionale, potrebbero addirittura rinsaldare l’asse Lega-Cinque Stelle qualora Forza Italia e Pd dovessero riportare risultati deludenti. Questi due partiti avrebbero ancora più paura di sfasciare l’attuale assetto governativo e di andare ad elezioni anticipate, che per loro sarebbero un vero bagno di sangue. D’altra parte se il governo Conte fallisse, ben difficilmente Lega e Cinque Stelle accetterebbero altre soluzioni in questa legislatura, tanto meno governi tecnici. E i numeri parlano chiaro: senza i partiti dell’attuale maggioranza, non è possibile costituire alcun esecutivo di maggioranza. Dunque a Mattarella non resterebbe altro da fare che sciogliere le Camere.