È venerabile suor Lucia di Fatima, una vita per il Cuore di Maria
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Riconosciute le virtù eroiche di suor Lucia, la veggente di Fatima che visse la sua chiamata alla santità fin da prima delle apparizioni. E con la sua intera vita ricorda alla Chiesa e al mondo la necessità di convertirsi a Dio, rifugiandosi nel Cuore Immacolato di Maria.
Ieri, 22 giugno, dopo aver ricevuto il benestare di papa Francesco, il Dicastero delle Cause dei Santi ha promulgato, tra gli altri, il decreto che riconosce le virtù eroiche di suor Maria Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato. Questo il nome completo, da carmelitana scalza, di colei che è più semplicemente conosciuta come suor Lucia di Fatima (28 marzo 1907 - 13 febbraio 2005), che da ieri gode quindi del titolo di «venerabile», il gradino che precede l’eventuale beatificazione.
Si può leggere come una carezza della Provvidenza il fatto che questo decreto giunga nel mese del Sacro Cuore di Gesù e a pochi giorni dalla collegata memoria liturgica del Cuore Immacolato di Maria. Una devozione, quest’ultima, che Dio ha voluto diffondere particolarmente proprio attraverso la missione affidata a Lucia, come la Madonna stessa rivelò per la prima volta alla più grande dei tre pastorelli di Fatima, quando di anni ne aveva appena dieci, il 13 giugno 1917. Allora la Santa Vergine le disse che lei, a differenza di Francesco e Giacinta che sarebbero presto andati in Cielo, sarebbe rimasta in terra «ancora per un po’ di tempo. Gesù vuole servirsi di te per farMi conoscere e amare. Egli vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato. A chi l’abbraccerà, prometto la salvezza, e saranno amate da Dio queste anime, come fiori messi da Me a ornare il Suo trono» (cfr. Memorie di suor Lucia, Appendice I, Testo della Grande Promessa del Cuore di Maria, scritto nel 1927).
Oggi sappiamo che quell’«ancora per un po’ di tempo» ha significato, per suor Lucia, tornare alla casa del Padre alla soglia del 98° compleanno. Tant’è che la veggente, già nella sua maturità, ebbe a dire che la Madre celeste l’aveva sempre accontentata in tutto, tranne che nel suo desiderio di raggiungerla presto in Paradiso. Un fatto che ci dice quale nostalgia della patria eterna vivono coloro che sperimentano, già quaggiù, le realtà celesti e che ci esorta a riscoprire il senso soprannaturale della nostra vita in terra, dove siamo chiamati a scegliere Dio, anziché il peccato che ci allontana da Lui. Verità di cui il mondo odierno appare dimentico.
Il decreto che riconosce le virtù eroiche di suor Lucia sottolinea il profondo influsso che le apparizioni ebbero sulla vita della nuova venerabile e da cui le derivarono, insieme a grandi gioie e straordinarie grazie celesti, anche «molte delle sue sofferenze». Basti ricordare qui il dolore che provò, fin dall’inizio della mariofania, per non essere creduta dalla propria famiglia, in particolare dalla madre. E non fu l’unico. Eppure suor Lucia, come scrive il Dicastero delle Cause dei Santi, «visse eroicamente la virtù della fede sia nella modalità con cui affrontò il procedimento ecclesiastico e civile relativo alle apparizioni, sia cercando di compiere in tutto la volontà di Dio e di aiutare gli altri a crescere nella fiducia in Lui. La sua lunga vita fu segnata dall’eroica speranza e dal profondo desiderio di “andare in Cielo”. Volle offrire la sua vita per amore verso Dio, riparando le offese contro di Lui e crescendo nella pietà eucaristica. Ebbe anche una grande sollecitudine per l’Ordine Carmelitano, i familiari, i malati e i poveri che sosteneva con la preghiera e la penitenza, ma anche attraverso la pratica della carità».
