Economia in ginocchio per un lockdown evitabile
Nei mesi in cui la pandemia aveva allentato la morsa erano tante le misure che il governo, oggi così celere a sospendere le libertà personali, avrebbe potuto adottare. Il nuovo lockdown farà andare in agonia moltissime attività produttive e commerciali, filiera alimentare compresa, che ogni anno, secondo Coldiretti, fattura 85 miliardi. Le mancette dell’esecutivo non bastano.
Sarebbe stato così difficile pensare a fasce orarie differenziate per le persone più fragili, soprattutto ultraottantenni? Sarebbe stato così arduo, a giugno, quando la pandemia aveva allentato la morsa, accelerare sul potenziamento degli ospedali, sull’indizione di concorsi per medici e infermieri, sull’organizzazione di trasporti pubblici più efficienti, sulla definizione di un calendario di attività scolastiche flessibile e intelligente?
E, ancora, non sarebbe stato il caso di approntare un protocollo per tutti i medici di base affinché potessero curare, all’insorgere dei primi sintomi, i malati di Covid a casa loro, con farmaci antivirali e antinfiammatori ormai collaudati ed efficaci? Assistenza domiciliare e medicina territoriale non avrebbero potuto alleggerire gli ospedali e risparmiarci queste chiusure e questi lockdown che stanno esasperando l’opinione pubblica e affossando l’economia? Se le libertà personali possono essere sospese per decreto dall’oggi al domani perché non può esserci analoga celerità in tutto il resto?
Sono tutti interrogativi retorici che purtroppo hanno amare risposte. Intanto, però, le regioni più prosperose del Paese sono in lockdown “soft” e le attività produttive e commerciali sono in agonia. Tra le più colpite, quelle del settore della ristorazione. Solo in Lombardia (dati Confcommercio) 51.000 bar, ristoranti e pizzerie hanno abbassato le serrande e in un mese perderanno almeno un miliardo di euro. In tutt’Italia, gli oltre 330.000 esercizi della filiera alimentare e della ristorazione, secondo Coldiretti, fatturano ogni anno 85 miliardi di euro. Nel 2020 quella cifra crollerà, ancor più se non si potranno fare i cenoni natalizi (soltanto la perdita per il mancato svolgimento di questi ultimi ammonterebbe a 5 miliardi). Oltre a bar, ristoranti, mense, rosticcerie, si impoverirà la filiera alimentare, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura, senza dimenticare l’olio e il vino.
Due giorni fa il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha lanciato l’allarme: «Il Decreto Ristori risarcirà ai ristoratori solo il 20% delle perdite registrate durante la chiusura. Ma il mese dopo, quando riaprono, i ristoranti non saranno certamente al 100% perché smart working, didattica a distanza e paura del virus freneranno i consumi». Un modo per mettere le mani avanti e per prepararsi a battere cassa dopo le inutili elemosine di Stato di questi giorni.
Si tratta di aiuti insufficienti e inadeguati per fronteggiare lo tsunami provocato dal nuovo lockdown, che ha dato il colpo di grazia a moltissime attività, che quasi sicuramente non riapriranno. Le proteste delle categorie si moltiplicano in tutt’Italia e domani dovrebbero scattare altre zone rosse in Campania, Veneto, Liguria e Toscana, regioni che quindi imporranno nuovi sacrifici a piccoli imprenditori, commercianti, artigiani.
Il governo continua a promettere a tutti, ma per mantenere le promesse si accinge a proporre un nuovo scostamento di bilancio, che appesantirà ulteriormente il debito pubblico, giunto ormai a circa il 160% del prodotto interno lordo. I fondi per fronteggiare lo tsunami del Covid sono insufficienti e ne occorrono degli altri. Visto che il Movimento Cinque Stelle si ostina a non voler prendere il Mes, mentre il Pd lo prenderebbe subito, rimane la strada di un ulteriore indebitamento, che prelude a nuove tasse e a nuovi balzelli, non appena la pandemia sarà finita e bisognerà risanare il Paese senza poter più fare spesa pubblica. Intanto, mentre migliaia di lavoratori attendono da mesi la cassa integrazione, i dati sul reddito di cittadinanza dicono che solo uno su tre dei suoi percettori riesce a trovare lavoro, mentre gli altri due seguitano a pesare sulle casse dello Stato senza essere in alcun modo produttivi.
A denunciare le palesi ingiustizie di questi mesi c’è anche il filosofo di sinistra, Massimo Cacciari: «Sarebbe giusto che la crisi la pagassero anche gli statali. Voglio dire ai miei colleghi dello Stato e del parastato, prima o dopo arriveranno a voi, per forza. E io spero che ci arrivino presto, perché è intollerabile che questa crisi la paghi metà della popolazione italiana. Se vogliamo evitare catastrofi sociali, ci devono essere provvedimenti di aiuto e di sostegno alle categorie più colpite che sono la metà di questo paese. Servono interventi precisi e rapidi, altrimenti il paese scoppia».
Tutti segnali di uno scontro sociale sempre meno latente e sempre più pronto ad esplodere. Soprattutto se i lockdown si prolungheranno e si ripeteranno nei prossimi mesi.