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DIBATTITO

Educazione sessuale, quando la disinformazione è cattolica

In una sconcertante intervista pubblicata su Avvenire, un "esperto" - collaboratore della Cei - esalta i presunti lati positivi del Documento dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Ecclesia 07_11_2013
Educazione sessuale

Tutti sanno che all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz campeggiava – e campeggia ancora a futura memoria – la scritta “Il lavoro rende liberi”, uno slogan tragicamente beffardo considerato cosa accadeva appena varcato quel cancello. E’ certo che a nessuno che conservi l’uso della ragione verrebbe mai in mente di dire che l’approccio nazista era anche positivo perché è vero che “il lavoro nobilita l’uomo”, peccato poi quelle aberrazioni compiute nel lager. Oppure che l’esperienza di Auschwitz abbia avuto luci e ombre, visto che l’approccio era positivo.

Ebbene, questo modo di ragionare – fortunatamente su tutt’altra materia - lo troviamo però in uno sconcertante articolo pubblicato dal quotidiano della Cei, Avvenire, a proposito del documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riguardante gli “Standard per l’educazione sessuale in Europa”. E’ un documento di cui abbiamo parlato anche noi nei giorni scorsi, mettendone in luce il contenuto aberrante, destinato oltretutto a diventare obbligatorio – o quasi – in tutti i paesi europei.

Ricordiamo brevemente che esso prevede un’educazione sessuale dagli 0 anni in poi, e che per i bimbi dagli 0 ai 4 anni sono tra l’altro previste informazioni sulla “masturbazione infantile precoce” e gli educatori devono anche metterli in grado di esprimere i propri bisogni e desideri, ad esempio nel “gioco del dottore”»; dai quattro a sei anni si deve anche scoprire «l’amore verso persone dello stesso sesso»; a quelli tra sei e nove anni dovranno essere fornite informazioni sui «cambiamenti del corpo, mestruazioni ed eiaculazione», facendo conoscere loro «i diversi metodi contraccettivi»; a quelli tra nove e dodici anni dovranno essere comunicati i «rischi e le  conseguenze delle esperienze sessuali non protette»; agli adolescenti tra i dodici ed i quindici anni dovranno, invece, essere rivelati concetti quali «pianificazione familiare», «impatto della maternità in giovane età», «presa di decisioni», «gravidanze anche in relazioni omosessuali», «prostituzione e pornografia», e soprattutto si dovrà avvertirli di stare in guardia «dall’influenza della religione sulle decisioni riguardanti la sessualità».

Ebbene l’esperto che Avvenire interpella per farsi spiegare il documento, in tutto questo riesce a trovare diverse luci oltre alle innegabili ombre. Peraltro si presume che il personaggio sia autorevole visto che si tratta di «un esperto del calibro di Michelangelo Tortalla, medico sessuologo clinico, membro della Federazione italiana sessuologia scientifica, dal 2003 al 2010 "collaboratore" nazionale dell’Ufficio Cei per la pastorale della famiglia».

Le luci starebbero appunto nell’«impostazione positiva» del documento OMS: anzitutto la visione “olistica” dell’educazione sessuale, ovvero la proposta di un «progetto capace di coinvolgere la vita biologica, psicologica e spirituale di un individuo». Poi il ruolo dei genitori che vengono «coinvolti costantemente nel percorso educativo dei figli, come è sacrosanto che sia». Terzo, l’uso della parola “genere” per indicare i sessi maschile e femminile, rifuggendo quindi da quell’ideologia di genere che oggi si vuole mettere dappertutto. 

Anche se queste affermazioni fossero vere sarebbe comunque molto grave mettere sullo stesso piano delle enunciazioni di principio con le azioni e gli obiettivi concreti che vengono posti in modo molto chiaro e che rivelano il vero scopo dell’operazione. Senza considerare che il documento in questione non cade così all’improvviso dal cielo, ma è la tappa di un lungo processo culturale e antropologico che un “esperto” dovrebbe conoscere, così da saper distinguere tra ciò che è fumo negli occhi e la vera sostanza.

Ma la cosa che può sembrare incredibile – eppure è così - è che tutte e tre le affermazioni del prof. Tortalla non corrispondono affatto alla realtà del documento in questione. Tanto da far pensare – ed è l’interpretazione più benevola – che né l’intervistatore né l’intervistato abbiano effettivamente letto ciò di cui parlano. Ed è per questo che ci sentiamo di intervenire su un articolo e dei giudizi dati dal quotidiano della Cei. E’ semplicemente inammissibile che venga fatta una tale disinformazione su un tema così delicato, così centrale nell’esperienza della persona, così importante dal punto di vista culturale e “politico” da essere nel prossimo futuro anche un campo minato per le scuole paritarie cattoliche.