Se è chiaro che le apparizioni hanno rappresentato uno spartiacque nella vita di Lucia, è altrettanto chiara una verità poco sottolineata e cioè che in lei, grazie alla fede ricevuta in famiglia, si palesavano i semi di un’eccezionale vocazione alla santità già prima del ciclo angelico del 1915-16 e di quello mariano del 1917. Esemplare, in tal senso, quanto la stessa venerabile racconta nelle prime pagine della seconda delle sue quattro Memorie, tutte e quattro scritte (nel periodo 1935-41) in obbedienza al vescovo di Leiria, monsignor Giuseppe Alves Correia da Silva. Commovente, in particolare, tutta la descrizione dell’attesa e poi del giorno della Prima Comunione, che Lucia ottenne di fare, dietro una sua santa insistenza, già a sei anni. «Mentre il sacerdote scendeva i gradini dell’altare - scriveva Lucia - sembrava che il cuore mi volesse saltar fuori dal petto. Ma appena l’Ostia Divina si posò sulla mia lingua, sentii una serenità e una pace inalterabili, sentii che m’invadeva un’atmosfera così soprannaturale, che la presenza del nostro buon Dio mi diventava così sensibile come se Lo vedessi e sentissi con tutti i sensi del mio corpo. Allora Lo pregai così: “Signore, fammi santa, conserva il mio cuore sempre puro, soltanto per Te”».
Fin dall’infanzia, come ricorda lo stesso decreto, la sua vita è stata quindi un cammino di costante crescita spirituale, che la portò - dopo il grande ciclo fatimita - a vivere nel silenzio e nella contemplazione le sue esperienze da religiosa, prima tra le Dorotee e poi, dal 1948, nel Carmelo di Coimbra. «Lucia si ritira nel segreto della sua clausura perché la luce del messaggio brilli con intensità», ha scritto il vescovo emerito di Leiria-Fatima, il cardinale Antonio Marto.
Dal nascondimento della sua cella, nelle sue giornate divise tra preghiera e lavoro, suor Lucia intrattenne vari scambi epistolari. Famosa è la lettera autografa che inviò nei primi anni Ottanta all’allora semplice sacerdote Carlo Caffarra, poi cardinale, il quale, incaricato da Giovanni Paolo II di fondare e presiedere il Pontificio Istituto di Studi sul Matrimonio e sulla Famiglia, le aveva chiesto preghiere: «Padre, verrà un momento in cui la battaglia decisiva tra il regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia. E coloro che lavoreranno per il bene della famiglia sperimenteranno la persecuzione e la tribolazione. Ma non bisogna aver paura, perché la Madonna gli ha già schiacciato la testa».
Quelle parole oggi si stanno rivelando in tutta la loro portata profetica, non solo per gli attacchi da parte del laicismo ma anche per quel che accade all’interno della Chiesa. Proprio la Sposa di Cristo ha l’urgenza di rilanciare il messaggio di Fatima nella sua interezza: la visione dell’Inferno, dove finiscono le anime che rifiutano fino all’ultimo l’amore di Dio; la recita quotidiana del Rosario, da cui passa la fine delle guerre; l’importanza di consacrarsi al Cuore Immacolato di Maria, rifugio sicuro contro gli assalti del diavolo; il fortissimo richiamo alla penitenza; la pratica salvifica della Comunione riparatrice nei primi sabati del mese.
Il tutto con all’orizzonte l’annuncio della tremenda persecuzione alla Chiesa, che ancora deve compiersi. Come disse Benedetto XVI il 13 maggio 2010, nel decimo anniversario della beatificazione di Francesco e Giacinta e della rivelazione di quella che è nota come la terza parte del segreto: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa». La Madonna ha già promesso che il suo Cuore Immacolato infine trionferà. Ma il suo trionfo, come ci ricorda tutta la vita di suor Lucia, passa da ogni nostro singolo sì alla volontà divina che Maria è venuta a rivelarci a Fatima.
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