Ecco gli eurodeputati che arrotondano lo stipendio
Ascolta la versione audio dell'articolo
La nota Ong anti-corruzione svela gli stipendi "supplementari" con cui vari europarlamentari guadagnano molto più rispetto al loro primo stipendio. Emergono molti nomi interessanti.
Una mezza dozzina di membri del Parlamento europeo guadagnano di più con un secondo, terzo o quarto lavoro e con consulenze varie che come legislatori dell'UE, secondo l’ultima analisi di “Transparency International EU” che ha rilevato come il 70% dei 705 membri del Parlamento europeo ha almeno un altro lavoro di consulente, pagato o meno, oltre a svolgere le funzioni parlamentari, mentre nel 2011 erano solo il 21%.
Poco più di un quarto del lavoro secondario o aggiuntivo che svolgono i parlamentari di Bruxelles è stato formalmente retribuito, con sei legislatori che guadagnano più con queste consulenze di quanto intascano con lo stipendio lordo annuo di 120.900 euro da parlamentare. I guadagni extraparlamentari totali del totale dei deputati, sono stati di ben 8,7 milioni di euro lo scorso anno, così come rilevato dai dati estratti dalle dichiarazioni di interessi privati degli eurodeputati, in cui si dichiarano le entrate percepite al di fuori del mandato parlamentare.
L'eurodeputato che guadagna di più ha dichiarato 3 milioni di euro all'anno da un'attività immobiliare, mentre numerosi parlamentari hanno beneficiato dell'appartenenza a consigli di amministrazione di diverse società e hanno dichiarato proventi frutto di conferenze su specifici temi oggetto di dibattiti e votazioni in parlamento.
Tra i venti deputati più gettonati per la loro competenza “extraparlamentare”, nove sono membri del Partito popolare europeo, sei appartengono a partiti nazionalisti o erano nel gruppo misto, poi due socialisti e due liberali, tra cui l'ex Capogruppo dei Liberali ed ex coordinatore della Brexit e, per il parlamento europeo, per la Convenzione “Futuro per l’Europa”, Guy Verhofstadt. In cima alla lista si trova l'eurodeputato lituano Viktor Uspaskich, con 3 milioni di euro di guadagni, ora nel Gruppo Misto ma proveniente dal gruppo liberale Renew nel 2021.
Al secondo posto si è piazzato l'eurodeputato francese Jérôme Rivière, che ha guadagnato 220.248 euro, in aggiunta al suo stipendio da eurodeputato, grazie al suo coinvolgimento in una società di servizi finanziari, anche lui tra gli indipendenti del Gruppo Misto, proveniva dal Rassemblement National di Marine Le Pen. Al terzo posto c’è László Trócsányi, ex ministro della giustizia ungherese e membro di Fidesz anche egli nel Gruppo Misto, con poco più di 171mila euro euro provenienti dall’impegno accademico universitario, da un rettorato universitario e da un lavoro accademico.
Al quarto posto si attesta, il Capogruppo del PPE e Presidente politico dello stesso partito Manfred Weber, con poco più di 170mila euro di emolumenti versatigli dal partito. Più Guy Verhofstadt, ex leader del gruppo liberale e da sempre sfegatato critico e acerrimo nemico dei valori giudaico cristiani e dei paesi, come Polonia e Ungheria, che da anni ne hanno incarnato lo spirito con norme e politiche nazionali.
Il paladino delle riforme centraliste europee, l’inquisitore di Varsavia e Budapest e di coloro che difendono e promuovono la vita del concepito, la famiglia naturale, la libertà di educazione e di associazione, la sussidiarietà ed identità culturale, ha guadagnato 131.988 euro, per lo più dai consigli di amministrazione di diverse società finanziarie e conferenze e discorsi anche sui vari temi delle riforme europee, da lui stesso in parte coordinate a nome e per conto dell’intero parlamento. “Transparency International”, organizzazione anch’essa legata a doppio filo a finanziatori industriali e filantropi extraeuropei dagli interessi molteplici, ha chiesto che il Parlamento europeo vieti tutti i lavori secondari, retribuiti e non retribuiti.
Un tale divieto dovrebbe però esser unanimemente votato dagli stessi eurodeputati, cosa assai difficile, come molto improbabile si adottino controlli più stringenti da parte del parlamento sugli impegni di consulenza, più o meno formalmente retribuiti, che garantiscano minori situazioni di conflitto di interessi.
Tuttavia stride la denuncia e richiesta di regole di comportamento più stringenti per i parlamentari quando, lo riprovano le indagini ancora in corso, grandi gruppi industriali multinazionali riescano indisturbati a condizionare impunemente sia provvedimenti settoriali, come per le recenti norme sugli imballaggi, sia intere politiche pluriennali europee, come le iniziative sulle politiche ambientaliste delle ONG “Cleantech for Europe” e “Breakthrough Energy” legate a Bill Gates.
Sconcertante infine la richiesta di regole più severe per i parlamentari provenga da coloro che hanno impedito negli ultimi anni l’approvazione di norme trasparenti e chiare sui finanziamenti da entità extra-europee ad organizzazioni non governative che agiscono in Europa, come sono tutte le lobbies pro aborto, Lgbti e “variamente progressiste” finanziate da filantropi USA.