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LA GAFFE BESTIALE

E no caro presidente Obama, australopiteco sarà lei

Nella sua recente visita ad Addis Abeba, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è visto concedere il privilegio più unico che raro di ammirare i resti, datati 3,2 milioni di anni fa, dell’australopiteco “Lucy” esposti per la prima volta senz’alcuna protezione, tanto che li ha potuti toccare. Poi, una clamorosa gaffe…

Esteri 01_08_2015
Il presidente americano Barack Obama

In visita ad Addis Abeba in delicatissima missione diplomatica, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si è visto concedere il privilegio più unico che raro di ammirare i resti, datati 3,2 milioni di anni fa, dell’australopiteco “Lucy” esposti per la prima volta senz’alcuna protezione, tanto che li ha persino potuti toccare. Eccitato a mille, il capo dell’Accademia delle Scienze della California, l’etiopico Zeresenay Alemseged, che era della partita, si è prodotto in una battuta che se fosse stata fatta su altri, per esempio Nancy Pelosi o Hillary Clinton o lo stesso Obama (ricordate il putiferio e il processo parlamentare contro Roberto Calderoli che paragonò sciaguratamente l’allora ministro Cecile Kyenge a un orango?), avrebbe tremato la Terra: «È la dimostrazione che, nella catena dell’evoluzione, siamo tutti connessi. Tutti noi, 7 miliardi di esseri umani, perfino Donald Trump». Ma Alemseged sbaglia. “Lucy” con Trump non c’entra. A dirlo sono gli scienziati.

Cominciamo dal nome. Australopithecus è latino e significa “scimmia del Sud”. Nel nome scelto dagli scienziati per indicare la specie di “Lucy”, Australopithecus afarensis, non vi è, coscientemente, traccia alcuna di umanità. Continuiamo con il nomignolo. Stante che il ritrovamento avvenne il 30 settembre 1974 nel villaggio di Hadar, nella valle di Awash, nella depressione etiopica di Afar, per opera di Maurice Taieb, Donald Johanson, Yve Coppens e Mary Leakey (1913-1996), proprio mentre alla radio strimpellava Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles, un inno all’Lsd, e stante che il reperto apparteneva a un essere di sesso femminile, l’australopiteco fu chiamato “Lucy”. Ma è come la moda di dare nomi di cristiani agli animali domestici: farlo non li rende umani.

Proseguiamo con la sostanza. Il barone Solly Zuckerman (1904-1993) e il professor Charles E. Oxnard (classe 1933), due celebri anatomisti, affermano da decenni che non solo “Lucy”, ma tutti gli Australopithecus sono proprio quel che dice il loro nome; scimmie, nulla a che fare con la linea che porta all’Homo sapiens. Zuckerman si concentrò sul fatto che “Lucy”, diversamente da noi, era incapace di camminare in posizione eretta. Oxanard ha trovato somiglianze straordinarie tra “Lucy” e gli oranghi. Tutto sta nell’angolo formato dalle ossa della coscia e della gamba: in “Lucy” l’angolo è quello di un essere simile all’orango e alla scimmia ragno di oggi, cioè degli ottimi arrampicatori ma che non camminano affatto bipedi come gli uomini. Per di più quel che resta delle nocche di “Lucy” mostra proprio la postura scimmiesca: camminava a quattro zampe, poggiando sulle nocche come i gorilla. 

Due studiosi allora della George Washington University nella capitale statunitense, i paleoantropologi Brian G. Richmond (oggi allo Smithsonian Institution di Washington) e David S. Strait (oggi alla University di Albany, nello Stato di New York) lo hanno scoperto rinvenendo in “Lucy” (ma anche nei “cugini” Australopithecus anamensis) quattro caratteristiche scheletriche del radio distale (il polso) degli scimpanzé e dei gorilla, non degli uomini. Nature ne ha dato notizia nel marzo 2000 (clicca qui). Non dimentichiamo tra l’altro che di “Lucy” resta solo il 40% dello scheletro, che tutto è frammentario e che tutti quei frammenti si mostrano in ordine sparso. Impossibile per esempio spingersi più in là di un tot nelle congetture, praticamente inutile provare a riscostruirne le fattezze.

Del resto, negli anni 1990, Fred Spoor, docente di Anatomia evolutiva nel Dipartimento di Evoluzione umana dell’Istituto Max Planck di Antropologia evolutiva di Lipsia e allo University College di Londra, ha passato “Lucy” alla Tac e dal labirinto osseo dell’orecchio interno, che fa parte dell’apparato vestibolare (responsabile dell’equilibrio), ha ricavato un dato: le dimensioni del canale semicircolare (legato all’equilibrio) degli Australopithecus è quelle delle scimmie, non quello degli uomini. Pertanto il loro equilibrio, la loro postura e il loro andamento erano quelli delle scimmie, non degli uomini. 

E l’equilibrio delle “scimmie del Sud” incompatibile con la deambulazione eretta umana è confermata anche dalle analisi condotte su "Selam", un altro Australopithecus afarensis femmina scoperto nel 2000 a Dikika, in Etiopia, risalente a 3,3 milioni di anni fa e soprannominata la “bimba di Lucy” benché (dicano) più o meno 120mila anni più vecchia di lei e questo solo perché probabilmente di circa tre anni di età. "Selam" l’ha scoperta Zeresenay Alemseged, il corifeo di Obama che ha fatto la battutaccia su Donald Trump, e dei suoi organi dell’equilibrio non adatti a camminare come un essere umano ha parlato nel 2006 Scientific American (clicca qui). Ovviamente questi dati vengono sbrigativamente licenziati come argomenti “creazionisti”, ma è ben difficile affibbiare tale epiteto al fior di scienziati evoluzionisti come tutti quelli citati. Il fatto (non l’illazione) cui peraltro si deve rispondere ora è quell’enigma che certamente non sarà stato ricordato a Obama: ovvero che delle 88 ossa rimasteci di “Lucy” una (una vertebra) appartiene a un esemplare di Theropithecus, un babbuino.

Ne ha parlato in aprile il Corriere della Sera (clicca qui), prima lo ha fatto New Scientist (clicca qui), ma soprattutto ne ha discusso il simposio annuale della Società Paleoantropologica di San Francisco. Qui gli studiosi hanno appurato che l’enigmatica vertebra appartiene a una famiglia oggi rappresentata solamente dalla specie Theropithecus gelada, ma che all’epoca la famiglia dei Theropithecus era il cercopitecoide più diffuso nel giacimento KH-1s di Hadar in cui è stata scoperta “Lucy” (clicca qui). Storie di scimmie, appunto.