Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Natale del Signore a cura di Ermes Dovico
IL TRADUTTORE DI SARAH E BENEDETTO XVI

«È un libro che fa venire voglia di farsi prete»

Il libro scritto a quattro mani dal cardinale Robert Sarah e Benedetto XVI «canta ed esalta la bellezza del Sacerdozio». Le polemiche sono frutto di «falsificazioni che hanno avuto il risultato di oscurare la bellezza, verità e bontà» che promana dalle pagine di questo libro. Parla il traduttore di Dal profondo del nostro cuore, Davide Riserbato, docente di Teologia all'Università Cattolica di Milano.

Cultura 30_01_2020

Alla vigilia dell’uscita in Italia dell’attesissimo volume Dal profondo del nostro cuore scritto dal cardinale africano Robert Sarah e da papa Benedetto XVI, abbiamo intervistato il traduttore italiano dell’opera, il professor Davide Riserbato, Docente di Teologia presso l’Università Cattolica di Milano, autore di saggi e già curatore di opere del Cardinale Giacomo Biffi.

Professore, lei aveva già tradotto e curato altre opere del cardinale Sarah, ma per questo libro si è trovato di fronte ad un ulteriore compito, che immaginiamo sia stato emozionante: tradurre Benedetto XVI, un compito delicato visto che ogni singola parola o espressione del pensiero di questo grande pontefice ha un ruolo molto importante. L’annuncio della pubblicazione di questo testo è avvenuto tuttavia in un clima di forti polemiche.
Anzitutto una premessa. Nel messaggio per la 54ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, papa Francesco ha scritto: «In un’epoca in cui la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, raggiungendo livelli esponenziali (il deepfake), abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni». Ecco, voglio rispondere alle domande per raccontare il bello, il vero e il buono che da questo libro promana, lasciando da parte tutte le polemiche, vane e insipienti, che abbiamo avuto la sventura di ascoltare. Falsificazioni che hanno avuto il risultato di oscurare tale bellezza, verità e bontà. Di qui nasce anche l’emozione a cui lei accennava. Che è poi la reazione, non solo intellettuale, che si sperimenta quando ci si mette alla scuola di un maestro e della sapienza alla quale egli dà testimonianza.

Quali sono gli aspetti che più le sono sembrati rilevanti di questo testo?
Per quanto riguarda Benedetto XVI, l’aspetto senza dubbio più rilevante è contenuto nel passaggio in cui il Papa emerito definisce l’astinenza sessuale del sacerdozio celibatario una «astinenza ontologica», non meramente funzionale. Non si tratterebbe, cioè, di una mera questione di disciplina ecclesiastica, ma di una caratteristica essenziale, costitutiva del sacramento stesso dell’Ordine. La vita del Sacerdote, egli scrive, «è in contatto con il mistero divino ed esige così un’esclusività per Dio la quale esclude un altro legame accanto a sé, come il matrimonio, che abbraccia l’intera vita».

Lei ci ha confidato che questo libro riesce a trasmettere un grande fascino per il Sacerdozio. Ci vuole spiegare?
Sì, potrei sintetizzare con una frase, forse un po’ banale ma molto chiara: “Questo libro fa venire voglia di fare il prete”, perché canta ed esalta la bellezza del Sacerdozio. Vi si trovano passaggi bellissimi. Ne cito uno, che mi sembra particolarmente edificante: «Il sacerdote non è soltanto colui che compie una funzione sacrificale. È invece colui che per amore offre sé stesso in sacrificio sull’esempio di Cristo. […]. Il celibato sacerdotale è l’espressione della volontà di mettersi a disposizione del Signore e degli uomini». O quest’altro: «È opportuno ricordare, con caparbia insistenza, che tutti i sacerdoti – sia noi peccatori che quelli che sono santi – quando celebrano la santa Messa non sono più sé stessi. Sono Cristo che rinnova sull’Altare il suo divino Sacrificio del Calvario». Sono, queste ultime, parole di san Josemaría Escrivá, che nel libro non manca di essere citato. Che dire poi del mirabile parallelo che viene istituito tra sacerdozio e matrimonio. Parole bellissime che portano il cardinale Sarah a questa conclusione: «Ordinare sacerdote un uomo sposato significherebbe sminuire la dignità del matrimonio e ridurre il sacerdozio a una mera funzione».

Il titolo stesso del libro sembra suggerire una intenzione precisa dei due autori, una sorta di accorato appello in difesa del Sacerdozio cattolico, in particolare del celibato…Non solo è un accorato appello, è una preghiera fiduciosa! In apertura al libro troviamo scritto: «Insieme a tutti i sacerdoti, noi preghiamo: Signore, salvaci! Periamo! Il Signore dorme mentre infuria la tempesta. Sembra abbandonarci ai flutti del dubbio e dell’errore. Siamo tentati di arrenderci alla disperazione. I flutti del relativismo sommergono da ogni lato la barca della Chiesa. Gli Apostoli hanno avuto paura. La loro fede si è raffreddata. Anche la Chiesa talvolta sembra vacillare. Nel cuore della tempesta, la fiducia degli Apostoli nella potenza di Gesù sembra venire meno. Viviamo anche noi questo mistero. Sentiamo, tuttavia, di trovarci in una pace profonda, perché sappiamo che colui che governa la barca è Gesù. Siamo consapevoli che essa non potrà mai affondare, che essa soltanto potrà condurci al porto della salvezza eterna».

Professore, mentre lei portava a termine il compito della traduzione di questo libro, hanno cominciato a divampare le polemiche. L’impressione che se ne è avuta è che questo libro, per dirla con Manzoni, non s’avesse da fare…
A dire il vero, quando sono scoppiate le polemiche, la traduzione era già pronta da diversi giorni, già consegnata all’Editore. In un primo momento mi sono persino divertito a seguire le notizie che rimbalzavano e si rincorrevano da ogni parte con la pretesa di rappresentare straordinari scoop… quando invece, per esprimermi ancora con le parole di Papa Francesco, non erano altro che una «falsificazione […] sempre più sofisticata» che raggiungeva livelli esponenziali. In ogni caso, a questo proposito, vale quanto ho già osservato prima… non è mia intenzione farvi più riferimento. In più, c’è la dichiarazione rilasciata dall’editore David Cantagalli, che chiude definitivamente la questione. Mi viene però da aggiungere ancora soltanto un dato personale, che, ripensando a quel polverone sollevatosi ancor prima che il testo fosse letto nell’edizione francese, suscita ormai tutta la mia ilarità. Lavorando al testo, mi ero infatti imbattuto in una breve nota, piuttosto marginale, relativamente alla quale mi ero premurato di far pervenire in spirito di profonda umiltà un’osservazione al Papa emerito, temendo che avrebbe potuto suscitare eventuali critiche… Che ingenuo sono stato anche solo a pensarci!