Cerchiamo allora di chiarire brevemente i tre punti che secondo Tortalla sarebbero positivi. Intanto dobbiamo precisare che i documenti dell'OMS in realtà sono due: quello a cui si è fatto riferimento finora è del 2010, tornato di attualità perché vi rimanda la risoluzione Estrela ancora in discussione all’Europarlamento. Ma vi sono anche le recenti Linee guida per la realizzazione di questi Standard (2013) che, nel caso vi fossero dubbi, chiariscono in modo definitivo i concetti di cui si parla.

Dunque, anzitutto la visione “olistica”. Nel documento vi si fa spesso riferimento ma il significato non è quello che insegna il Magistero della Chiesa, ovvero una educazione che discende dall’educazione all’amore e si integra con una serie di valori che contribuiscono «allo sviluppo armonico e integrale della persona verso la sua maturazione psicologica, in vista della piena maturità spirituale, alla quale tutti i credenti sono chiamati» (cfr. Lumen Gentium, no. 39).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità si preoccupa invece di partire dalla sessualità intesa come genitalità per considerare anche tutte le conseguenze relazionali ed emotive che questa comporta, con l’obiettivo di raggiungere una soddisfazione o uno stato di benessere sessuale. Inoltre “olistico” significa mettersi nell’ottica dei diritti umani: diritto a conoscere la sessualità e diritto all’autodeterminazione. In questa prospettiva viene citata positivamente una sentenza della Corte Europea che dà torto a dei genitori tedeschi, andati in carcere per aver impedito ai figli di partecipare a certe lezioni di educazione sessuale. Infine significa evitare le situazioni di “cattiva salute sessuale”, ovvero malattie sessualmente trasmissibili e gravidanze indesiderate. E’ per questo che parte integrante della visione olistica sono l’uso dei contraccettivi e di pratiche di sesso sicuro, insieme a un giudizio assolutamente negativo sull’educazione all’astinenza, ritenuta da escludere (cfr. Linee Guida, pag. 10, box 1). 

Al contrario, la Chiesa insegna che parte integrante di una vera educazione sessuale è l’educazione alla castità. Niente di più lontano dalla visione proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Veniamo alla questione dei genitori: è davvero curioso sostenere che nel documento OMS sia data un’importanza fondamentale ai genitori. Ecco cosa osserva con soddisfazione il testo in questione: «Negli ultimi decenni, la tendenza prevalente, per l'Europa nel suo complesso, è stata quella di rendere l'educazione sessuale obbligatoria senza opzioni che permettessero ai genitori, in caso di severe obiezioni ai contenuti curriculari, di ritirare i propri figli dalle lezioni. Nella realtà, i genitori (compresi quelli appartenenti a minoranze demografiche) sono spesso dei sostenitori dell'educazione sessuale scolastica perché essi stessi non sono all'altezza del compito o provano imbarazzo a toccare l'argomento» (p. 14). E se ci fossero dei dubbi le Linee Guida li eliminano del tutto, perché il compito di sviluppare programmi e testi e di preparare gli insegnanti è tutto dei cosiddetti esperti. Il coinvolgimento dei genitori è sì citato ma il ruolo è quello degli “utili idioti”.

Dal punto di vista della Chiesa, invece, soggetto primario dell’educazione sessuale sono i genitori a cui la scuola casomai offre un supporto ma sempre nella prospettiva etica seguita dai genitori.

Da ultimo la questione del genere, e qui cascano davvero le braccia: basterebbe riprendere quelle scarne citazioni fatte all’inizio dell’articolo per capire che l’identità di genere – che pure viene esplicitamente menzionata nel Documento dell’OMS – non ha a che fare soltanto con i sessi maschile e femminile. Senza considerare che la lunga storia di questo concetto dovrebbe insegnare che quella di introdurre la questione di genere usando la parola come sinonimo di sesso è il classico “cavallo di Troia” per far passare un concetto che poi si arricchirà strada facendo di altri contenuti. La strategia di certi gruppi è alla luce del sole: sono più di venti anni che in tutte le sedi internazionali e nelle Conferenze dell’Onu si combatte su questi punti.

Come fa un esperto della Cei a ignorare totalmente questi dati? 

 

P:S: In conclusione riteniamo utile rimandare ad alcuni testi del Magistero sul tema dell'educazione sessuale, così da approfondire ulteriormente il tema, senza essere sviati da presunti esperti.

- Orientamenti educativi sull'amore umano-Lineamenti di educazione sessuale (1983)

- Sessualità umana. Verità e significato (1995)

- Conferenza HIV/AIDS - Intervento del Nunzio apostolico presso le Nazioni Unite (2011)