STATO DELL'UNIONE
Economia, Obama punta sull'energia "pulita"
Lo Stato investa. Per non perdere l'aereo della ripresa la Casa Bianca suggerisce auto elettriche.
- Che cos'è il discorso sullo Stato dell'Unione
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26_01_2011
Ieri sera il presidente degli Stati Uniti ha riferito in parlamento. Ha cioè pronunciato l’annuale discorso sullo Stato dell’Unione davanti alle due camere del Congresso federale riunite in seduta plenaria, più una serie di ospiti speciali, ottemperando in questo modo ai doveri previsti dalla Costituzione. Sì, è proprio andata in onda la versione di Obama, la versione lunga. Durato poco più di un’ora, interrotto una settantina di volte dagli applausi, il discorso ha impiegato un po’ per scaldare il motore ma alla fine è partito. La metafora non è fuori luogo. Obama ha infatti ripreso l’immagine che già circolava nei giorni precedenti.
Con riferimento all’economia americana che inizia a riprendere, ha detto il presidente, sarebbe assurdo togliere il motore all’aereo nel momento del decollo, anche perché tutti non tarderebbero ad avvertire l’impatto. Quella del tonfo dell’aviogetto è stata un’aggiunta un filino cruda rispetto alla versione più sobria circolata prima, e tutto sommato, nell’anno del decimo anniversario del disastro delle Torri Gemelle, davanti a una nazione che ha ancora i nervi scopertissimi rispetto a certe sciagure, anche fuori luogo. Mentre, alle spalle di Obama come di rito, a sinistra, il vicepresidente Joe Biden non ha praticamente mai dismesso il sorriso, sempre alle spalle di Obama, ma a destra, il neopresidente della Camera federale John Boehner ha risposto al passaggio di Obama sull’aereo che cade abbozzando una live smorfia, appena ripresa dalle telecamere.
L’aereo che sta decollando e di cui occorre evitare il crollo, suggeriva Obama, è quello dell’economia nazionale. Non azzoppiamola adesso che accenna a riprendersi. Tradotto, significa che l’economia del Paese va aiutata. Tradotto, visto che a dirlo è stato il capo dell’esecutivo, vuol dire che lo Stato deve intervenire. La parola usata da Obama, più volte, è stata «investimento». Cioè spesa. Come questo possa andare d’accordo con la denuncia, larvatamente contenuta anch’essa nel discorso di ieri sera, dei livelli altissimi del debito pubblico americano, doverosamente (lo ha suggerito Obama) da limare, è tutto da spiegare. Ancora. Perché di questa spiegazione nel discorso sullo Stato dell’Unione non vi è traccia. Né, a tutt’oggi, la Casa Bianca ha presentato le prospettive di bilancio per il 2012.
Suggerendo l’idea che l’economia americana sia in lieve ripresa e quindi vada aiutata dagl’investimenti statali, Obama ha bypassato il dato dei 14,5 milioni di americani ancora disoccupati e non ha nemmeno sfruttato propagandisticamente, come in parte ci si attendeva alla vigilia, il calo dello 0,4% del tasso di disoccupazione nazionale fatto registrare nel paese a dicembre, dato che mantiene il tasso comunque al preoccupante 9,4% epperò effettivamente riporta l’orologio delle cifre indietro al maggio 2009. Obama ha invece preferito tenersi sull’idea degl’investimenti. Innovazione, educazione, infrastrutture. In particolare ha spinto parecchio sulla clean energy, ovvero le fonti "pulite" di energia da cui la Casa Bianca si aspetta di, questo il leit-motiv retorico il discorso, «vincere il futuro». Per il 2015 ha promesso un milioni di auto elettriche. Basterà questo a colmare la voragine dei posti di lavoro che mancano oggi negli Stati Uniti. E quando lo farà? A quali costi? In che tempi? E nel frattempo, con una spesa pubblica oramai astronomica, chi paga?
Con la politica estera in sostanza assente dal discorso, Obama ha raccontato l’Unione americana così come la vedono lui e il suo gabinetto. Il tradizionale «We can» ha ceduto la staffetta al nuovo «We do big things». I cittadini americani, sperando che oltre che grandi le cose che «facciamo» siano pure buone, se non altro utili, da stamani aspetta di sapere come.