Egitto, la "primavera" è finita
- 23 morti e circa 200 feriti a Il Cairo in scontri con l'esercito. La strage di cristiani copti conferma che la svolta promessa dal dopo-Mubarak è un'illusione nemmeno pia.
- Le motivazioni e le mani omicide
che insanguinano ora la capitale egiziana vengono peraltro da molto lontano, ma pochi hanno voluto sin qui vedere. - Inquietante, del resto, è il silenzio osservato sin ora dalla comunità internazionale;
e comunque imbarazzante sarà
il suo prevedibile grave ritardo.
«Ritengo che la strage di oggi rappresenti l’inizio inevitabile della penetrazione della minaccia di al Qaeda in Egitto… si tratta in ogni caso di un fortunato passo in avanti!». «Consiglio Supremo militare che cosa ci hai fatto, hai gettato contro i noi i terroristi liberandoli dalle prigioni e scagliandoli contro di noi, ora non riuscirai a fermarli e ora che cosa dirai a noi copti?». Kamal Ghobrial, intellettuale egiziano copto di Alessandria, non riesce a trattenere la rabbia e la disperazione innanzi all’ennesima strage di copti in Egitto. Ventitré morti e più di duecento feriti negli scontri di ieri sera davanti alla sede della televisione egiziana. Ghobrial chiede urgentemente l’istituzione di una Commissione d’inchiesta presso le Nazione Unite per accertare le responsabilità.
I copti, che per un attimo hanno sperato in un cambiamento nei giorni della Rivoluzione del Loto, durante i quali si esaltavano preghiere comuni, solidarietà tra egiziani in nome della libertà dal dittatore, hanno ben presto compreso - e sulla propria pelle - che nulla sarebbe cambiato e che la situazione era destinata solo a peggiorare. Da marzo a oggi si parla della fuga di circa 100mila copti dall’Egitto verso gli Stati Uniti e il Canada.
Michael Meunier, presidente dell’Associazione dei Copti negli Stati Uniti, in un’intervista rilasciata il maggio scorso a Il Sussidiario.net ha dichiarato che in Egitto sono necessari sia nuove leggi sia «un enorme sforzo educativo da parte del governo nelle scuole primarie e secondarie, un sistema educativo che insegni tolleranza e diritti civili». Lo scorso aprile negli Stati Uniti anche la Commissione per la libertà religiosa internazionale ha raccomandato a Hillary Clinton di dichiarare l’Egitto «un Paese che desta particolare preoccupazione».
Purtroppo a nulla sono valsi gli appelli, le grida disperate dei copti dentro e fuori l’Egitto. La strage di ieri lo dimostra e non sarà di certo l’ultima. Purtroppo la rivoluzione non ha cambiato nulla. In un paese dove la sharia è la fonte principale della legislazione, dove sulla propria carta d’identità bisogna dichiarare l’appartenenza religiosa sarà difficile mutare la situazione. Non basta una rivoluzione. In modo particolare se è una rivoluzione che ha visto passare il movimento dei Fratelli musulmani da ufficialmente bandito, ma tollerato, a movimento politico con pieni diritti che, come si è già visto nel referendum costituzionale, è già legato a doppia mandata con il Consiglio supremo e con i candidati a futuro presidente d’Egitto.
È inutile che dagli Stati Uniti si levino condanne, ci si preoccupi per la condizione dei copti, quando sono stati gli Stati Uniti a sdoganare il movimento fondato da Hasan al-Banna sostenendo che esista una fazione "moderata". Ebbene, è necessario che la comunità internazionale apra gli occhi. Nel dicembre 1980 la rivista al-Daawa, legata ai Fratelli musulmani, ha pubblicato una fatwa che proibisce la costruzione di nuove chiese in Egitto. Nel maggio 2005 Mohammad Habib, esponente di spicco della Fratellanza, in un’intervista al quotidiano al-Zaman ha dichiarato: «Quando il movimento andrà al potere, sostituirà la presente costituzione con una islamica, in base alla quale a un non musulmano non verrà concesso di occupare un posto di potere, sia nello Stato che nell’esercito, poiché questo diritto spetta solo ai musulmani».
Il 16 dicembre 2009, un mese prima della strage di gennaio a Naga Hammadi, sul quotidiano arabo internazionale al-Sharq al-Awsat si leggeva il seguente titolo: Al-Azhar ritira un libro di Muhammad Ammara perché i cristiani sostengono contenga «un oltraggio alla loro religione». Muhammad Ammara è membro del Centro di ricerche islamiche dell’università di al-Azhar ed è uno degli intellettuali più seguiti dagli ambienti legati ai Fratelli musulmani, il testo in questione s’intitola semplicemente “Relazione scientifica” ed è stato pubblicato come allegato alla rivista ufficiale dell’ateneo cairota. Il contenuto dell’opuscolo è un attacco spietato alla religione cristiana e l’unica località citata è proprio Naga Hammadi.
Quelli appena citati sono solo alcuni esempi di quello che si muove in Egitto da anni. Idee che vengono diffuse a tutti i livelli dalla scuola alla moschea e che hanno ormai inculcato nella mente degli egiziani, soprattutto quelli di cultura medio-bassa che rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione, odio e disprezzo verso il 10% dei loro concittadini. Se a questo si aggiunge l’alleanza tra Fratelli musulmani ed esercito e lo sdoganamento internazionale della Fratellanza, il panorama non è confortante. La comunità internazionale, le Nazioni Unite, l’Unione Europea dovrebbero fare un atto di coraggio e passare dalle parole ai fatti affinché i copti possano continuare a restare nel loro paese, nel quale vivono da ben prima della conquista islamica nel VII secolo, nella più totale sicurezza. E non è certo appoggiando e dialogando con i Fratelli musulmani che aiuteranno i cristiani, in particolare, e gli egiziani, in generale.